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[Recensione] Georges Simenon di Stanley G. Eskin

Creato il 04 gennaio 2014 da Queenseptienna @queenseptienna

George SimenonTitolo: Georges Simenon
Titolo Originale: Simenon. A critic biography
Autore: Stanley G. Eskin
Traduzione e a cura di: Gianni da Campo
Editore: Marsilio
Anno:
2003
ISBN:
9788831763288
Numero pagine:
454
Prezzo:
€ 9,35
Genere:
biografia
Voto: [Recensione] Georges Simenon di Stanley G. Eskin

 

Contenuto: All’uscita dell’edizione inglese di questa biografia, pubblicata nel 1987, Simenon scrisse: “Sono rimasto senza fiato. Quanta pazienza ha avuto nel raccontare quasi tutto il mio passato, analizzandone non solo l’aspetto letterario ma anche ricostruendo la mia vita di uomo, di marito, di amante, di padre ecc. È un libro che rileggerò, è certamente l’opera più completa che sia stata scritta su di me.” Con infinita passione e attenzione, Eskin ha cercato di distinguere tra verità e finzione, tra fatti e leggende, ha letto la corrispondenza, ha messo insieme interviste e resoconti di amici e nemici, ha analizzato le contraddizioni dell’uomo Simenon riconducendole agli interessi e alle fobie che hanno segnato la sua vita.

RecensioneGeorges Simenon (1903-1989) è stato uno scrittore che non è mai passato inosservato. È statisticamente impossibile che non ci sia mai capitato tra le mani un suo Maigret o un roman roman, come li chiamava lui. Se poi aggiungiamo le non rare riproduzioni cinematografiche (si pensi solo ai film con Jean Gabin) o le serie televisive (Gino Cervi, Jean Richard per esempio) non vediamo nemmeno il cerchio da quanto si è allargato.

Sono in corso di pubblicazione presso la Adelphi, se non tutte, gran parte delle sue opere. Si stima che nella sua carriera abbia scritto oltre 450 romanzi. Nel conto rientrano anche quelli popolari degli anni ’20. Chi bazzica in libreria sicuramente avrà adocchiato le ultime uscite tipo: Il destino dei Malou, Fobourg, Complici.

Tutto questo per dire che Georges Simenon, almeno nei primi tempi, era capace quotidianamente di battere a macchina 80 pagine, attestandosi successivamente su una media di un capitolo al giorno. Un romanzo lo terminava in undici giorni, tanti erano i capitoli di cui era composto. Ciò che scriveva di getto non subiva correzioni, con buona pace degli editor e della critica:

“Quasi tutti i suoi libri presentano delle imperfezioni, tuttavia almeno sei possono essere considerati capolavori assoluti”

La sua produzione era tale che, per opportunità, ricorse a non meno di 17 pseudonimi diversi. All’inizio si dedicò ai romanzi popolari nei loro filoni fondamentali: storie d’amore, d’avventura e poliziesche. Attraverso questa sorta di apprendistato conquistò una provvidenziale tranquillità economica. Progressivamente si fece strada un personaggio al quale rimase legato per sempre: Maigret.
Il commissario comincia a far capolino in qualche opera, ma l’esordio effettivo avverrà con Pietr le Letton pubblicato da Fayard nel 1930. Quelli di Maigret più che altro sono romanzi sperimentali, rappresentano lo scalino intermedio verso la vera letteratura (i roman roman, appunto, cioè i romanzi-romanzi). Da un certo momento in poi alternò i Maigret con questi ultimi, contribuendo di suo ad alimentare il controverso caso Simenon:

Simenon vuole vivere esclusivamente dei suoi romanzi, l’unica cosa che gli riesca. Disprezza il capitalismo e i soldi che generano soldi.[Recensione] Georges Simenon di Stanley G. Eskin

Nei roman roman porrà l’accento su personaggi profondamente alienati, votati a un fallimento senza sbocchi. Penso in particolare a Lettera al mio giudice, a L’uomo che guardava passare i treni, letti alle superiori (qualcosa come venticinque anni fa), ma anche ai recenti Complici e Fobourg. Il destino dei Malou merita già un discorso a parte:

Durante gli anni Trenta la tematica del fallimento è radicata così profondamente nella narrativa di Simenon quanto il successo lo è nella vita reale.

A questo punto mi è venuto in mente un accostamento inconsueto con la scrittrice Irène Némirovsky. Entrambi sono nati lo stesso anno (1903), a loro modo sono autori francesi. Simenon è di origine belga, Nemirosky russa. Un bel po’ di punti di contatto li colgo ne Il destino dei Malou e ne La pedina sulla scacchiera. Simile la critica a un certo ambiente, a un certo modo di vivere e di concepire le cose. Tra l’altro pure per la Némirovksy è in corso presso Adelphi la pubblicazione di tutte le sue opere.

Non è lo stile, forse, a metterli insieme. È il fascino di quell’occhio del ciclone che sono stati gli anni Trenta in Europa, quindi il periodo tra le due guerre mondiali, che pullulava di vita mondana, di frenesia e di eccessi, ben rappresentato nel grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald.
La biografia di Simenon è in fondo quella del suo commissario. Nelle varie inchieste traspare una forte identificazione che non sembra avvenire tout court. Se all’inizio ricalcava la figura di suo padre, da un certo momento in poi non si distingue il romanziere dal personaggio. Ciascuno nel proprio ruolo appare un raccomodeur de destinées:

“Maigret diventa un artista, un conoscitore d’anime come il suo autore” (Thomas Narcejac)

Sarebbe interessante confrontare la figura di Maigret con i suoi colleghi (Sherlock Holmes, Hercules Poirot, Nero Wolf). A tal proposito si rivela illuminante una considerazione di Simenon: l’intelligenza mi fa paura, cerco di sentire piuttosto che pensare. Ed è proprio quello che accade, non si poteva dirlo meglio. L’impressione di fondo è che Maigret non voglia tanto raccogliere indizi, quanto ricostruire la storia dei singoli personaggi. Solo dopo, non prima, tirerà le fila.

La struttura dei suoi polizieschi è particolare, sebbene non manchino influenze riconducibili all’hardboiled (si può ricordare Raymond Chandler). In essi si sviluppano personaggi più marcati, c’è “meno spazio per il ragionamento logico”, vi è maggior azione,  “l’omicidio non è il pretesto per saggiare l’abilità del poliziotto ma ritrova la sua drammaticità” (come non ricordare l’ispettore Derrick?)

In questo modo Simenon risolve alla grande un problema serio, quello di armonizzare le esigenze dell’indagine con il racconto. Lo stesso Conan Doyle si vide costretto a strutturare alcuni romanzi in due parti. Nella prima vi è l’indagine vera e propria, nella seconda il flashback dedicato all’antefatto. Qui i personaggi appena abbozzati ritrovano la loro profondità e possono, nelle ultime battute, ripresentarsi a Sherlock Holmes e al lettore con un’immagine più definita. Evidentemente lo stratagemma rende la costruzione pesante. Si pensi allo Studio in rosso.  Dà inoltre l’idea di uno Sherlock Holmes al quale interessi poco la psicologia e la storia dei personaggi, se non ciò che trapela dagli indizi volti a incastrare il colpevole. Una volta messo nel sacco è il lettore a voler capire qualcosa di più sui trascorsi di coloro che sono entrati nell’inchiesta. A volte accade che sia proprio il sospettato o il colpevole a dare le ultime spiegazioni (rinvio alla lettura del racconto L’uomo dal labbro spaccato). Ma qui sto divagando.

Nei polizieschi di Simenon l’indagine è un tutt’uno con il racconto tanto che, come detto altrove, diventa ostico distinguerli dalle altre opere. Queste ultime, infatti, non lo diventano per la mancanza di un elemento nella struttura che poteva benissimo essere presente:

“Simenon ha fatto rivivere il romanzo poliziesco portandolo a un livello superiore e dimostrando che questo genere letterario è in grado di affrontare tematiche serie”

Simenon, di sicuro celiando, confessava di non aver mai letto polizieschi. Anzi, contestava persino la loro esistenza in quanto a genere.

La biografia di Eskin merita di essere presa in considerazione sia da coloro che hanno già incontrato lo scrittore belga, sia da chi l’ha soltanto sentito nominare, ma non ha avuto il piacere di avere una conoscenza più diretta. Il libro è leggibile, fa incetta di una documentazione notevole riuscendo a costruire un quadro unitario, denso, non dispersivo. Concludono la biografia appendici preziose per gli appassionati: l’elenco delle opere firmate sotto pseudonimo, l’elenco di quelle firmate Georges Simenon (tra le quali non manca la serie completa dei romanzi dedicati a Maigret), la filmografia e una bibliografia finale.


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