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Recensione di L´Amèrica dij bòsch di Andrea Caneva

Creato il 01 settembre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

18 Flares 18 Flares × Recensione di L´Amèrica dij bòsch di Andrea CanevaL´Amèrica dij bòsch Andrea Caneva
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Genere:AutobiograficoRacconti
Pagine:
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La trama:

Ci sono posti speciali come L´Amèrica dij bòsch, in mezzo al Piemonte, e ci sono pensieri, progetti, vie di fuga speciali condivise con persone speciali. Questo libro ne narra, con umorismo e fierezza, per non far perdere il peso alle cose speciali e non far sbiadire la ricerca dell´avventura dai ricordi. Racconti delle cose che accadono "nell´unico territorio che conta davvero, il cuore".

Parlare di una raccolta di racconti è sempre stimolante perché è una ricerca di microcosmi, di discorsi iniziati a pagina cinque e continuati a pagina centosette, una scoperta di frammenti che si legano durante la lettura e che pure restano slegati, autonomi, schegge che non si possono rincollare se non nei ricordi, dove esse sono intatte disordinate e intoccabili. I racconti di L´Amèrica dij bòsch sono autobiografici e tengono traccia del vissuto di Andrea Caneva, in gran parte nella sua prima giovinezza, ai tempi della formazione dai Gesuiti e quello militare negli avieri. La caratteristica fondamentale di L´Amèrica dij bòsch non sono i fatti straordinari in se, che rientrano se vogliamo nelle normali esperienze di cui si diventa protagonisti nel corso della vita, ma a mio avviso, ciò che distingue questo da altri racconti autobiografici è lo stile, e il personaggio di Caneva stesso, timido, tormentato, ma anche spiccatamente intelligente e creativo. Uno che non sa di aver vinto il primo premio e si mette per ultimo nelle foto, insomma. Uno che si deve scoprire.

I racconti della sfera scolastica testimoniano l´ansia, l´eccessiva e comprensibile soggezione del sistema gesuita, una tempra eccessiva e un rispetto necessario. L´Amèrica dij bòsch narra la vita, la condotta, le predisposizioni e i singolari tratti dei compagni di quei tempi che come attori andati in pensione recitano la loro parte e scompaiono per sempre, per altri palcoscenici, o per il mondo migliore. Oltre a questi conosciamo il vicerettore Taddeo, il Maestro, gli insegnanti di Inglese, Italiano, Osservazione scientifica. Ognuno ha qualcosa del personaggio di un libro, con le sue manie, pensieri, sbarramenti a difesa della propria autorità. L´ambiente scolastico è anche un banco di prova, che porta ad adeguarsi oppure ad andare all´estremo, ad astrarsi e coltivare il proprio orticello del pensiero disprezzando i giardini pubblici. Andrea insieme a Giorgio, e pochi altri, pur non essendo troppo sicuri di se, né avendo concezioni di superiorità fanno quello che fanno tutti quelli a cui non basta la realtà che vivono: se ne creano una diversa. E questo è senz´altro uno dei ricordi più belli che si possano avere e condividere.

Essi provano ad aderire al concetto da loro stesso formulato del “Campione”, che rispetta le parole, in cerca di avventura, di contemplazione quasi mistica per le donne che non si ha il coraggio di conoscere meglio e la cui apatia si decide di non violare, che legge libri, fumetti, crea storie, disegni. Pensare e non seguire l´esercito dei figli di papà ben catalogabili dall´abbigliamento firmato e dai discorsi sui soldi, la missione. Un piano per sopravvivere alla noia mortale, al conformismo, alla piattezza degli elettroencefalogrammi alla moda. La radio libera Film Soundtrack rappresenterà uno di questi momenti di fuga e di massima espressione della creatività di questi ragazzi, la radio trasmetterà dalla scuola colonne sonore cinematografiche accompagnate da battute demenziali e interventi criptici di fantomatici personaggi di cui qualsiasi ascoltatore è all´oscuro. Oltre al ricorrente mistero sul sesso, vi è anche un più profondo mistero sulla vita, tipico di chi cresce prima degli altri e vuole vedere cosa c´è più in alto. Questi ragazzi si interrogano, a volte si danno risposte parziali, a volte centrano la verità in pieno, ma non è questo il punto. Cercano, si guardano attorno, col coraggio di scegliere. Fanno crescere i pensieri, prendono il meglio e il peggio delle persone e lo usano a loro favore. Imparano la critica e la compartecipazione emotiva, forse non pubblicizzata, ma di certo attiva insieme all´analisi e all´applicazione personale. Qualcosa che quando diventa parte di te non puoi più separartene.

Meglio vivere nella mancanza che mancare della vita. Zitti, zitti, in fondo è meno peggio così.

(L´Amèrica dij bòsch, Andrea Caneva)

Anche i racconti del periodo militare sono interessanti, meno “impegnati” e meno culturalmente rilevanti dato la proverbialitá dell´ambiente cameratesco, ma non perde i caratteri espressivi della riflessione, e la sintesi di un buon numero di lezioni che solo in caserma un soldato sveglio può trarre. In questo periodo della vita Andrea Caneva mi pare manifestare meglio il proprio coraggio, con una concezione più equilibrata nel senso positivo, di se stesso, delimitando chiaramente la propria autorità, umana, tra efficienza, sufficiente apertura, generosità d’intenti e azioni. Anche stare tra gli avieri è un banco di prova, ti insegna a stare in equilibrio, a conoscere le persone, a fare i conti con ciò che sai di essere e cercare di rimanerci. L´ultimo periodo del libro è dedicato alla professione di medico di Canova, che permette uno sguardo compassionevole, a volte divertente a volte tragico, sulla vita di povera gente, o di persone semplicemente ammalate, spaventate, perse, o senza futuro. Dietro le ricette ci son sempre storie da ascoltare, qualcuna è in questo libro, le altre sfiorano le righe, si devono assomigliare però portando la stessa amara tristezza dell´immutabile e la piccola grande gioia del senso di vittoria sulle sofferenze debellate.

La medicina, concludevo nel fertile dormiveglia che precede il sonno, è una lunga serie di battaglie vinte in una guerra perduta. Lunga, se uno è bravo…

La medicina è solitudine.

(L´Amèrica dij bòsch, Andrea Caneva)

Questa raccolta di racconti brevi ha diverse caratteristiche stilistiche che ho apprezzato. Una di queste sono i finali “spezzati”, ovvero improvvisi, che hanno l´effetto di sorprendere il lettore. Non sai mai se quando volterai pagina troverai il prosieguo o un altro racconto. Questo può generare all´inizio una sorta di “ansia” da “dimmi che non finisce così” ma in realtà diventa un pregio, ti aiuta a concentrarti su tutte le parole, che possono essere imprevedibilmente le ultime. La scrittura è ricca e curata, per questo ho parlato di personaggi che sembrano usciti da un libro, testimoniando la capacità dell´autore nel ricostruire il lato psicologico e umano dei protagonisti con le parole adatte, cercate trovate e vestite, pronte a essere interessanti per il lettore. Questo senza cadere nel tranello della prolissità, ampollosità, o di interventi immaginosi solo per colorare il tutto. La verità è bella anche perché a volte è in bianco e nero, limitata, priva di interminabili aggettivi.

Personalmente credo che i libri di racconti autobiografici siano spesso sottovalutati se non sono scritti da personaggi pubblici che puntualmente si reputano interessanti a causa della loro notorietà. Niente di più sbagliato. Piuttosto tutte le vite hanno qualcosa da raccontare e quando ci si sente in grado bisogna farlo, non solo per il racconto, che come in questo caso può interessare, ma per i preziosi insegnamenti di esperienze che non sono mai state nostre e su cui non avremmo potuto altrimenti riflettere. Un libro per chi crede alla magia della vita.

La magia è dappertutto: la magia delle emozioni, che fanno accadere le cose nell´unico territorio che conta davvero, il cuore.

(L´Amèrica dij bòsch, Andrea Caneva)



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