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Recensione "La strana giornata di Alexandre Dumas" di Rita Charbonnier

Creato il 12 aprile 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Cari lettori,
sono felice di presentarvi la mia recensione del secondo libro di Rita Charbonnier. Dopo aver apprezzato molto la lettura di La sorella di Mozart, e in trepida attesa per l'uscita di Le due vite di Elsa, ho intrapreso con grande entusiasmo e qualche aspettativa la lettura di questo romanzo storico. Dopo poche pagine, potevo già capire che non sarebbe stata delusa la mia speranza di poter godere, anche in questa occasione, di una storia ben narrata e ricca di stimoli, nonché basata su ricerche storiche serie e appassionate insieme. Potete leggere un estratto del libro QUI, dove troverete anche un link per scaricare le prime 30 pagine del libro. Perché la signora Charbonnier, oltre ad essere una brava scrittrice e una donna estremamente piacevole e versatile, è molto generosa e disponibile nei confronti dei lettori di buona volontà.
Recensione strana giornata Alexandre DumasTitolo: La strana giornata di Alexandre Dumas
Autore: Charbonnier Rita
Editore: Piemme
Data di Pubblicazione: 2009
Pagine: 375
Prezzo: € 18,50
Medaglia della Presidenza del Senato - Premio Città di Ostia - Segnalato dalla giuria del Premio Frignano Un'altra donna strappata all'oblio della storiaSalvo Zappulla, La Sicilia, 21 giugno 2009
Trama: Quella sarebbe stata una giornata come tutte le altre per Alexandre Dumas, se non fosse stato per una strana donna sulla settantina che gli aveva proposto di leggergli l’oroscopo per l’anno successivo, il 1844. Dopo i primi convenevoli, infatti, lo scrittore si accorse che quella donna non aveva alcuna intenzione di parlargli di transiti astrali, ma che aveva una storia da raccontare, la propria. Per una volta sarebbe stato lui lo spettatore. Tutto aveva avuto inizio a Modigliana, in Romagna, dove la madre della chiromante, Vincenza, l’aveva data alla luce con molta fatica e l’aveva poi chiamata Maria Stella. In breve tempo, però, Vincenza si era accorta che l’accenno di chioma scarlatta e i piccoli occhi di cielo della neonata non potevano venire né da lei né da Lorenzo, suo marito, entrambi neri come la pece. Quella non era sua figlia. Ma quando aveva provato a parlare dei suoi sospetti, nessuno le aveva creduto, e Vincenza si era vista costretta a frugare in lungo e in largo la casa, e a chiedere ai vicini; era arrivata addirittura a interrogare il signor Conte. La scoperta sull’origine della bambina era stata sconcertante, ma Vincenza si era confidata solo con la piccola Maria Stella che, dopo tanti anni, aveva deciso di mettere Dumas, il grande scrittore, a parte di quello scandalo che avrebbe potuto minare dalle fondamenta l’intero regno di Francia.
RECENSIONEParigi, 1843. La narrazione prende avvio dal dialogo di un uomo, che presto scopriremo essere nientemeno che il grande scrittore Alexandre Dumas, con una misteriosa signora sulla settantina, la quale gli sta illustrando un oroscopo completo, dal segno zodiacale a tutto il piano astrale. Che questa donna sembri competente descrivendo il carattere impetuoso e le capacità poliedriche del noto autore, accennando anche ad eventi che sarebbero avvenuti nel corso della sua vita passata e a quello che lo aspetterà nel prossimo futuro, solo leggendo stelle e pianeti, può essere di per sé sorprendente; ma che dopo poco aver iniziato l’incontro dichiari Sidera non ducunt, sidera non premunt, sed solum signant” – ovvero “Il destino non è scritto negli astri, e non è possibile predire il futuro, poiché la vita è imprevedibile”, ci fa subito comprendere che non ci troviamo di fronte ad una veggente qualsiasi.
“L’astrologo, se è una persona seria, dice all’interlocutore in quale gioco è venuto a trovarsi e quali carte ha in mano; gli ricorda che sarà lui, non altri, a giocare con maggiore o minore avvedutezza, e non si arroga il diritto di vedere nel domani.”
Chi è Maria Stella Petronilla de Joinville? E quali carte le ha piazzato in mano la vita? Lo scopriamo insieme a Dumas. Veniamo catapultati al capezzale della madre di Maria Stella, alle prese con un parto piuttosto lungo e difficile, non certo aiutata dall’approssimativa levatrice. Trovatella allevata dalle suore a Pisa, Vincenza, questo è il suo nome, si è sposata con Lorenzo Chiappini, sbirro di Modigliana, piccolo paesino nell’entroterra di Cesenatico.
Vincenza è una donna di discreta cultura per l’epoca (ama molto leggere) e in questo momento maledice il destino che l’ha portata via dalle suore e l’ha messa in quelle condizioni, squassata dal dolore delle doglie e disperata di uscirne viva. Ma all’improvviso, entrano in scena, mandate da chissà chi, la più brava levatrice della zona e una donna grande e grossa che sembra sapere il fatto suo riguardo l'arte ostetricia. Vincenza viene leggermente sedata e quando si risveglia non ha nessun neonato accanto.
Inizia subito a farsi delle domande. Domande che aumentano quando le portano un fagottino con dentro una bambina (le sembra di ricordare che mentre partoriva le levatrici parlassero di un maschio… O lei era troppo imbambolata per capire bene?) E in più questa bambina non somiglia affatto, né per quanto riguarda i tratti né per i colori, a nessuno dei due genitori. Il senso di straniamento che prova la puerpera nei confronti di Maria Stella, e che sembra confermato dall’atteggiamento della bambina, che da segni palesi di non riconoscerla come madre, non fa altro che aumentare l’ansia e le perplessità nella donna: sentendosi una madre snaturata, ma facendo affidamento sulle sue sensazioni, Vincenza inizia ad indagare e, dopo aver scoperto in casa una somma ingente in oro, e aver capito che il marito le nasconde qualcosa di terribile, riesce a scoprire che ha veramente dato alla luce un maschio che è stato dato ai misteriosi signori di Joinville, nobili in visita presso i più provinciali Borghi Biancoli, che è stato ceduto in sostituzione alla bambina avuta dalla nobildonna, rifiutata dal padre, che aveva voluto approfittare di quella che noi definiremmo con difficoltà “un’occasione”, per garantirsi l’eredità del titolo e dei beni della facoltosa moglie.
Perché in realtà il loro nome nasconde quello ancora più nobile degli Orléans, stirpe di nobili e di re famosi (o famigerati?) le cui vicende sono note a tutti coloro che hanno studiato anche solo un po’ di storia elementare. La vita di Maria Stella inizia così con un inganno nell’inganno, e procede nella tristezza e nella sofferenza di Vincenza che non riesce ad accettare quella figlia “aliena” come sua e nell’incomprensione della bambina per il rigetto della madre, che cerca nei primi anni di attirare e compiacere. Crescendo aumenta in lei il dispetto e la voglia di farsi notare non per l’amore che le porta ma per il desiderio di farle pagare tutto l’amore che la madre le ha fatto mancare.
Nel frattempo i Cecchini si trasferiscono a Firenze, dimora ritenuta più idonea dalla famiglia nobile della ragazza per crescerla istruita di tutto punto. Ma le cose vanno peggiorando mano a mano che Maria Stella cresce e il suo senso di straniamento nei confronti della famiglia, inclusi i fratellini Jacopa e Gaspare, e la brama di essere accettata viene magistralmente dipinta a mio avviso nel seguente passaggio - Maria Stella è sola in casa e, reduce dalla visione di uno spettacolo a teatro la sera prima entra d’istinto in camera della madre:
“Di fronte al letto c’era un grosso armadio dipinto di nero, con uno specchio incastonato nell’anta centrale; la aprii ed estrassi uno dei suoi abiti, che io trovavo meravigliosi; era di stoffa verde lucida, non troppo accollato, e sul lato anteriore la gonna si apriva, per lasciare esposta una sottogonna ornata di graziosi ricamini. […] Tirai via la camicia da notte e presi a mascherarmi da Vincenza di tutto punto, dalla pelle nuda fino all’ultimo strato di stoffa, indossando i suoi abiti e i suoi gioielli… […] Quando mi rimirai nello specchio della toilette, tuttavia, mi accorsi che ero ancora assai lontana dal sembrare una figlia di mia madre. Era forse per via del piccolo neo che lei aveva su una gota? Presi un carboncino e mi disegnai una macchia scura e sbavata, che non produsse alcun effetto significativo. Il vero problema, lo sapevo, erano i capelli: i suoi erano neri come le piume di una cornacchia, con qualche finissima ciocca grigia; e i miei uniformemente e irrimediabilmente rossi. […] Afferrai le forbici e mi tagliai un frangione sulla fronte, poi due cioccone sui lati. La vista dei miei capelli che cadevano a terra non mi fece la minima impressione. Infilai le mani nella cenere del caminetto, me le sporcai ben bene e me le passai su tutta la testa finché il rosso non sparì del tutto. Quando mi guardai allo specchio, vidi con gran sollievo una persona nuova, mi sentii piena di coraggio e giurai a me stessa che da allora in poi avrei vissuto in modo assai diverso; afferrai il carboncino e scrissi in lettere maiuscole sul muro bianco, sopra lo specchio della toilette: Questa sono io!”
Ma il suo tentativo di assimilarsi con Vincenza, sperando in questo modo di essere riconosciuta come parte della donna, finalmente, provoca l’ira di quest'ultima, che la sgrida duramente e la spinge a correre via di casa, sotto la pioggia, dove trova rifugio nel teatro degli Arrischiati, e dove viene in contatto con il magico mondo del teatro e del canto.
E dove conosce Sir Thomas Wynn, nobile inglese che, lei ancora non lo sa, avrà una parte molto importante nella sua vita. Dopo una scena molto commovente in piazza del duomo tra Maria Stella e Vincenza, che decide di permetterle di cantare, la ragazza vive una breve stagione felice, un po’ per coincidenza (la protagonista principale si trova all'improvviso nell'impossibilità di cantare, e a lei viene affidata la sua parte), un po’ grazie al beneplacito dei registi occulti della sua vita, ed ella canta nelle vesti di protagonista di un’opera scritta su libretto di Carlo Goldoni, La Cecchina, ossia La buona figliola, di Niccolò Piccinini, opera che, lei non lo sa ancora, narra vicende di abbandoni e inganni che sembrano rispecchiare quelle che la accompagnano fin dalla nascita, in una sorta di teatro nel teatro di shakespeariana memoria. Ci riporta al Bardo e alle tradizioni popolari anche in qualche modo la strega Beba, che però, a differenza delle tre megere del cosiddetto Dramma Scozzese, sembra più una versione nostrana di un maestro zen oppure (e lo dico in senso positivo, ci tengo a sottolinearlo con doppia linea) una sorta di Yoda, che cerca con poche parole e qualche esempio mirato di far comprendere a Maria Stella che non si può passare la vita a dare la colpa agli altri della nostra sofferenza, se non siamo i primi a disporre di quello che abbiamo, o, per riprendere la similitudine ludica di cui sopra, a giocare bene la nostra partita.
E, come per Nannerl, non si tratta ancora una volta di rassegnazione, ma di plasmare la propria realtà, volta per volta, usando gli strumenti e le opportunità che ci si parano davanti. Dopo aver vissuto drammaticamente il rifiuto da parte dei suoi di mandarla a Vienna con la compagnia teatrale, tali opportunità Maria Stella sembra riuscire a carpirle allontanandosi da casa a seguito della sua fortunata unione con il Lord inglese, che, oltre a donarle benessere fisico e grandi possibilità economice, la rispetta e la sostiene, facendole coltivare la passione per l’astrologia e per qualsiasi altra cosa la gratifichi e le dia gioia. La porta inoltre in giro per le corti europee, e a Vienna incontrerà brevemente nientemeno che Mozart e Victoria Paumgartner, in un breve self-crossover dell’autrice che non potrà non deliziare il lettore. Naturalmente Maria Stella non ha mai smesso di farsi domande sulle sue origini, e Thomas, stanco di quella lunga menzogna, muore di infarto il giorno dopo averle promesso che l’indomani le avrebbe rivelato la verità. Perché lui fin da subito aveva saputo che la fanciulla era di nobile discendenza, e lì per lì questa cosa gli aveva fatto gioco, per poterla sposare senza portare disprezzo alla sua stessa stirpe; ma dopo aver vissuto con lei la nascita di un’affettuosa intesa, sviluppatasi nel tempo in amore profondo, coronato dalla nascita di due bambini, egli stesso comprende il torto che è stato fatto a sua moglie, non solo dalla sua famiglia biologica, ma anche da coloro che l'hanno cresciuta: da Lorenzo, perché più interessato a lucrare sulla questione che al benessere della bambina e di sua moglie; e da Vincenza, perché incapace, e anche impossibilitata dal suo allontanamento dopo il matrimonio, avvenuto neanche a quattordici anni di età, di dimostrarle affetto e attaccamento anche quando, dopo tanti anni, si era finalmente manifestato nel suo cuore. Non sempre infatti ci vengono passate le carte giuste nel momento in cui ne avremmo bisogno, e, anche se la vita è alla fine un gioco senza vincitori, le occasioni che ci capitano per fare briscola non dovrebbero mai essere sprecate nella speranza di veder arrivare delle figure migliori.
Così Maria Stella si ritrova in Russia, sposata al barone Edvard von Ungern-Sternberg dopo pochi anni dalla morte di Thomas, e aver perduto per amara ironia della sorte (e soprattutto a causa dell’astuzia legale dei suoi affini inglesi) la podestà sui figli. Nonostante le premesse, la passione tra di loro brucia in modo spietatamente rapido, e dopo aver assaporato con il primo marito la felicità e l’indipendenza, la consapevolezza di ritrovarsi in una situazione simile se non peggiore a quella che aveva subito con i Chiappini, nella quale viene controllata e limitata in ogni modo, la opprime e le fa passare un periodo di cupa apatia, dalla quale si risveglia in modo brusco a seguito della morte di Lorenzo, che le lascia una lettera dove, senza scendere in troppi dettagli, confessa il misfatto compiuto alla sua nascita. Maria Stella parte subitaneamente con il figlio avuto da Edvard alla volta dell’Italia e della Francia alla ricerca della sua vera famiglia, scontrandosi contro tutti coloro che desiderano mantenere segreta la faccenda, che cercano di comprare il suo silenzio, e soprattutto, naturalmente, colui che già viene comunemente chiamato re Chiappini, ovvero Luigi Filippo I Duca D’Orléans, re dei francesi non per sangue ma a causa del bluff dei suoi genitori. Dopo aver reagito con violenza inaudita di fronte al ritratto della sua vera madre, sentendo salire in lei tutta la rabbia per quello che le era stato secondo lei sottratto alla nascita, Maria Stella si rende conto all’improvviso che crescere con gli Orléans non le avrebbe per forza garantito affetto e sostegno, in quanto non solo i suoi veri genitori si erano separati quando i figli erano piccoli, ma la Francia, dove sarebbe dovuta crescere, aveva dovuto subire in quegli anni l’orrore della Rivoluzione, con tutte le incertezze, i rivolgimenti, il sangue versato.
E che forse non sarebbe neanche stata ancora viva e non avrebbe avuto la possibilità di giocare altre mani fortunate, come le era accaduto, e vivere l’effimera ma liberatoria esperienza del teatro, conoscere Thomas, il grande amore della sua vita, viaggiare per l’Europa e dare vita a tre figli sani e liberi. Maria Stella decide così di andare a trovare Vincenza a Pisa, per un ultimo commovente incontro, e andare a cercare Beba, dove non troverà la vecchia, nel boschetto dove prima c’era la sua capanna, ma la verità su se stessa, che è la verità di ogni essere umano su questa Terra:
“Ho un demone interno che mi trascina in un mondo privo di affetti, e che riproduce in maniera amplificata il mio timore di essere privata della comprensione umana, e della comunicazione con il prossimo. E se questo problema è mio, sono io sola che debbo risolverlo, senza scagliarlo all’esterno incolpando qualcun altro e crogiolandomi nel temporaneo sollievo che questo mi arreca; l’unica cosa sensata che io possa fare è tentare di conviverci!”
La donna si ritira quindi a Parigi, sotto protezione dell’ambasciata inglese, e lì vive gli ultimi anni della sua vita, e dove si spegnerà proprio alla fine del 1843. Fare l’oroscopo ad Alexandre Dumas per la Maria Stella del romanzo è un meraviglioso pretesto per poter raccontare la sua vita a uno degli uomini, a lei contemporanei, che stima di più in città; ed è naturalmente un geniale pretesto della scrittrice per presentarci questo notevole personaggio femminile, realmente esistito, che viene citato in diverse fonti storiche, con ampi riferimenti al baratto dei neonati, e che ci ha lasciato un’autobiografia che lei stessa si impegnò a far stampare, raccontando la sua vita movimentata e ribadendo la crudeltà della scelta dei suoi genitori di sostituirla alla nascita con il figlio dei Chiappini. Non ho avuto l’occasione di leggere il libro di Maria Stella, e non credo, anche se sono una sostenitrice del “mai dire mai”, che avrò mai l’opportunità di farlo. Ma il ritratto romanzato che ne dipinge Rita Charbonnier, con il suo stile sensibile, in grado di descrivere la complessità delle sfumature dell’animo umano senza eccessi e ridondanze, la rende viva davanti ai nostri occhi: ci fa tremare con lei di sdegno quando avvertiamo il suo desiderio, mai abbastanza compreso, di essere amata; ci commuove fino alle lacrime quando Vincenza cerca di comunicarle, più con i gesti che con le parole, quali e quante lotte interiori ha dovuto affrontare disperando di essere per lei una buona madre; e ci fa chiudere il libro con incredibile serenità d’animo, perché avvertiamo che alla fine Maria Stella ha trovato un equilibrio solido nel profondo del cuore, riuscendo finalmente a liberare la sua anima dal peso che le avevano buttato addosso tutti coloro che avevano voluto plasmare la sua vita secondo i loro desideri egoistici, e morire serenamente, come serenamente era morta Vincenza, le cui ultime parole erano state: “Ora lascia, te ne prego, che io cada. Da qualche parte, qualcun altro si alzerà.” E mi piace pensare che Maria Stella si sia alzata, magari anche più di una volta, per brillare, sempre più splendente. E ora attendo che bussi alla mia porta Elsa, per svelare altre meraviglie alla mia anima bramosa di lettrice…
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Recensione strana giornata Alexandre DumasL'AUTRICE:
Nata a Vicenza, ha vissuto a Matera, Mantova, Genova, Trieste, per poi stabilirsi a Roma. Ha fatto studi musicali e ha frequentato la Scuola di Teatro dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa. È stata attrice e cantante in teatro, recitando al fianco di celebri artisti. In seguito si è dedicata alla scrittura e, dopo aver collaborato come giornalista con riviste di spettacolo, ha iniziato a scrivere sceneggiature e infine romanzi. Il primo, La sorella di Mozart (Corbaccio, 2006), ha riscosso un grande successo in Italia e all’estero. QUI il suo interessantissimo blog, mentre il suo sito, completo di utili commentari e rassegne stampe riguardanti le sue opere, è QUESTO.

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