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[Recensione] Il sogno di Talitha – I regni di Nashira vol. 1 di Licia Troisi

Creato il 27 dicembre 2011 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Il sogno di Talitha – I regni di Nashira vol. 1 di Licia TroisiTitolo: Il sogno di Talitha (I regni di Nashira vol. 1)
Autore: Licia Troisi
Editore: Mondadori
ISBN: 9788804613428
Pagine: 428
Prezzo: 19€

Salve, scrittevoli lettori, qui è il vostro Ewan e questa recensione non sarà piacevole.

Il romanzo finito tra le mie grinfie è Il sogno di Talitha, il primo volume della nuova saga di Licia Troisi, già autrice per Mondadori della saga in nove volumi (Cronache, Guerre e Leggende) ambientata nel Mondo Emerso e dei tre volumi (credo per bambini ma non ne sono sicuro) di La ragazza del drago. Inutile nasconderlo, Licia Troisi è anche stata ferocemente criticata per la sciattezza delle sue trame, la monodimensionalità dei suoi personaggi e la faciloneria delle sue storie, che di fatto avrebbero contribuito a dipingere il fantasy in Italia come un genere per bambini.

Personalmente non avevo mai letto nulla della Troisi prima di questo libro… e a lettura ultimata sono davvero contento di non averlo fatto.

Già perché Il sogno di Talitha è un romanzo stupido, irritante e scritto malissimo, indegno di essere pubblicato dalla più importante casa editrice italiana ed è offensivo che provenga da un’autrice con una carriera quasi decennale e con ben quattordici libri alle spalle. Ops, spoiler.

Quindi, sì, questa sarà una di quelle recensioni. Se siete dell’umore giusto per un massacro, seguitemi dopo il salto.

[Recensione] Il sogno di Talitha – I regni di Nashira vol. 1 di Licia Troisi

La trama

Appena dopo il prologo, il romanzo si apre con una finta citazione, questa:

DA I DONI DI MIRA, INTRODUZIONE, DI SORELLA DENEA DEL MONASTERO DI GALATA.

Molti credono che prima del tempo dello Scontro, su Nashira l’aria fosse abbondante e ovunque diffusa. Se questo sia vero o meno, non possiamo dirlo. I Primi, che vissero in quel periodo di beatitudine, non ci hanno lasciato cronache né altre tracce di sé. Quel che possiamo dire, è che, contrariamente a quanto creduto dagli incolti, non è l’aria a difettare su Nashira, ma la sua componente respirabile. È quest’ultima ad essere da millenni rarefatta, impalpabile, diafana.
Solo la potenza della Pietra dell’Aria riesce a radunare la poca prodotta dai Talareth sotto le loro immense chiome, in porzione tale da consentire la vita ai Talariti. Per questo notte e giorno non dobbiamo mai cessare di lodare e ringraziare Mira, per averci dato la Pietra e i Talareth, l’uno custode, l’altro padre di Talaria.

Prima di tutto lasciatemi dire che è un modo atroce di fare infodump. Lo sanno tutti che, se proprio devi inserire una spiegazione su come funziona il mondo in cui è ambientata la tua storia, come minimo lo devi fare in una scena di sexposition. Ma poi, è anche uno stratagemma che non ha senso logico: perché la fittizia sorella Denea si sente in dovere di spiegare come funziona la respirabilità dell’aria, se nel mondo in cui vive è la normalità? Rispetto a cosa la sta confrontando?

La storia vera e propria comincia con la presentazione della protagonista, Talitha, che è la figlia del ricco conte Megassa, uno talmente cattivo che, nel tempo libero, taglia le orecchie ai coniglietti e ci fa collanine e poi le dona agli orfanotrofi. Talitha è ovviamente una guerriera più che capace e ha uno schiavo, Saiph, per amico perché è troppo anticonformista!

È talmente anticonformista che, anziché essere a casa a scodellare pupetti, visto che è la figlia di un importante nobile in pole position per diventare re quando l’attuale regina avrà tirato le cuoia, può permettersi di fare parte della Guardia – qualsiasi cosa sia, visto che il libro non si prende la briga di precisarlo.

Al contrario del resto degli abitanti di Nashira, Talitha sembra avere un buon rapporto con il suo schiavo. Anzi, è straordinariamente empatica.

Talitha intravide Saiph, che li avrebbe seguiti sul carro degli schiavi. A volte quasi lo invidiava, tanto la condizione di schiavitù le sembrava preferibile alla propria.

Voglio dire, non è fantastico? Talitha è invidiosa del suo schiavo personale! E tenete conto che questa uscita spunta fuori a poche pagine di distanza da questa scena:

Una piccola folla di servitori si era riunita di fronte alla grande scalinata, e davanti a tutti si ergeva con le braccia conserte il conte Megassa. […]
Al centro della piccola folla [sì, l’ho notato anch’io, ma non ho voglia di segnare tutte le brutture stilistiche, ci sono altri reviewer che lo fanno meglio di me], il famiglio addetto alla disciplina degli schiavi teneva in mano il Bastone. Era nulla più che un ciocco di legno, sulla cui sommità era incastonato un minuscolo frammento di Pietra dell’Aria. Lo si vedeva a malapena brillare di una debole luce azzurrina. La Pietra, fonte di ogni magia, sorgente di vita per tutta Talaria e di dolore per i Femtiti. Lo schiavo ai suoi piedi era poco più di un ragazzino. Piagnucolava disperato, levando il viso alternativamente verso il famiglio e il conte.
«Non ho rubato, ve lo giuro… non lo farei mai… non violerei mai la vostra proprietà!» Intorno a lui, i suoi compagni tenevano ostinatamente gli occhi abbassati, qualcuno volgeva la testa dall’altra parte. Il famiglio guardò il conte. Megassa non cambiò espressione e si limitò a un breve cenno del capo.
«No, vi prego, no!» urlò il ragazzino.
Il famiglio alzò il Bastone e colpì. Non appena la Pietra toccò la schiena dello schiavo, si accese di un’intensa luce viola. Il volto del Femtita si deformò in un’espressione di terrore puro. Non era semplice paura: era un orrore profondo, che sembrava dilaniarlo da dentro. Il Bastone si alzò di nuovo, ancora e ancora, e a ogni colpo i lineamenti del ragazzino sembravano risucchiati in un vortice di dolore. Le sue grida si fecero altissime, ma Megassa non si scompose. Guardò fino alla fine, assaporò impassibile ogni istante di quell’agonia.
Ci vollero molti colpi prima che le urla dello schiavo si facessero meno intense e il suo corpo smettesse di divincolarsi. Cadde a terra, i muscoli che si contraevano a ogni percossa. Al quarantesimo colpo i suoi lamenti si spensero. Un silenzio gelido calò sulla platea.
Il conte la percorse con lo sguardo.
«Chiunque verrà sorpreso a rubare subirà la stessa sorte» disse senza alcuna emozione. Quindi si rivolse al famiglio: «Fa’ portare via il corpo, che lo gettino fuori dalla città, nella fossa comune.»

Capito? Talitha è invidiosa del suo schiavo! Santa banana, chi non vorrebbe essere privato della libertà, della dignità e torturato a morte a discrezione del proprio padrone? Povera Talitha che è costretta ad avere un’educazione, tutti i lussi di cui ha bisogno, gente pronta a servirla e riverirla e preziosi vestiti pagati con le ingenti finanze di famiglia. Schiavi… cosa ne sanno loro della vera sofferenza?

Tra l’altro avete notato che il libro fin qui è caratterizzato dalla netta contrapposizione tra uomini e schiavi. Giustamente lo schiavismo è dipinto in modo negativo (in maniera peraltro discutibilmente barbara). Però Talitha, pur avendo uno schiavo come miglior amykettixximo4ever non si è ancora capito da che parte stia in realtà. Cioè, ogni tanto si indigna per il trattamento riservato a Saiph, ma del resto delle palesi ingiustizie (e fidatevi, quando dico palesi intendo proprio “delicate come un omicidio perpetrato con un ascia”) che colpiscono gli altri schiavi non sembra fregargliene molto. Insomma, accetta tutto molto passivamente, fintanto che viene servita e riverita.

[Recensione] Il sogno di Talitha – I regni di Nashira vol. 1 di Licia Troisi

Torniamo alla storia. Talitha si reca con la famiglia nel Regno della Primavera (sul serio, si chiama così) per assistere a un matrimonio e lì incontra la sorella Lebitha, che è una sacerdotessa in procinto di diventare Piccola Madre, che è una carica tipo vescovo ma con il potere di eleggere il nuovo re dopo la morte del precedente. Durante un banchetto, Lebitha tossisce sangue e sviene e, nonostante suo padre l’abbia affidata alle cure dei migliori guaritori dei quattro regni, muore.

Malattia o avvelenamento? Plot convenience!

Talitha è sotto shock. Talmente sotto shock che comincia a fare cose inquietanti, tipo:

si strappò le lacrime dalle guance

Ma il peggio deve ancora venire. Dopo il funerale di Lebitha, il conte Megassa convoca Talitha nel suo studio e Talitha non riesce a spiegarsi il perché. Un lettore con due sinapsi funzionanti ha già intuito che le vuol far prendere il posto della sorella al monastero in modo da avere il suo voto per essere incoronato re… immagino che il conflitto d’interessi non sia un problema a Nashira, o il segretario della sezione locale del PD sia peggio di quello italiano. Megassa le mostra anche la Pietra dell’Aria appartenuta a Lebitha, simbolo del suo potere sacerdotale, e Talitha ancora non connette. Allora glielo dice diretto e la figlia casca dalle nuvole… Ecco cosa succede quando non fai la mappatura cromosomica dopo il parto.

Insomma, Megassa comunica alla figlia che deve prendere il posto della sorella al monastero per far sì che lui diventi re. Il motivo è semplice:

[…] è in gioco il futuro del nostro casato.

Cosa come cosa? No! Stronzate! Se Megassa diventa re grazie al voto di Talitha – che è solo un elettore tra tanti e non è comunque detto che diventi Piccola Madre come la sorella – non avrà comunque alcun erede diretto a cui passare le redini del casato, visto che una figlia è morta e l’altra è monaca. Avrebbe avuto senso se la Troisi avesse inserito, chessò, un fratello minore a cui sarebbe andato il potere una volta morto Megassa, ma così è semplicemente cretino.

Talitha si ribella al padre, che inizia a somministrarle una lezione in stile anni ’50, ma interviene Saiph che prende le botte al posto suo. Vedendo che Megassa è in preda a una furia cieca (scusate il gioco di parole), Talitha, pur di fermarlo, accetta di prendere i voti. Talitha si ritira con Saiph e fa il punto della situazione. Con frasi come questa:

[…] dovrò vivere per sempre lassù, avrò il dominio su una corte di schiave come me.

Ehm, Talitha, sei sicura di voler paragonare la tua condizione di futura monaca privilegiata a quella di uno schiavo quando il tuo schiavo ti siede di fronte?

Saiph, per nulla colpito dall’assenza di empatia della sua padrona, le annuncia che andrà con lei. Così, i due struggenti eroi passano un’ultima notte a palazzo a sbronzarsi e ballare. Date rape? Ma no, questo è un fantasy, e come tutti sanno, il fantasy è un genere letterario per bambini, quindi certe cose brutte non succedono. Ai protagonisti.

Tra i fumi dell’alcol e di qualsiasi cosa i folletti che popolano Nashira siano soliti pippare durante le feste, Talitha domanda a Saiph:

«Saiph, sei sicuro di voler venire con me?»

Sì, Saiph, sei sicuro di voler abbandonare la casa dove sei nato e cresciuto e dove mio padre esercita potere di vita e di morte su di te per venire con me al monastero dove sarò io, la tua amykettixxima4ever a essere in posizione di potere? Scelta ardua, eh?

Il giorno successivo, Talitha ascende al tempio e la prima parte del romanzo finisce senza che nulla di rilevante per gli sviluppi futuri sia realmente successo.

Al tempio, tempo tre petosecondi, e si capisce che nessuno tratterà Talitha decentemente. Ma dai. Poteva l’eroina di un romanzo della Licia nazionale non essere una povera anima tormentata? Ovvio che no! Anzi, quasi subito Talitha viene sottoposta a ogni genere di torture psicologiche dalle sorelle, tipo saltare i pasti o imparare cento inni a memoria nel corso di una notte. E a Saiph va ancora peggio:

Gli schiavi furono fatti allineare sul piazzale, poi la sacerdotessa disse il nome di quello da punire. Era un ragazzo più o meno dell’età di Saiph, che nel sentirsi chiamare si lasciò cadere a terra, tremante di terrore. Le Combattenti lo trascinarono fuori dalle fila, poi due di esse lo legarono mani e piedi a un ceppo. «Dieci bastonate» proclamò la sacerdotessa.
Lo schiavo cercò di protestare, ma la prima bastonata gli mozzò la parole in bocca. Poi non poté fare altro che gridare, mentre le bastonate si susseguivano. Saiph non aveva mai visto nessuno colpire con tale foga, né con una simile impassibilità. Le punizioni a palazzo, in confronto, erano carezze. Dovette distogliere lo sguardo. Non ce la faceva.
Quando la Combattente ebbe finito, e lo schiavo rimase a terra a gemere, la sacerdotessa si fece avanti. Era giovane, persino bella, ma il suo sguardo non tradiva un’ombra di pietà.
«Così trattiamo gli schiavi che disobbediscono. Così verrà trattato ognuno di voi, se mancherà. E ora, tornate a dormire.» Rientrarono nella baracca. «Che cos’aveva fatto?» chiese piano Saiph al vecchio che gli si sdraiò accanto.
Quello lo guardò con triste rassegnazione. «Niente. Ogni tanto prendono a caso uno di noi e lo bastonano, giusto per ricordarci come funziona qui.»

Si tratta di uno stratagemma ridicolo che la Troisi – in evidente difficoltà – adopera per far risultare simpatico il protagonista agli occhi del lettore non tanto per delle qualità intrinseche alla personalità del personaggio, ma perché fa pena e i lettori (mentecatti) adorano simpatizzare con il più patetico del gruppo. Provate a pensare a Walter Nudo all’isola dei famosi, o alla ballerina obesa di Amici di Maria De Filippi che, nonostante balli con la leggiadria di un termosifone preso a sprangate da un hooligan, è sempre prima in classifica perché lei ha un sogno e riuscirà a realizzarlo anche se tutti le dicono che è troppo grassa per il balletto.

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Lei ce l'ha fatta!

Le motivazioni degli “antagonisti”, in questo caso le monache, sono inesistenti. Non c’è ragione per cui debbano avercela con Talitha o con gli schiavi. Anzi, se io fossi circondato da una moltitudine di individui che non sono in grado di sentire dolore fisico e quindi virtualmente inarrestabili, mi farei due o tre scrupoli prima di seviziarli solo per il gusto di esercitare il mio potere dispotico. E allora le cose sono due: o la Troisi è un’inetta e, all’alba del suo quindicesimo libro ancora non ha capito come si gestisce un conflitto, oppure prende deliberatamente per il culo i suoi lettori trattandoli come una manica di decerebrati.

Ma mi sto di nuovo lasciando andare all’invettiva contro l’autrice inetta e i suoi seguaci.

Torniamo alla storia. Talitha incontra una novizia di nome Kora che finora è l’unica persona gentile in tutto il monastero e… oh snap, c’è anche Grele la stronzetta bionda!

«Allora, Talitha di Messe, anche stasera ci allieterai con qualche bella lettura?» Era la ragazza bionda che l’aveva spintonata ad aver parlato. Le si era fatta da presso, accompagnata da un altro paio di ragazzine che ridacchiavano.
«Basta, Grele, sai che è nuova» intervenne Kora.
«Nessuno ha chiesto il tuo parere» replicò l’altra, brusca. Poi fissò di nuovo Talitha. «Credo tu abbia raggiunto un primato: farsi punire dopo nemmeno un giorno.»

Scusate, ma sto leggendo un fantasy o la trascrizione di un episodio di La vita segreta di una teenager americana per ritardati mentali? Quand’è che il romanzo è diventato una brutta fan fiction? Ah, sì. Nel prologo.

Ma aspettate, c’è di più. Perché Grele odia Talitha? Perché, ci dice la Licia nazionale, era destinata a essere Piccola Madre prima che Talitha prendesse i voti. No, aspetta. No. Era Labitha destinata a essere Piccola Madre e, dopo la sua morte, Talitha ha preso il suo posto. È successo tutto nell’arco di pochi giorni e anche ammettendo che Grele abbia saputo della morte di Labitha, cosa che il libro comunque non dice, deve aver avuto davvero poco tempo per coltivare i suoi sogni di gloria. Ma a che pro lamentarsi? Un plot hole in più o in meno a ‘sto punto che cambia?

Dopo aver scontato un’altra dose di punizioni, Talitha trova un messaggio di sua sorella che dice: Uniscile e le separerai. In seguito viene spedita da sorella Pelei a imparare la magia, anche se viene stabilito all’inizio che la sua Risonanza, a differenza di quella di Labitha, è bassa. E, per prenderci gioco ancora un po’ della povera struggente Talitha, la classe di magia in cui viene inserita è composta da bambine sotto i nove anni.. Perché LOL!

Segue scena di infodump mascherata da lezione:

«Sai dirmi cos’è la Risonanza?»
«Be’, sì… È la capacità di attivare le proprietà magiche della Pietra dell’Aria. La Risonanza è la condizione fondamentale per riuscire a formulare incantesimi; minore è la Risonanza, minori sono le capacità magiche. Chi non la possiede non può usare la magia.»

Sorella Pelei quindi porta Talitha a combattere. Pelei oltre a essere una monaca attempata ma con le poppe giganti (e con quello che la Licia nazionale definisce un decolté indecoroso per una sacerdotessa) è anche una specie di maga guerriera badass e così Talitha scopre che è possibile usare la risonanza per combattere. Cosa che a Nashira nessuno fa perché… tanto è fantasy?

Saiph intato è messo a lavorare in lavanderia ed è distrutto dalla fatica. Peccato che gli schiavi non possano sentire il dolore e quindi non dovrebbero nemmeno sentire la fatica. Altrimenti sarebbe stupido, no? Habemus plot hole! Cos’è, il quarto? Dite che devo cominciare a tenere il conto?

Talitha viene punita per… qualcosa e costretta al digiuno, ma ruba un tozzo di pane e lo affida a una schiava affinché lo consegni a Saiph. La schiava non vuole rischiare di essere scoperta e picchiata presumibilmente a morte (visto che è stato stabilito che gli schiavi sorpresi a rubare vengono bastonati fino alla morte) e la risposta di Talitha è esilarante:

«Portaglielo e basta» ringhiò lei.

Cioè, Talitha rischia la vita di una schiava per nutrirne un altro, che però è il suo schiavo personale. Non ha veramente a cuore il problema dello schiavismo, vero?

La sera successiva Talitha e Saiph si incontrano di nascosto e cominciano a elaborare un piano per fuggire. Piccolo problema: non ci sono vie di fuga praticabili.

In seguito, grazie a sorella Pelei, Talitha ottiene il permesso di entrare nella stanza di Labitha e riesce a trovare una chiave e un rotolo di carta che contiene un disegno e dei riferimenti a dei libri. Saiph intanto scopre che nel monastero c’è una zona proibita e che chi ci si avvicina troppo, schiavo o monaco che sia, si ammala di un brutto caso di mortostecchite, e Talitha collega ciò alla morte di Labitha. Ha scoperto qualcosa che non doveva e le sorelle l’hanno ammazzata!

Quindi le monache erano cattive fin dall’inizio! Non mi avevano mai dato il minimo indizio per sospettarlo…

Prima di passare all’azione, Talitha e Saiph parlano con un vecchio schiavo che è incaricato di fare le pulizie nell’anticamera del Nucleo, dove si trova la zona proibita. Perché è ovvio che le monache lascino fare le pulizie nella loro zona proibita a uno schiavo qualsiasi, con il rischio che spifferi tutto al primo venuto. Mica hanno niente da nascondere!

Talitha chiede allo schiavo di disegnarle una mappa; lo schiavo è riluttante ma Talitha non demorde. «Diccelo.» «No!» «Diccelo.» «No!» «Ti diamo cibo extra.» «No!» «E se te lo chiedo per piacere?» «Oh, allora ok…»

Dopo l’ennesima punizione, Talitha e Saiph decidono di andare a perlustrare la zona proibita e possibilmente anche di fuggire. E Saiph sceglie proprio quei delicati momenti per farsi salire l’ormone. Che sia un preludio alla love story che vedremo più avanti nel libro? Oh, non siate prevedibili, sono sicuro che la Licia nazionale ci sorprenderà come sempre.

Saiph annuì, ma si sorprese distratto da altri pensieri. Il profumo del corpo di lei era così intenso da dargli il capogiro. Era un profumo nuovo, diverso. Un profumo di donna.

Eww, Talitha è in quei giorni del mese…

Comunque, i due struggenti eroi si infiltrano nella zona proibita e scoprono che in essa sono contenuti diari delle sacerdotesse eretiche che sono state bruciate sul rogo. Momento, in tutti questi anni nessuno ha mai sospettato che nei templi si praticassero esecuzioni degli eretici? Ma soprattutto: nessun eretico ha mai diffuso le sue convinzioni al di fuori del tempio? Le monache possono usufruire di giorni di licenza per vedere la propria famiglia, il libro questo lo stabilisce un paio di volte, quindi perché nessuno ha aspettato la licenza, è tornato a casa e ha diffuso la notizia? Perché…

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Ecco perché!

E vi starete chiedendo qual è la scoperta che è cosata cara agli eretici. Ebbene, su Nashira ci sono due soli, Miraval, grande e arancione, che si crede essere alimentato dal potere della dea Mira, e Cretus, una nana bianca, che rappresenta il potere malvagio in contrapposizione a Mira. Il problema? Cretus, che secondo le leggende dovrebbe essere tenuto sotto controllo da Miraval per poi esserne inglobato alla fine dei tempi, sta invece crescendo a dismisura, una realtà evidenziata dagli eretici che le monache preferiscono ignorare.

Ora, non è un plot hole ma quasi. Da quanti anni va avanti questa “eresia”? Se non si fidano delle eretiche – che sono monache che per lavoro contemplano Miraval e Cretus – perché non controllano da sole invece di tapparsi le orecchie e canticchiare “Lalalalalalalala”? Insomma, se lo dice una è anche probabile che sia un’eretica, se lo dicono in decine e decine, può darsi che qualcosa di vero ci sia, no?

Fun fact: una stella di nome Mira esiste veramente ed è una stella binaria, il che significa che ha una compagna. Ma non è tutto: Mira A è una gigante rossa e la sua compagna Mira B è una nana bianca. In più, la nomenclatura alternativa per definire Mira è Omicron Ceti, perché si trova nella costellazione della Balena, in latino… Cetus.

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Quindi la Licia nazionale si è documentata? Chissenefrega, il libro fa schifo lo stesso. Torniamo a Talitha, che ormai è convinta che Labitha sia stata uccisa perché ha scoperto troppo (del resto le monache del Grande Complotto Stellare non si sono premurate di, chessò, eliminare i diari delle eretiche, ma hanno preferito lasciare tutto in bella vista, dove Labitha poteva agilmente trovarli e leggerli). Prima che gli struggenti eroi possano fare qualcosa, però, vengono sorpresi dalle monache ninja. Saiph riesce a mettere in salvo Talitha ma viene scoperto e catturato e, il giorno successivo, le monache annunciano che sarà giustiziato pubblicamente con cento bastonate. Oh, noooooo!

Ma niente paura, perché la notte prima dell’esecuzione, Talitha cerca di liberare Saiph e fuggire dal monastero. Appiccando un gigantesco incendio. Già. In monastero costruito attorno a un albero gigante, un albero da cui dipende la sopravvivenza stessa degli abitanti di Nashira, la cosa logica da fare è appiccare un incendio. A quanto pare sì, perché scopriamo che:

I Talareth erano refrattari al fuoco, una proprietà che il loro legno, una volta staccato dalla pianta, perdeva.

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Comunque, Talitha e Saiph vengono attaccati da una Combattente, ma arriva dal nulla sorella Pelei e li salva, i tre si arrampicano fino alla sommità del Talareth, ma rispunta la combattente e uccide sorella Pelei. Bai Baaaai!

Talitha e Saiph sono da soli sulla cima dell’albero e decidono che la loro prossima mossa sarà seguire il piano di Lebitha, ossia rintracciare un eretico imprigionato nel deserto che forse conosce il modo per impedire che la stella Cretus continui a crescere. Sapete, la scelta logica!

Ma i nostri eroi non possono rimanere sull’albero, per cui, grazie a un incantesimo di levitazione lanciato da Talitha, si calano dalla sommità del Talareth. Tutto questo senza che il lettore avesse mai ricevuto un indizio sul fatto che Talitha fosse in grado di servirsi della magia a tal punto di permetterle l’utilizzo di un incantesimo abbastanza impegnativo. Continuità logica, a chi cazzo serve quando hai la Troisi?

Torniamo alla storia. I due si rifugiano presso un cartografo dove scoprono che le guardie del conte Megassa stanno dando loro la caccia. Inoltre ci sono le prime avvisaglie di una potenziale ribellione degli schiavi Femiti:

«[…]Ieri c’è stata una ribellione nella parte sud della città, un assalto a una carrozza che trasportava viveri. I Femtiti erano combattenti, un tempo, e non hanno dimenticato le arti della guerra.»

Cosa? Non solo i Femiti sono in maggioranza numerica e immuni al dolore fisico, ma sono anche potenti guerrieri e non hanno dimenticato l’arte della guerra che è parte del loro retaggio. E allora come hanno fatto i Talariti a schiavizzarli? Con tre bastoni del menga? Ma cosa sono, una razza di deficienti?

Dopo aver dormito e fatto colazione, Saiph e Talitha scambiano la casa del cartografo per il Grand Hotel e… oh, no, le guardie arrivano per perquisire il quartiere, che colpo di scena inaspettato! Talitha e Saiph scappano ma vengono bloccati da due guardie, ricevono però l’aiuto inaspettato di un mendicante Femita, attirando una folla di suoi simili. Le guardie uccidono il mendicante, ma gli altri schiavi insorgono e riescono a sopraffare con facilità le guardie, massacrandole. Una cosa piuttosto facile per un popolo che È STATO SCHIAVIZZATO PER GENERAZIONI DA GUARDIE SIMILI A QUELLE CHE HANNO UCCISO IN UN PETOSECONDO!

(Immaginatemi mentre urlo e sbatto con violenza la testa contro la tastiera del PC.)

Va bene, quindi siamo in fuga e, mano a mano, la Troisi snocciola tutti i cliché del caso. Incluso questo:

«Dovremo procurarci dei mantelli prima o poi» osservò Talitha quando ebbero ripreso il viaggio. «Potrebbero servirci per camuffarci, quando arriveremo in un centro abitato più grande. Quanto ci vorrà per raggiungere Alepha?»

Ma… ma… ma… PERCHÉ? Andare in giro coperti da un cappuccio (magari nero) quando si vive su un pianeta minacciato da una stella che si sta ingigantendo e sta surriscaldando l’atmosfera è la cosa più idiota che un fuggitivo possa fare. Usa. Il. Cervello. Stupido libro.

Bla bla bla, un po’ di scene con gli amyketti in viaggio dopo, Talitha e Saiph vengono raggiunti da una Combattente perché la trama dice così. Segue scontro su una specie di ponte sospeso che la Combattente taglia con un pezzo di vetro trovato da qualche parte. Non chiedetemi come. Oh, no, Talitha sta per cadere nell’abisso e il capitolo si interrompe. Che cliffhangerone, eh? Specialmente visto che il libro ha già stabilito che Talitha è in grado non si sa come di praticare magie di levitazione.

Dopo un salto temporale più che benvenuto visto che la trama si sta allungando a sproposito, ritroviamo Talitha e Saiph nel Regno dell’Autunno, dove sono ancora ricercati. Cacchio, Megassa deve essere davvero potente se la sua giurisdizione si estende anche oltre i confini del suo dominio… ma forse sto mettendo troppo cervello in un romanzo in cui è palese che l’autrice non ne abbia messo affatto.

Ancora bla bla bla, Talitha e Saiph vengono scovati da un cacciatore di taglie e da una specie di bambino Femita Ninja di nome Grif. Grazie, Licia Troisi, ora sto pensando al Griff di un altro romanzo centomila volte migliore di questo.

Il cacciatore di taglie li fa prigionieri con l’intenzione di riportarli da Megassa, ma una sera Saiph riesce a liberarsi dalle manette usando il proprio sangue come lubrificante per sfilare le mani. Che scena splatter, sembra proprio qualcosa che scriverebbe Stephen King.

Talitha e Saiph scappano, si imbattono in un ragazzo che guida un carro e gli intimano di scendere, per impossessarsi del drago che lo traina.

Quello alzò le mani, tremando sotto la sua presa. «Non ho niente, non ho niente!» balbettò.
«Non vogliamo derubarti, scendi e basta!»

Sì, non vogliamo derubarti! Vogliamo solo privarti dei tuoi beni materiali senza il tuo consenso e senza darti niente in cambio!

Saiph è però ferito per via del numero con le manette, Talitha lo cura perché, oltra a saper levitare, ha anche poteri di guarigione, insieme rubano un altro drago, questa volta in grado di volare, e speriamo che si diano una mossa a fare quello che devono perché tanto si è capito benissimo che questo libro non sarà per niente autoconclusivo, perché probabilmente la Troisi ha un contratto che la vincola a sfornare altri due romanzi deficienti come questo con i quali appestare ulteriormente il mercato del fantasy italiano.

Infine, arrivano alla fortezza dove è rinchiuso l’eretico. Oh, no! La fortezza sembra essere stata attaccata! Chissenefrega, facciamola finita e in fretta, mancano trenta pagine, orsù!

La fortezza è stata teatro di un’insurrezione di Femiti (vedi nota precedente sui Femiti deficienti che sopportano pacifici la schiavitù per generazioni e si liberano dal controllo dei Talariti in una settimana) e l’eretico che Talitha e Saiph cercano se ne è andato a mord verso Skyrim i Monti di Ghiaccio. Oh, yeah! Sembra che ci sia tempo per un altro fantastico viaggio, dopotutto!

E infatti Talitha e Saiph si mettono in viaggio, ma si camuffano per non essere riconosciuti.

Adesso il volto di Saiph era deturpato da un’enorme voglia, una macchia scura che risaltava sul candore della sua pelle e alterava i lineamenti.

Giusto! Perché il modo migliore per passare inosservati è senza dubbio dipingersi una voglia gigante sulla faccia, no?

Ma ovviamente in un mondo di deficienti il minus habens è re e il travestimento funziona. Sembra quasi che Licia Troisi abbia raggiunto il numero di caratteri richiesto dall’editore e quindi non abbia più bisogno di aggiungere scene allungabrodo e possa finalmente far arrivare il libro alla sua conclusione.

O no?

No, ovviamente! Grazie al brillante travestimento di Talitha (mascherata da mezz’elfa), lei e Saiph vengono catturati da degli schiavisti che li scambiano per due Femiti ribelli e li conducono alle miniere. Chissenefotte! CONCLUDI, LIBRO, CONCLUDI!

Al villaggio dei Femiti minatori (sì, i Femiti schiavi vivono ammassati in casermoni dormitorio in città, ma hanno villaggi con villette di proprietà nelle miniere, di che vi stupite?) Saiph incontra i nonni senza nemmeno bisogno dell’aiuto di Maria De Filippi, ma tempo un minuto e vengono riconosciuti, gli schiavi però intervengono in loro sostegno e scoppia una rivolta.

Saiph viene ferito e nemmeno i Magici Poteri Convenienti per l’Avanzamento della Trama (o, in forma di acronimo MPCAT) di Talitha sembrano poterlo curare. Alla fine, però, grazie alla Pietra dell’Aria, ce la fa. Sarebbe stata una scena drammatica, se la stessa cosa non fosse già successa poco prima!

Va bene, tagliamo. Trovano l’eretico, anzi, è l’eretico che trova loro, e… IL LIBRO FINISCE. Senza nemmeno uno schifo di finale degno di tale nome. Ma tanto si era capito a pagina 1 che questo libro era una presa per il culo.

In conclusione

Mi prendete in giro? Che cosa volete sentirvi dire d’altro su questo libro che non abbia già espresso nella reccy? Guardate, è tutto sintetizzabile benissimo con una battuta di un famoso sketch dei Monty Python.

[Recensione] Il sogno di Talitha – I regni di Nashira vol. 1 di Licia Troisi

Non vi basta? E d’accordo, ma siete dei sadici.

Questo libro è talmente brutto che ti causa dolore fisico. Talmente osceno che in Texas un detenuto nel braccio della morte su tre lo sceglie in luogo dell’iniezione letale. Talmente offensivo che centinaia e centinaia di coniglietti sono caduti in depressione per causa sua.

È stupido, inconsistente, scritto male e pensato peggio, non ha una sola qualità che possa redimerlo e spero che floppi alla grande perché è indegno che una roba del genere sia stata pubblicata da un editore che non sia Il Filo. Ma ovviamente non flopperà, perché Licia Troisi è attorniata da una schiera di bimbeminkia ignoranti che si bevono qualsiasi schifezza la loro beneamina pubblichi. Contente loro…

La parte di me che si intende di scrittura è ancora scossa dalla lettura di questo aborto. Gli ci vorrà un po’ per riprendersi. Viceversa, la parte di me che scrive reccy sta orgasmando da giorni perché ha trovato il romanzo perfetto da massacrare. Eccolo il succo di Il sogno di Talitha: è un romanzo orribile, ma qualcosa di fantastico da prendere per il culo.

Voto finale [Recensione] Il sogno di Talitha – I regni di Nashira vol. 1 di Licia Troisi


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