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Recensione di La festa di Camilla Ceder

Creato il 03 settembre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

0 Flares 0 Flares × Recensione di La festa di Camilla CederLa festa Camilla Ceder
Pubblicato daPiemme
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Genere:Noir
Pagine:
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La trama:

Christian Tell e Seja Lundberg si incontrano in un’officina sul luogo del delitto. E’ l’inizio di una storia che li condurrà a scavare nel passato, portando alla luce vecchi sensi di colpa, fondamenta di questo atroce delitto.

La Festa è il romanzo d’esordio di Camilla Ceder, vede come protagonista il commissario Christian Tell, “viso dai lineamenti fini, che con il piccolo naso dritto e le ciglia fitte poteva essere preso per un viso femminile, non fosse stato per le sopracciglia cespugliose, che sporgevano sopra gli occhi quando aggrottava la fronte”, che si trova a dirigere un caso di omicidio; e Seja Lunderberg, “non era truccata, ed era vestita con abiti pratici: jeans e maglione. Aveva un buco nel naso, il che lo sorprese: rivelava una certa forma di vanità che non sospettava in lei”, giornalista alle prime armi che si trova “per caso” sul luogo del delitto. Seja è spinta da un’incomprensibile curiosità sulla scena del delitto, che la riporta a una fredda notte nelle vicinanze di un club di motociclisti, Evil Riders.

E’ questo ricordo la chiave di volta del caso che condurrà i due protagonisti a dirigere parallelamente le loro indagini, che li indirizzerà verso un profondo sentimento di vendetta che non si è spento col passare degli anni. Il tutto viene contornato da una particolare storia d’amore, piena di cose non dette, tra Seja e Christian… La prima impressione che ho avuto sin dalla prima pagina? Questa è la copia del La Principessa di Ghiaccio” di Camilla Lackberg. La prima analogia è l’ambientazione, la Svezia, per l’esattezza Göteborg e paesi limitrofi; poi l’impostazione del libro con l’alternanza tra racconti del passato e presente e infine, lo staff della omicidi che contiene elementi molto simili per comportamento ed azioni a quelli di Patrick Hedström. Sarà la Svezia e il nome comune delle scrittrici a generare tutte queste similitudini? Chissà, tuttavia devo considerarlo un libro bene scritto e ricco di descrizioni brevi ed esaustive, “le particelle di ghiaccio non si vedevano ma si sentivano, tagliavano il viso come pezzetti di vetro gelato, mentre sulle labbra l’aria sembrava un sorbetto annacquato, senza sapore”; tuttavia noto una sostanziale differenza tra la prima parte del racconto e la seconda.

Nella prima Camilla è stata molto brava nel fare una panoramica di luoghi e persone, soppesando alla perfezione le parole e la lunghezza dei periodi, mentre nella seconda parte sempre come se avesse mollato le redini, scoprendo colpi di scena in modo avventato e soprattutto tutti insieme, perché ? La mia valutazione 2 (pensereste un po’ troppo dura per una blogger alle prime armi? ) è stata pregiudicata principalmente dalla parte finale. Perché è stato abbastanza semplice scoprire il colpevole una volta che aveva messo tutte le carte in tavola e poi non ha mantenuto il livello di suspense necessario per un thriller! Vedremo se il secondo episodio dimostri una maturazione della scrittrice! Adesso starete pensando lo consigli sì o no?… rullo di tamburi… no, non lo consiglierei, perché non lo si può definire thriller e poi che senso ha leggere una copia di un altro romanzo?

Silvia Vicario



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