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Recensione “La metà di niente” di Catherine Dunne

Creato il 16 febbraio 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da Simona Postiglione

“IL MONDO CROLLA, ANNI E ANNI PRECIPITANO TURBINANDO, VITE VENGONO DISTRUTTE. ADESSO ROSE SA CHE TUTTE LE SVENTURE SONO STATE ANNUNCIATE DA QUELLA FRASE. DOBBIAMO PARLARE.”


Cari lettori,
ci sono eventi nella vita che possono minare irrimediabilmente gli equilibri raggiunti, mettendo in discussione un’intera esistenza. Sentirsi dire senza mezzi termini “non ti amo più”, per esempio. Tra le possibili reazioni, c’è quella di fare come se niente fosse, mantenere un tono di voce normale, la solita intonazione, nonostante sia accaduto un fatto eccezionale, ci si senta isolati e non ci sia nessuno con cui poter parlare. Nessuno a cui poter dire che si è stati appena lasciati. La metà di niente è il felice romanzo d’esordio della dublinese Catherine Dunne. Pubblicato nel 1998 dall’editore Guanda e successivamente da TEA, è giunto ormai alla diciassettesima edizione, rivelando al pubblico italiano la scrittrice irlandese.
Recensione “La metà di niente” di Catherine DunneTitolo: La metà di niente
Titolo originale: In the Beginning
Autore: Catherine Dunne
Editore: Guanda
Pagine: 304
Prezzo: 16,50 Euro
Trama: Dublino. Siamo a casa di Rose e Ben. Lei è in cucina, lui sta per uscire, come tutte le mattine. Ma questo è un giorno diverso dagli altri, perché Ben non è diretto in ufficio: sta lasciando Rose e i tre figli, sbattendo la porta in faccia a più di vent’anni di matrimonio. Tornerà? E quando? Dopo una convivenza che fino a ieri credeva felice, Rose si ritrova di punto in bianco scardinata fin nelle più intime fibre. “Non era più la metà di una rispettabile, solida coppia borghese. Era la metà di niente.” Mentre segue un percorso interiore scandito da sentimenti contrastanti nei confronti dell’uomo che credeva di conoscere e da altrettanti dubbi e sensi di colpa, Rose si trova obbligata a far fronte all’emergenza economica immediata, a doversi improvvisare capofamiglia, a inventarsi un mestiere e un nuovo equilibrio famigliare. E grazie al sostegno delle persone che le sono vicine e alle risorse che non sapeva di avere, riesce a riprendere in mano le fila della routine domestica e a ricucire le lacerazioni della propria anima.
RECENSIONE Titolo suggestivo La metà di niente, citato da Veronica Lario nella lettera scritta attraverso le pagine di La Repubblica al marito Silvio Berlusconi in cui chiedeva le pubbliche scuse del marito, reo di aver espresso apprezzamenti pubblici su altre donne. Una lettura piacevole, particolarmente scorrevole grazie all’autenticità di linguaggio dell’autrice. Le pagine scorrono veloci, alternando alla cronaca diretta dell’abbandono e dei suoi penosi strascichi, una serie di flashback in cui vengono ricostruiti gli avvenimenti che hanno segnato il vissuto di Rose. 
«Abbi cura di te, e non dar via il tuo cuore troppo presto.», raccomanda la madre a Rose ma lei lo ha già fatto e quando, al primo appuntamento, la macchina di Ben si ferma davanti alla sua casa lei lo sta aspettando, con la sensazione che sta per morire d’amore. Ben è giovane, ambizioso, sicuro di se stesso, di avere successo e, soprattutto, di volere Rose. Davanti a loro non ci sono ostacoli, solo opportunità da cogliere. L’inizio di una storia d’amore coincide con l’innamoramento, un’ aspetto della vita comune a tutti. Noi ci innamoriamo quando siamo pronti a mutare e costruiamo il nostro mondo e il nostro futuro facendo perno sulla persona amata che viene trasfigurata, perché ciascuno diventa il capo carismatico dell'altro. Il desiderio di affermare se stessi però rimane in ciascuna delle parti e se non si riesce a creare un progetto comune, l’amore è destinato a naufragare. È accaduto anche a Rose e Ben, nonostante abbiano trascorso insieme più di vent’anni. Rose incarna una donna comune, con una vita simile a quella di tante donne: un marito, tre figli e la solita routine. Viene lasciata improvvisamente, una mattina qualunque, con un “non ti amo più” categorico che non ammette repliche. La protagonista accoglie la notizia con estrema calma, non si arrabbia e, da quel momento, affronta il quotidiano quasi come se niente fosse; una reazione istintiva, tesa a proteggere il delicato equilibrio famigliare che vede i suoi figli e se stessa confusi, arrabbiati e fragili. “Piano, piano. Ogni giorno ha la sua pena. Quanto basta per arrivare a sera.” La vita di Rose cambia, apparentemente senza preavviso. Tutto grava su di lei: il dolore, i sensi di colpa, lo smarrimento, il senso di isolamento, la rabbia, il senso di sicurezza da trasmettere ai suoi figli perché non si perdano e i problemi della gestione economica della famiglia. 


Catherine Dunne dipinge un ritratto di donna vero e toccate, a tratti ironico e brioso, e lo fa attraverso una serie di fotogrammi delle situazioni e degli stati d’animo. Rose ha soffocato il suo desiderio di affermazione e ha investito i migliori anni della sua vita cercando di essere una brava moglie, una buona madre e una casalinga perfetta. Più di vent’anni di matrimonio spesi a soddisfare Ben, a cercare di non contraddirlo, non irritarlo e a fare in modo che anche i loro tre figli rientrassero nella forma di rigido controllo del padre. Non ha colto i segnali di qualcosa che “era nell’aria da parecchio”, non perché non fossero evidenti, quanto perché era trincerata dietro la parte che in qualche modo recitava da anni. L'amore però è sempre rivelazione, sempre rischio e uno, cinque, dieci, vent’anni non fanno differenza, non bisognerebbe mai dare l’altro per scontato.
Il personaggio di Rose e i suoi stati d’animo sono chiaramente delineati dall’autrice che descrive una crisi di coppia vista al femminile, mentre il ritratto di Ben si perde dietro l’elenco sistematico di tutto quello che non gli piace: la compagnia e la conversazione con gli estranei, scherzare, i supermercati, la segreteria telefonica in funzione durante l’orario d’ufficio, sentirsi accusare, rammentare qualsiasi genere di colpa, reale o immaginaria che sia. Abbiamo idea di che genere di uomo sia dai racconti di Rose, dalla spontanea antipatia che Martha, la sua migliore amica, nutre da sempre nei riguardi dell’uomo. Lo capiamo dalla scelta di lasciare Rose per un’altra donna senza apparente rimorso, dal disinteresse che mostra per i figli e il disagio creato loro con l’abbandono. Tuttavia, non conoscere il suo punto di vista, i suoi reali stati d’animo, lascia il lettore a metà, arrabbiato quanto Rose per l’impossibilità di comunicare in qualche modo con lui. E’ il ritratto di un uomo preso dalla carriera, intransigente con tutti tranne che con se stesso, egoista, scaltro e manipolatore. Un uomo che vuole tutta l’attenzione per sé e che non ha mai tempo per sua moglie. Il classico elemento da non sposare quindi, ma l’amore, si sa, a volte è cieco!
Ben avrebbe guadagnato qualche punto se si fosse almeno preso cura dei figli ma non dialoga con loro, non li cerca e non contribuisce in alcun modo al loro mantenimento. L’autrice ha voluto lanciare un messaggio, raccontando le difficoltà che Rose incontra in questo senso; una tematica dura che la penna della Dunne affronta senza indugiare mai in inutili compiacimenti. Durante la lettura nasce spontanea la domanda che si pone anche la protagonista: è possibile, in un rapporto, essere allo stesso tempo la Bella Addormentata e la vittima di un pesce di aprile? Rose racconta una realtà che milioni di donne vivono ogni giorno e dimostra che sì, è possibile. Riflettendo, come fa lei, notiamo che in buona parte delle storie di matrimoni o relazioni fallite, gli uomini vengono considerati le vittime passive di femmine rapaci, ma Rose non ci stà! E’ consapevole del ruolo di Ben in quella storia e, lentamente, lascia che dentro di lei avvenga una vera e propria rivoluzione interiore. Tutti i suoi pilastri stanno crollando ma decide che da quell’esperienza imparerà a vivere diversamente: è spaventata e contemporaneamente compiaciuta della bravura con cui riesce ad apparire tanto indifferente, tanto pratica. Non resta lì ad aspettare passivamente il ritorno di Ben e, grazie all’aiuto e al sostegno di amicizie vere, trova un lavoro e un nuovo equilibrio con la sua famiglia.

“La mia dignità giace da qualche parte su una spiaggia di Malaga! La mia dignità è stata calpestata da un uomo stupido, arrogante ed egoista che non si è dato nemmeno la pena di far sapere alla sua famiglia che era vivo! La mia dignità è sta lordata da un uomo che non ha avuto il coraggio di dire la verità nemmeno dopo vent’anni! Ecco dovè la mia dignità!”

La nostra protagonista non si è mai data il tempo di capire che cosa volesse veramente, indipendentemente dagli altri. Alla fine sente davvero la responsabilità di se stessa e dei suoi figli e comprende che l’unico modo di proteggerli è insegnargli che ci sono scelte da fare, e non solo strade da seguire. Rose passa dunque dall’essere “la metà di una rispettabile, solida coppia borghese” al sentirsi “la metà di niente”, sino a rifiorire nelle sembianze di una donna nuova, che si è ricostruita un equilibrio grazie alla capacità che le donne hanno di trarre il meglio dal peggio, sopportando a volte l’insopportabile.
L’AUTRICE
Catherine Dunne é nata nel 1954 a Dublino, dove ancora vive. Ha studiato letteratura inglese e spagnola al Trinity College e ha lavorato come insegnante. Con il suo primo romanzo, La metà di niente, ha riscosso un grande successo, per la scrittura vivida e pungente e la realistica rappresentazione psicologica dei personaggi, in particolare della protagonista. Frutto della fiorente narrativa irlandese, ha però un suo stile ben definito, che avvolge il lettore nella storia e lo porta nel cuore dei personaggi. I suoi romanzi, oltre a quelli citati, sono Il viaggio verso casa, Una vita diversa, L’amore o quasi, seguito di La metà di niente, un intenso romanzo al femminile. Inoltre, Tutto per amore e Donna alla finestra.


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