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Recensione di “Sambossa” (E. Geszti, D. Lazzari) di Leonardo De Marchi

Creato il 18 gennaio 2011 da Empedocle70
Recensione di “Sambossa” (E. Geszti, D. Lazzari) di Leonardo De Marchi
Il duo “Giuliani”, formato dalla flautista ungherese Emőke Geszti e dal chitarrista italiano - ma ungherese d'adozione - Daniele Lazzari, fa il proprio debutto nel mercato discografico con “Sambossa”, registrato a Budapest nel giugno del 2007. Il titolo, citazione da un brano di Celso Machado, dà una chiara idea del programma, contenente musiche di autori di area sudamericana (lo stesso Machado, M.D. Pujol, Cardoso, Piazzolla) ed europei (Kleynjans) che si ispirano a stilemi presenti nella musica della medesima area geografica.Il repertorio latino-americano di fattura popolare - ma sarebbe meglio dire “popolareggiante” - è composto perlopiù di pagine che spaziano da atmosfere espressive fresche e vivaci ad altre più patetiche e malinconiche. E' difficile trovare in esso un'autentica profondità, né si può dire che raggiunga vette espressive pari a quelle del repertorio latino-americano più consolidato nella tradizione esecutiva della chitarra (Villa-Lobos, Piazzolla, Ponce, Barrios, Jimenez Manjon).E' quindi un repertorio a cui è necessario avvicinarsi rinunciando a restituirne un'immagine “profonda”, che in ultima analisi non gli appartiene, e puntando piuttosto ad esaltarne la genuina freschezza e vivacità. Se esso viene affrontato con enfasi e pathos eccessivi – procedimento che è testimoniato, ad esempio, da molte letture facilmente reperibili sui maggiori contenitori multimediali della rete – il risultato rischia di essere innaturalmente forzato.Questo pericolo è stato evitato da Emőke Geszti e Daniele Lazzari. L'impressione generale che ricaviamo all'ascolto di “Sambossa” è di leggerezza e di un'espressività che risalta in maniera efficace tanto nei brani più ritmici e vivaci (soprattutto in “Bordel 1900”, primo movimento dalla celebre “Histoire du Tango” di Astor Piazzolla) quanto in quelli più lirici e cantabili (ci riferiamo alle “Deux arias” op. 92b di Francis Kleynjans). Si tratta inoltre di una lettura precisa, che denota un solido senso dell'insieme ed un buon affiatamento reciproco tra gli interpreti.Il risultato finale è valorizzato da un'ottima presa di suono, curata dal fonico Zoltan Bukovicz, che restituisce un suono chiaro e naturale, forse leggermente compresso nella gamma dinamica ma dalla buona riverberazione.Un buon esordio, quindi, da parte di un duo che ci auguriamo di sentire quanto prima in una nuova prova discografica.http://feeds.feedburner.com/ChitarraEDintorni

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