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[Recensione] E disse di Erri De Luca

Creato il 15 agosto 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

E disse

Titolo: E disse
Autore: Erri De Luca
Editore: Feltrinelli
ISBN: 9788807018435
Pagine: 89 p.
Prezzo: 10,00 euro
Voto:

[Recensione] E disse di Erri De Luca

 

Contenuto: (da http://www.ibs.it/code/9788807018435/de-luca-erri/e-disse.html) Mosè, primo alpinista, è in cima al Sinai. Inizia così il suo corpo a corpo con la più potente manifestazione della divinità.Erri De Luca racconta l’eroe Mosè con la grazia del grande scrittore che reimmagina, attraverso la Scrittura, la grandezza sofferente dell’uomo alla guida di un popolo in fuga. “E disse”: con questo verbo la divinità crea e disfa, benedice e annulla. Dal Sinai che scatarra esplosioni e fiamme, vengono scandite le sillabe su pietra di alleanza. Nell’impeto di un’ora di entusiasmo un popolo di servi appena liberati si sobbarca di loro: “Faremo e ascolteremo”. Luogo di appuntamento è il largo di un deserto, dove la libertà è sbaraglio quotidiano. Notizia strepitosa: nell’antico ebraico, madrelingua, le parole della nuova legge sono rivolte a un tu maschile. Le donne guardano con tenerezza gli uomini commossi e agitati. Il dito scalpellino che scrive in alto a destra: “Anokhi”, Io, è il più travolgente pronome personale delle storie sacre. 

Recensione: Qual è il motivo che spinge qualcuno a inerpicarsi, a scalare le vette? Forse Mosè, il primo rocciatore della storia, ha capito che “una cima raggiunta è il bordo di confine tra il finito e l’immenso”, più che un traguardo “è uno sbarramento”. Si è soli e si urta il recesso di una nuova solitudine, la Divinità alla quale ci si accosta contendendo una punta di spillo, uno stretto sedile. Occorre tutta la perizia di un uomo per non precipitare, per riuscire a respirare, a muoversi. Lassù si vede tutto, ciò che è vicino e ciò che è lontano, si riceve la controprova, la conferma di quanto sia piccola la terra abitata, “un palmo di mano spalancata”, affrancata dalla presenza degli uomini che non si vedono. Ci si trova al momento della creazione, non sembra ancora giunto il 6° giorno.

L’incontro con l’Indicibile lascia il segno, tutto il resto è dimenticato. La memoria classificante, la facoltà di attribuire alle cose un nome qui difettano, non c’è significante che possa trattenere ciò che è in sé compiuto, che possa sussistere di fronte alla divinità quando ti si rivolge direttamente. E’ un soffio che si sparge intorno, non può appartenere a nessuno. Che cosa può mai registrare la mente davanti alla Totalità se non un Nulla? Il Nulla esiste e non esiste nello stesso tempo, nella misura in cui diviene artefice dell’inganno di sensi che non esso nulla ha o avrà mai a che vedere.

Proprio perché gli uomini non sono uno ma numerosi, ciascuno avrà modo di cogliere un segno, chi uno, chi un altro, mai la totalità della Rivelazione. Adonài invece è uno (“Anokhi”, Io), unico in grado di sopportare la propria solitudine e questo è bene non dimenticarlo: “Un uomo che esiste per se stesso si compara alla divinità” e per questo, forse, di divinità ce ne sono molte.

Come Eva, Mosè ha mangiato il frutto della conoscenza e, dimentico di sé, è tornato tra gli uomini. La conoscenza arreca il dolore, la consapevolezza, lo smarrimento e la responsabilità di un progenitore, di un capostipite.

E pensare che Adamo era rimasto a guardare, il frutto non l’ha colto dall’albero, è stata Eva ad arrampicarsi, alzando solamente un braccio. Non le è venuto in mente di cogliere i frutti caduti. Non sarebbe stata la stessa cosa.

Adamo lavorerà, perché non si accontenterà dei frutti della terra o di quelli caduti dall’albero, vorrà di più. Non sono punitive le parole di Dio, che cinge di tuniche i fianchi della prima coppia, anzi il suo è “ gesto più affettuoso e premuroso”. Di condanna avrebbe parlato la teologia degli uomini, rivoltando i termini del racconto.

Il nome di Mosè, nel libro di Erri De Luca è passato sotto silenzio, non è mai pronunciato. La sua vita scorre tra i comandamenti che sono stati affidati a lui come a chiunque, affinché ne tragga il giusto insegnamento, cioè oltre quello teologico, e si compia una Rivoluzione. Una Rivoluzione che “non voglia prendere il potere, ma voglia invece scrollarselo di dosso”.

Non è questo, in fondo, il significato dell’atto irriverente ma necessario compiuto da Eva? Si è scrollata il potere di dosso, di cui qualcun altro – come insegna la storia – si è appropriato.

Da leggere e rileggere.


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