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Recensione, HO PAURA TORERO di Pedro Lemebel

Creato il 23 luglio 2015 da Leggiamo
«In casa mia non c'era nemmeno un libro, e se entrava un giornale, era avvolto intorno alla carne: carta macchiata di sangue». Questo diceva Pedro Lemebel parlando della sua infanzia e quando a Gennaio di quest'anno è morto, lasciando un grande vuoto nel Cile, ho capito che era giunto il momento di conoscerlo. Due i libri pubblicati in Italia, Baciami Ancora Forestiero e Ho Paura Torero. Il primo è una raccolta di racconti, pertanto ho ripiegato sul secondo, ed è stata una delle migliori scelte fatte quest'anno. Bello. Particolare. Unico.
Ho Paura Torero di Pedro Lemebel
| Marcos y Marcos, 2009 | pag. 202 | € 15,00 |
Recensione, HO PAURA TORERO di Pedro Lemebel
Lei è la Fata dell’angolo, travestito passionale e canterino, sartina delle signore dei quartieri alti, anima d’artista.Carlos è un militante del Fronte patriottico Manuel Rodríguez, a caccia di un nascondiglio sicuro per le sue riunioni clandestine.Per amore, la Fata offre al ragazzo la propria soffitta. Per amore, accetta le mezze verità di Carlos, gli incarichi rischiosi necessari per la Causa: le basta stargli accanto. Assillato da una moglie logorroica, tormentato da incubi d’infanzia e paure di morte, Pinochet va e viene dal proprio “retiro” del Cajón del Maipo, residenza estiva che domina Santiago dall’alto. La sua bacchetta sempre più stanca di direttore d’orchestra si agita al di là dei vetri blindatissimi dell’auto, picchietta l’oblò dell’aereo presidenziale che a malapena lasciano atterrare in altri Paesi. Finché un giorno, lungo la strada rovente che scende verso la capitale, la Sua pista si incrocia drammaticamente con quella di Carlos.Finché un giorno, dopo l’imboscata a Pinochet, Carlos e la Fata si trovano ancora una volta di fronte. In tutt’altro scenario, tutt’altro attentato.
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Difficile parlare di questo romanzo particolarissimo, ma una cosa è certa, di storie come Ho Paura Torero non ne leggerete più. O meglio, non leggerete più storie scritte in questo modo.
Per un attimo ho avuto il timore che lo stile ricco e piumato di Lemebel potesse nuocere alla fluidità della narrazione, invece è incredibile come, nonostante il carico di fronzoli, tutto risulti incredibilmente poetico e travolgente. Ed è stata proprio la sua penna tagliente, grottesca e surreale il punto forte dell'intero libro. Una penna che da una parte si diverte a infiocchettare con passione e nostalgia una storia d'amore impossibile e dall'altra ridicolizza con arguzia e ilarità la classe sociale che detiene il potere politico del Paese.
Siamo nel Cile di Pinochet, è il 1986, e la fata dell'angolo ricama lenzuola e tovaglie per la Santiago "bene", mentre nella sua soffitta giovani rivoltosi si riuniscono per capovolgere le sorti della nazione. Tanto... chi vuoi che sospetti di una vecchia checca artritica con tre peli in testa, ma è lo stesso, lei sta al gioco, fa finta di non capire cosa stia realmente succedendo tra le mura di casa, e tutto perché al di là delle ciglia posticce, degli immaginari tacchi a spillo e dei nastri di tulle, c'è un fragile cuore di cristallo che batte per il bellissimo Carlos. Il suo principe. E mentre lei gli dona un amore incondizionato senza chiedere nulla in cambio, mettendo addirittura a repentaglio la propria incolumità, nell'enorme dimora di Pinochet si consuma il dramma del generale; l'uomo temuto da tutti, l'uomo che sta terrorizzando il Cile, quello stesso uomo che si è macchiato di crimini contro l'umanità viene tratteggiato da Lemebel come un codardo ossessionato dalla paura di morire e vittima silenziosa di una moglie ciarliera quanto una gallina. È qui che la satira si fa pungente, è qui che dietro al riso si nasconde il pianto. 
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