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Recensione di In tempi di luce declinante di Eugen Ruge

Creato il 27 luglio 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

13 Flares 13 Flares × Recensione di In tempi di luce declinante di Eugen RugeIn tempi di luce declinanteEugen Ruge
Pubblicato daMondadori
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Scrittori italiani e stranieri
Genere:DrammaticoRomanzo Storico
Pagine:
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La trama:
La storia di tre generazioni di uomini e donne attraverso il secondo dopoguerra, la DDR e la caduta del muro di Berlino. Dagli anni Sessanta al 1989 e dagli anni Novanta all'11 settembre, Eugen Ruge racconta pagine fondamentali della Storia mondiale attraverso gli occhi e le parole dei suoi affascinanti personaggi.

E’ il 1° ottobre 1989, il giorno del compleanno dell’ormai novantenne Wilhelm. Siamo nella DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, e il muro di Berlino non è ancora crollato. Tutto è pronto per la festa di compleanno: le sedie, il buffet freddo, e i monili e le medaglie al valore ben esposti nella cristalliera. Dopo una vita intera trascorsa nel Partito Comunista insieme a sua moglie Charlotte e al figlio Kurt, Wilhelm può concedersi il lusso di rimbambire del tutto. Seduto nella sua poltrona, accoglie gli invitati sempre con la stessa, insignificante frase: “va’ a portare la verdura al cimitero”. E’ proprio in questo giorno, durante la festa di compleanno e tra i deliri di Wilhelm, che Kurt riceve una pessima notizia: suo figlio Alexander è passato di là. Che cosa significa passare di là negli anni Ottanta in Germania? Significa che Alexander è all’Ovest e che tutto il resto della sua famiglia è all’Est e che non potranno più rincontrarsi. Il romanzo, che si apre come una finestra sul 1989, ripercorre poi tutta la storia della famiglia Umenitzer, dall’arrivo in Germania dal Messico nel 1952 al matrimonio tra Kurt e una donna venuta dalla Russia, Irina, passando attraverso gli anni della guerra fredda, dell’incertezza, degli sguardi lanciati di sfuggita oltre il Muro per poter scorgere le bianche case che sono di là, all’Ovest, il giardino segreto dove non è permesso entrare.

Prima di indagare il contenuto, vorrei partire dall’inizio, dal titolo. Credo che In tempi di luce declinante sia uno dei titoli più poetici e affascinanti che mi sia mai capitato d’incontrare e, se aggiungiamo che è perfettamente coerente con la trama del libro, direi che è semplicemente perfetto. Il ‘tempo di luce declinante’ è perifrasi di ‘autunno’, stagione che ci vien facile collegare alla morte ma che, in realtà, pone i presupposti per la vita, per la primavera che verrà. Ogni volta che Alexander cerca di ricordare stralci della sua infanzia, torna con la memoria agli alberi dalle foglie in caduta, ai tramonti di un ottobre già avanzato. Anche per nonna Charlotte l’autunno possiede un suo fascino irresistibile: più volte, nel corso della narrazione, ripeterà che è proprio quella la sua stagione preferita. Perfetta è anche la cover del romanzo: un bambino che guarda in alto, verso un uomo che potrebbe essere suo padre o suo nonno o entrambi in un solo corpo e, sullo sfondo, il sole (declinante) del comunismo.

L’aspetto di In tempi di luce declinante più interessante e discutibile al tempo stesso è l’incredibile ragnatela di personaggi che si dipana sull’intera vicenda. Tanti volti, molti punti di vista che si rincorrono pagina dopo pagina e che, bisogna ammetterlo, talvolta confondono il lettore. Credo che il ‘caos’ di personaggi sia stato voluto dall’autore il quale, a mio parere, non si è posto affatto il problema della chiarezza. Ruge si fa portatore di una memoria storica che il lettore non possiede e ciò porta quest’ultimo, inevitabilmente, ad affannarsi nel tentativo di seguire la narrazione. L’io narrativo è sfaccettato e molteplice: Charlotte e Wilhelm, Irina e Kurt, Alexander e Markus…la storia viene raccontata dal punto di vista di ognuno di loro. E’ interessante vedere come, spesso e volentieri, uno stesso avvenimento cambi completamente significato se narrato da un personaggio piuttosto che da un altro. Questo procedimento narrativo è sì confusionario ma, al tempo stesso, molto affascinante. Credo che l’autore, inoltre, dia per scontate le conoscenze storiche del lettore: ammetto di aver potuto comprendere determinati passaggi solo perché sto studiando per un esame di Storia contemporanea proprio in questi giorni, altrimenti mi sarebbe risultato tutto molto più difficile.

In tempi di luce declinante non è un libro per tutti, questo è chiaro. Non lo consiglierei agli adolescenti e nemmeno a chi ha decisamente poco tempo da dedicare alla lettura. E’ un romanzo importante, pregno di significato (a volte fin troppo) e va letto con calma e concentrazione. Detto questo, è un libro davvero interessante poiché ci permette di guardare alla Storia del secondo Novecento attraverso molteplici punti di vista, privilegio che non potremmo mai ottenere sfogliando un semplice manuale scolastico. Spesso, durante la lettura, ho pensato alla commedia Goodbye Lenin! di Wolfgang Becker, film intelligente che narra la caduta del Muro con arguzia e sottile ironia: questi stessi elementi contraddistinguono la narrazione di Ruge che, pur non essendo un mago della linearità, ha molto da comunicare a chi vuole ascoltare.

Interessante è anche il modo in cui Eugen Ruge delinea l’evoluzione della condizione della donna dal secondo Novecento a oggi, un sottotema che, in realtà, è facilmente rilevabile dal lettore. Charlotte, Nadezna Ivanovna e Irina, seppur appartenendo a due generazioni diverse, sono il riflesso di un mondo patriarcale in cui la donna è colei che cucina, rammenda calzini e sta attenta che gli gnocchi alla Turingia riescano bene a Natale.  Melitta, una delle tante donne di Alexander, appartiene invece a un mondo in evoluzione, a una realtà che ha visto crollare il Muro insieme a gran parte dei pregiudizi. Lei può indossare la minigonna e rifarsi le sopracciglia e, soprattutto, può studiare e lavorare. Particolarmente commovente è il capitolo in cui Irina è in cucina, ferma dinanzi al bollitore, pronta a spegnerlo al primo fischio e le ritorna in mente la sua infanzia, quando sua madre la metteva a guardia della pentola a pressione perché non vi fossero sprechi di energia e, conseguentemente, di soldi: il denaro serviva al fratello maggiore per studiare. Gli uomini studiavano, si laureavano, lavoravano mentre lei, per tutta la sua vita, non aveva fatto altro che controllare il bollitore.

Concludo ribadendo che il libro in sé merita di esser letto. Lo consiglio soprattutto agli appassionati di Storia e a coloro che amano guardare al passato con entusiasmo e voglia d’apprendere. In tempi di luce declinante, pur essendo un testo narrativo, è la testimonianza di un’epoca che molti di noi non hanno vissuto e che soltanto così, attraverso la Letteratura, possono iniziare a comprendere.

 



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