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Recensione: Il canto della rivolta - Suzanne Collins

Creato il 23 giugno 2012 da Leo Sanguedinchiostro @sdinchiostro

Recensione: Il canto della rivolta - Suzanne Collins

Dati: 2012, 432.p.,rilegato

Disponibile dal: 15 Maggio 2012

Che i Giochi abbiano fine.

Trama:

Recensione: Il canto della rivolta - Suzanne Collins
Contro tutte le previsioni, Katniss è sopravvissuta agli Hunger Games per la seconda volta. Ma anche se ora è lontana dall'arena sanguinaria, non può dirsi salva. Capitol City è molto arrabbiata. Capitol City vuole vendetta. E chi è destinato a pagare per i disordini? Katniss, ovviamente, la Ragazza di fuoco. Come se non bastasse, il Presidente Snow tiene a precisare che ormai tutti sono in pericolo, nessuno escluso: la famiglia di Katniss, i suoi amici più cari, tutti gli abitanti del Distretto 12.

Ora che la scintilla si è trasformata in un ardente fuoco di rivolta, alla Ghiandaia Imitatrice non resta che spiccare il suo volo verso la libertà. Forte e incalzante, finalmente anche in Italia lo sconvolgente finale della rivoluzionaria trilogia di Suzanne Collins, Hunger Games.

Recensione: Il canto della rivolta - Suzanne Collins
Suzanne Collins è una nota autrice statunitense, vive nel Connecticut con la sua famiglia e due gatti selvatici. l'idea degli Hunger games - i giochi della fame - si è fatta strada nella sua mente mentre faceva zapping tra le immagini dei reality show e quelle della guerra vera. I suoi libri sono tradotti in 40 paesi e continuamente ristampati: negli Stati Uniti la tiratura iniziale del terzo volume della serie è di 2 milioni di copie! Un vero caso editoriale, tanto che la rivista "Time" ha nominato Suzanne Collins tra le 100 più influenti personalità della cultura.

14 Giugno, 23.30: *Chiudo il canto della rivolta* Non può essere. No, no, è impossibile. Non può essere finito!

15 Giugno, 0.00: Non può essere finito... non può essere finito... non può essere finito...

Recensione: Il canto della rivolta - Suzanne Collins

Sì, è proprio così. E' stata dura, durissima, chiudere Il canto della rivolta perché significava dover dire addio a tutti quei personaggi che mi hanno accompagnato per un anno intero in una delle avventure più strabilianti e terribili di sempre. E ancor di più è stato difficile assimilare il finale di questa trilogia, anche se a questo ci arriveremo dopo.

Mi sembra impossibile riuscire a recensire un libro che mi ha regalato così tante emozioni, in questo caso l'impresa è ancora più ardua perché, in qualche modo, devo rendere omaggio ad una trilogia che mi ha dato tanto e che mi ha cambiato. Non so ancora come, ma è così, e per questo motivo desidero trasmettervi almeno un pizzico di tutte queste emozioni, e credo che il modo migliore per farlo sia proprio non dilungandomi esageratamente su inutili spiegazioni della trama, ma arrivando dritto dritto alle considerazioni personali.

Parlando di questo romanzo la prima cosa che mi viene da dire è: non me l'aspettavo. Quando ho preso in mano Il canto della rivolta ero convinto di trovarci tanta azione, tanta guerra e tanta gloria. Invece no. Sin dalle prime pagine si avverte un clima freddo, o meglio, angosciante e una malinconia crescente, che pervade tutto il romanzo come un'asfissiante prigione. Prigione. E' così che Katniss avverte il Distretto 13, la roccaforte dei ribelli, il luogo dove è stata portata in seguito ai Settantancinquesimi Hunger Games. Ma la Ghiandaia Imitatrice non è più la stessa che abbiamo imparato a conoscere nei libri precedenti e lo avvertiamo immediatamente. Le lotte che ha dovuto affrontare l'hanno cambiata e distrutta interiormente, sulle sue ali si aprono ferite incurabili e tante altre gliene saranno arrecate, non solo fisicamente. La prima parte del libro - come quella di tutti i volumi che compongono questa trilogia - è piuttosto lenta e molto riflessiva. Abbiamo l'occasione di conoscere la nuova Katniss: la Katniss impaurita, la Katniss stanca, la Katniss distrutta sia fisicamente che interiormente e al centro della narrazione ci sono i suoi pensieri, i suoi ragionamenti, a cui mi ero ormai affezionato e che avevo anche imparato a prevedere (qualche volta!). Il Distretto 13, con i suoi massimi esponenti, Plutarch e la Coin, sembrano avere una doppia faccia e tu, lettore, sei portato dalle circostanze a fidarti, ma percepisci che c'è qualcosa di sbagliato. Il ritmo diventa sempre più serrato dalla riapparizione di Peeta, che torna da Capitol City profondamente provato e inesorabilmente cambiato e, nonostante mi sia mancato molto il dolce e ingenuo ragazzo del pane, ho in qualche modo - posso dirlo? - apprezzato la nota oscura che viene aggiunta alla sua personalità. Della guerra ci viene mostrata a lunghi flash quasi soltanto la sua parte più dannosa, quella che colpisce vincitori e vinti, e mai come prima abbiamo un reale spaccato della potenza della televisione nel mondo di Panem e mi è sembrato che la Collins ci tenesse particolarmente a sottolineare la forza mediatica tanto potente da muovere perfino le fila della rivolta e lo stesso ruolo assunto dalla Ragazza di Fuoco è quello di un personaggio-simbolo, un po' come gli idoli e i leader televisivi che ci vengono imposti al giorno d'oggi e che tendiamo a seguire e ad assecondare, e, se da un lato ne emerge una sorta di critica alla nostra società, dall'altro da importanza e fa acquistare un notevole peso all'uso della parola come strumento per il movimento delle masse. Mi è piaciuta molto anche la problematicizzazione che l'autrice effettua circa il lato politico della vicenda, suggerendo la mancanza di una forma di Stato totalmente esatta perché sono gli uomini stessi ad essere sbagliati.

Recensione: Il canto della rivolta - Suzanne Collins

La parte avvincente e ricca d'azione arriva e, anche qui, è molto più cruda, drammatica e profonda che nei due romanzi precedenti. La corsa per la vendetta di Katniss, seguita dalla sua schiera di alleati, riporterà il lettore negli Hunger Games e sembrerà di essere ancora una volta nell'Arena, dove basta un gesto per sopravvivere e un solo passo per morire.

Il canto della rivolta è un chiaroscuro di eventi e personalità, l'autrice vuole fare la differenza e abbandona l'ideale eroico dei primi due volumi per scrivere un finale inaspettato, ma fortemente realistico e, proprio per questo, tragico, poiché sceglie di mettere a nudo la mostruosità dell'essere umano. Vengono mosse le coscienze e sollevate importanti discussioni che mi sarà impossibile trattare tutte degnamente in una sola recensione. Tutti i personaggi principali, quelli che abbiamo conosciuto già nel primo libro, si spostano dalle loro posizioni iniziali, Katniss più di tutti, di cui comportamento perde lo smalto dell'eroina impavida e diventa sempre più umano fino a raggiungere sul finale una sorta di individualismo che trabocca in egoismo e che, personalmente parlando, non ho avuto il coraggio di criticare perché è un atteggiamento credibilissimo, è l'atteggiamento che forse la maggior parte di noi assumerebbe trovandosi in determinate situazioni. La Ragazza di Fuoco è il fantasma di ciò che è stato nei precedenti volumi, perde la sua purezza d'animo e si trova dinanzi a giochi di potere che le fanno capire che non c'è un vero nemico perché dentro ognuno di noi c'è qualcosa di malvagio, la nostra personalità è, appunto, un chiaroscuro di elementi positivi ed elementi negativi, più o meno accentuati a seconda del soggetto.

Non provo più alcun obbligo di lealtà nei confronti di quei mostri chiamati esseri umani, detesto essere io stessa una di loro.

Le ultime pagine del romanzo sono così forti da togliere il fiato, disturbano e agghiacciano il lettore, sottolineando questo pessimismo dell'autrice, che vuole allo stesso tempo togliere e dare speranza nella possibilità di un cambiamento, come dei puntini di sospensione su cui dobbiamo essere noi a riflettere. In particolare mi ha dato da pensare quest'ultima battuta di Plutarch:

- [...] Adesso ci troviamo in quello stupendo periodo in cui tutti concordano che i nostri ultimi orrori non dovranno mai ripetersi - dice lui - Ma di solito il pensiero collettivo ha vita breve. Siamo creature stupide e incostanti, con la memoria corta e un gran talento per l'autodistruzione. Anche se...chissà, magari questa sarà la volta buona, Katniss.

Katniss Everdeen, la ragazza che è sopravvissuta per due volte ai Giochi della Fame, che ha sfidato Capitol City e che ha commesso un omicidio politico, è ormai una giovane donna fredda e distante, che ha lottato, vinto e allo stesso tempo perso ciò a cui teneva di più: sua sorella. L'unico motivo per cui si era offerta volontaria come tributo nei settantaquattresimi Hunger Games, l'unico motivo che l'aveva spinta a combattere, l'unica persona che, a mio parere, amasse veramente e incessantemente le è stata portata via. E con la sua morte anche il suo mondo è andato in frantumi. Purtroppo è così che ho percepito l'ultima Katniss e questa sua debolezza me l'ha fatta amare ancora una volta. Dopo aver vendicato l'amata sorella, non ha più alcuna ragione per continuare a vivere tanto da arrivare a volersi togliere la vita. E, per un'ultima volta e contro ogni aspettativa, l'emblematica Ghinadaia Imitatrice sopravvive, ma il suo universo interiore è ormai spento e perso per sempre. Ho avvertito questa Katniss come un corpo quasi senza anima, ma con un solo ultimo, piccolo frammento di vitalità e forza di volontà e ciò contempla anche la relazione finale con Peeta. Entrambi sono ormai solo il ricordo degli sfortunati amanti del Distretto 12, entrambi sono adulti ormai distrutti dagli orrori a cui hanno assistito. Il fatto che Katniss scelga Peeta non è, a mio parere, frutto di un vero amore, poiché ormai non è più in grado di provare amore, ma il semplice risultato di un ultimo ragionamento finale, anche un po' egoistico, che vede Peeta come l'unica speranza per non rimanere ancorata al passato e morire. E non credo che questo sia amore, o almeno non è l'amore irrazionale che tutti ci aspettiamo di trovare. E', ancora una volta, un' ultima volta, sopravvivenza.

Che quello di cui ho bisogno per sopravvivere non è il fuoco di Gale, acceso di odio e di rabbia. Ho abbastanza fuoco di mio. Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella. E solo Peeta è in grado di darmi questo.

Il finale mi ha fatto star male per la freddezza e lucidità che ho trovato nel modo di parlare e nei gesti della protagonista. Un ultimo discorso mi ha disturbato particolarmente, il discorso che Katniss usa per raccontarci dei propri figli e che mi fa capire quanto lei, in seguito alla morte di Prim, sia ormai talmente fredda, vuota e priva di sentimenti da risultare incapace perfino di provare un amore materno verso i suoi bambini. Affetto, magari, ma non amore. In queste ultime parole ho avvertito un forte distacco emotivo della ragazza rispetto a tutto ciò che la circonda:

Per concludere, credo che Mi mancherà questa saga e mi mancheranno Haymitch, Peeta, Gale, Finnick - mio bellissimo e povero Finnick! - Cinna, Rue, Prim e la mitica Effie. Mi mancheranno tutti loro, tutti i

Recensione: Il canto della rivolta - Suzanne Collins
Il canto della rivolta sia il finale perfetto per una saga che si è sempre distinta per il semplice fatto di non condividere la tradizione fantasy di altri suoi predecessori come Harry Potter, dove il cerchio si chiudeva in un bel lieto fine speranzoso e ricco di buoni sentimenti. Al contrario la Collins non mente e, nonostante la battaglia contro Capitol City si concluda con un'importante vittoria, la focalizzazione si sofferma sui dolori e le conseguenze che i combattenti hanno subito e che si porteranno dietro per il resto della loro vita perché dopo essere stati così fortemente a contatto con il Male, non c'è più speranza di salvezza per loro. Pensandoci ora, non riesco ad immaginare una conclusione migliore per questo viaggio chiamato Hunger Games e l'autrice si dimostra fino alla fine una narratrice in grado di sorprendere, esaltare, commuovere, spaventare, far riflettere e, sopratutto, far soffrire il lettore creando un ultimo capitolo a cui posso attribuire un solo aggettivo: straziante. Straziante perché vero, straziante perché doloroso e, contemporaneamente, bellissimo. Sembrerà stupido da parte mia, ma adesso, ogni volta che sfioro le copertine di questi tre volumi mi sento pervadere da un'angoscia talmente forte da far salire le lacrime agli occhi e, insieme a questa angoscia, arriva una triste malinconia per quel mondo distopico così vicino al nostro, per tutti quei personaggi tanto reali da riuscire rispecchiare le diverse sfaccettature dell'animo umano, per la grandiosa Katniss con cui mi è sembrato di condividere esperienze, paure, dubbi, gioie e dolori e che durante quest'ultimo anno, nella sua essenza di carta e inchiostro, ho sentito più vicina di tante altre persone reali.
miei ribelli. La Collins da vita a tre romanzi anni e anni luce lontani dall'ultimo dall'ultimo odioso grande caso editoriale - *coff* Twilight *coff* - , ma soprattutto è riuscita a regalarci una storia che può parlare di tutti noi, una storia che parla di ribellione, amore e libertà.

Ma esistono giochi molto peggiori a cui giocare.


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