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Recensione: “Il volo del drago”, Anne McCaffrey.

Creato il 26 gennaio 2015 da Chiara

Recensione: “Il volo del drago”, Anne McCaffrey.Titolo: Il volo del drago (Il ciclo di Pern #1)
Titolo originale: Dragonflight (Pern #1)
Autore: Anne McCaffrey
Editore: Nord
Pagine: 368
Anno: 1968

Giudizio: ★★★★★

Sinossi
Il terzo pianeta di Rubkat era un luogo splendidamente adatto alla vita. Non appena l’uomo lo aveva scoperto si era affrettato a colonizzarlo. La prima spedizione che si era insediata sul pianeta Pern non aveva badato allo strano corpo celeste che descriveva un’orbita attorno ad esso. Ogni duecento anni quel mondo vagante riproponeva la sua minacciosa presenza e fu per questo che i coloni di Pern avevano creato una nuova specie: i Draghi. Essi erano in grado di fronteggiare la minaccia proveniente dallo spazio. Occorrevano però facoltà mentali superiori per allevare e addestrare un Drago, così si sviluppò l’ordine dei Dragonieri che finì per costituire una razza a sé e divenne protagonista di una serie di avventure che si trasformarono in leggenda.

OH-MIO-DIO.
La perfezione in un libro fantasy. La. Perfezione. La maledetta perfezione. La stramaledettissima perfezione emidevodareunacalmata, ok. Un respiro profondo, Chiara, riprendi la piena padronanza di te stessa e cerca di mandare al diavolo quella poca credibilità che ti rimane coraggiosamente appiccicata addosso. Dunque. Il volo del drago, aka lo science-fantasy che mi sono regalata per Natale, non sembrava essere niente di speciale nel momento in cui l’ho preso in mano. La sinossi parla chiaro, ci troviamo su un pianeta sperduto nello spazio che, ogni duecento anni, ne passa cinquanta sotto attacco di una strana spora argentata, che da un piccolo satellite precipita al suolo e si nutre della verdeggiante vegetazione di Pern. I coloni originari, per difendere i propri insediamenti da questa minaccia aliena – i Fili -, hanno allevato e sviluppato al massimo le facoltà di una particolare specie indigena del pianeta; uomini e donne dotati di elevato livello di empatia e di una certa innata facoltà telepatica sono stati addestrati ad utilizzare ed a preservare quegli insoliti animali. I draghi – così chiamati in ricordo della mitica bestia terrestre cui somigliano – hanno infatti due caratteristiche preziose: possono trasferirsi da un luogo all’altro istantaneamente e, dopo aver masticato pietre sature di fosfina, emettono un gas fiammeggiante capace di distruggere i Fili. Questo li rende preziosi e fondamentali nella difesa di Pern e della sua società,  articolatasi in una struttura piuttosto complessa, di stampo semifeudale. Fatta questa doverosa e piuttosto lunga introduzione, nel momento in cui Il volo del drago inizia, la situazione è tutt’altro che rosea: complice un lungo intervallo durante il quale i Fili non sono caduti, l’intero pianeta sembra aver dimenticato la gravità della minaccia imminente e guarda ai Dragonieri, caduti in disgrazia e ridotto all’osso per numero, con non troppo malcelato scontento. Soltanto un uomo, F’lar – cavaliere del drago bronzeo Mnementh – crede ancora nelle antiche leggende. E sarà lui ad essere chiamato, assieme al fratello F’nor e alla sua Dama del Weyr Lessa, a doversi fare carico delle sorti del suo mondo, in un corsa contro il tempo pronta a condurre ad una battaglia che, sfortunatamente, sembra impossibile vincere.

Il drago le fece sapere che aveva fame.
«Ti troveremo subito da mangiare,» le promise decisa Lessa, e si voltò a guardarla, sbalordita. Come poteva essere tanto insensibile? Quel piccolo mostro aveva ferito gravemente due donne, se pure non le aveva uccise. Non riusciva a credere che tutta la sua simpatia si fosse orientata con tale rapidità verso quella bestia. Eppure per lei era la cosa più naturale del mondo desiderare di proteggere quella piccola. Il drago inarcò il collo per fissarla negli occhi. Ramoth ripeté malinconicamente di avere una fame terribile, dopo essere stata chiusa per tanto tempo nell’uovo, senza nutrimento. Lessa si chiese come poteva sapere il nome del drago dorato, e Ramoth le rispose: perché non doveva conoscere il suo nome, dato che era suo e di nessun’altra?

#Funfact about me: ero una grandissima appassionata di giochi di ruolo online, fino a qualche anno fa. Il mio massimo momento di gloria è stato quanto il mio personaggio – di cui non parlerò perché, dopo anni di costruzione, gioco e lavoro su di lei, potrebbe venirne fuori un trattato che non interessa a nessuno – è stato scelto da un Drago che l’ha reclamato come suo compagno. Per tramite del Legame, Failénn e Qohor Mo erano vincolati l’una all’altro, potevano comunicare mentalmente e condividevano le stesse emozioni e sensazioni: ciò che provava uno si rifletteva sull’altra, e viceversa. Nel leggere Il volo del Drago ho ritrovato un po’ lo stesso meccanismo. Drago e Dragoniere si scelgono, al momento della Schiusa, e in seguito ad un istantaneo imprinting – tradotto non si sa bene per qualche motivo con Schema di Apprendimento – diventano un tutt’uno per la vita. E questo, per quel che mi riguarda, è un sogno che diventa realtà. I draghi non sono animaletti da compagnia, ma creature imponenti che custodiscono dietro occhi scintillanti e grandi ali una personalità propria e una dignità che li rende molto superiori agli uomini e alle loro meschinità; sono animali fondamentalmente buoni, che votano l’intera esistenza alla lotta ai Fili e al proprio compagno al punto che, in caso di morte della loro controparte umana, non possono sopravvivergli. È una fortuna che non possiate vedermi in questo momento, perché mi sto letteralmente sbrodolando.

«Io, F’lar, cavaliere di Mnementh, ti rispondo nella mia qualità di Comandante del Weyr. Ho ascoltato le vostre lagnanze. Ora ascoltate gli ordini del Comandante del Weyr.» Aveva abbandonato ogni atteggiamento distratto. Mnementh lanciò un rombo minaccioso, per sottolineare la voce metallica della sua guida che echeggiava attraverso il pianoro, in modo che anche tutto l’esercito potesse udire.
«Voi tornerete alle vostre Fortezze. Poi vi recherete nei granai e tra le mandrie. Raccoglierete una dècima giusta ed equa, e la invierete al Weyr tre giorni dopo il vostro ritorno.»
«Il Comandante del Weyr ordina ai Signori di pagare le dècime?» fece Meron di Nabol, con una risata di derisione. F’lar fece un segnale, e altri due squadroni di dragonieri si portarono ad aleggiare sopra il contingente di Nabol.
«Il Comandante del Weyr ordina ai Signori di pagare le dècime,» confermò F’lar. «E fino al momento in cui le dècime arriveranno, ci dispiace informarvi che le dame di Nabol, Telgar, Fort, Igen, Keroon dovranno restare con noi. E anche le dame di Balan, Gar…»

Non sono giorni tranquilli, quelli che scivolano su Pern. L’imminente passaggio della Stella Rossa rende elettrica l’atmosfera, la relativa tranquillità del lungo intervallo ha reso gli uomini avidi e pigri, arroganti nelle loro Fortezze e nelle loro Corporazioni dove se ne stanno trincerati nella convinzione che non ci sia più bisogno dei Dragonieri. Anne McCaffrey ha saputo rendere alla perfezione, con estrema semplicità e uno stile elegante, tutta l’angoscia, la frustrazione, la rabbia e l’impotenza dei suoi personaggi – meravigliosamente controbilanciati, nel carattere, dai draghi di cui sono i compagni – senza mai appesantire con eccessivo dramma o introspezione i loro pensieri. I personaggi sono puliti, poche parole per descriverli: se fossero disegni, vanterebbero linee eleganti, prive di fronzoli inutili, delineando figure facilmente riconoscibili e ciascuna fortemente caratterizzata da una personalità vivida, reale. Non c’è spazio per i facili eroi dall’armatura scintillante o per le principesse bellissime e di buon carattere. F’lar è un uomo solo, frustrato dalle occasioni perdute, che lotta contro tutto e tutti in nomi delle Tradizioni che suo padre gli ha inculcato in testa, Lessa è una giovane donna arrogante, una sottile calcolatrice che non si fa scrupoli nel calpestare le persone per raggiungere il proprio scopo, è fastidiosa e all’inizio non è facile apprezzare i suoi modi bruschi e il suo essere egoista fino al midollo. Si troveranno uniti da un legame dapprima imposto, poi via via sempre più sincero, in un affiatamento che aumentando pari passo con l’avvicinarsi della minaccia dei Fili e che, infine, culmina proprio con il primo attacco, quando la paura e la necessità tornano ad unire tutta Pern, reclamando soluzioni drastiche e grandi sacrifici.

Il sole si levò.
Dal cielo, come una nebbia sempre più densa, scendevano obliqui attraverso il mare i Fili silenziosi, bellissimi, traditori. Quelle spore che avevano varcato lo spazio erano grigio-argentee; dagli ovali duri e gelati erano spuntati rozzi filamenti, al contatto con il caldo involucro atmosferico di Pern. Del tutto privi di intelligenza, erano stati scagliati dal loro pianeta spoglio in direzione di Pern, in una pioggia terribile che cercava la materia organica per nutrirsi e crescere. Un Filo caduto sul terreno fertile penetrava profondamente propagandosi nel suolo caldo e devastandolo fino a ridurlo un deserto di polvere nera. Il continente meridionale di Pern era già stato inaridito in quel modo. I veri parassiti di Pern erano i Fili.

Ci sono tanti piccoli difetti, in questo romanzo, e forse lo sfrenato entusiasmo che la perfetta gestione della trama mi ha acceso dentro un po’ mi rende sorda al loro richiamo. Ad esempio, molte cose sono date per scontate – tipo i wherry. Cosa sono i wherry? E i wher da guardia? A parte il fatto che hanno le scaglie e sono brutti, io mica ho capito cosa sono e da dove arrivano! – o appena approssimate. Tuttavia non è stato difficile, per me, andare oltre e dare per scontato che questo strano pianeta ha delle caratteristiche che per i suoi abitanti sono quotidiane e assodate, mentre per me non lo saranno mai se continuo a rimuginarci su. Facendo finta di niente, con un pizzico di fantasia, mi sono totalmente immersa nei cieli affollati di Pern, nelle caverne dei Weyr, ho volato sul dorso di un drago e combattuto contro i Fili. E sopra ogni altra cosa ho visceralmente amato questa vicenda, le sue volte, le risoluzioni azzardate e tuttavia perfette che propone, gli incastri che si concatenano con maestra assoluta. Le sue trovate sono, ohmiodio, sono assolutamente geniali. La facilità con cui tutto alla fine torna e i cerchi si chiudono è sbalorditiva, al punto che in più di una occasione sono rimasta senza fiato per lo stupore; per non parlare poi della complessità – perfettamente padroneggiata – di questo universo straordinario.
Pare che abbiano acquistato i diritti di questa saga, e che possa venirne fuori un film in futuro: consideratemi già in fila per acquistare i biglietti. Consigliatissimo agli amanti del genere, decisamente.



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