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Recensione La traccia dell’angelo di Stefano Benni

Creato il 12 settembre 2011 da Masedomani @ma_se_domani

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Ammetto che il primo momento e’ stato segnato da una assoluta perplessita’: che cosa ci fa un libro di Stefano Benni nell’elegante copertina con riquadro artistico tipica di Sellerio? E soprattutto, come lo faccio conciliare con la mia folle disposizione in libreria basata su case editrici e collane?

Ne avessi i mezzi e la possibilita’, risolverei brillantemente il problema: posizionerei “La traccia dell’angelo” sotto una teca di vetro, aggiungerei un cartello con la scritta “Rompere in caso di emergenza” e lascerei tutto cosi, in attesa che qualcuno con il sentito bisogno di un libro pensante ci si avvicini e infranga quel millimetro trasparente che lo separa da un bel momento.

Romanzo breve o racconto lungo che sia, troviamo nella storia di Morfeo – prima bambino colpito da una persiana di cento chili, poi adulto segnato da dubbi e disillusioni – molti più spunti di riflessione ed emozione che in molti altri libri di più imponente paginatura. Un paio di facciate dopo averne accarezzato la copertina, e già ero partito alla caccia disperata di una matita, da cui capisci subito che “La traccia degli angeli” sarà uno di quei libri che sottolineerai disperatamente.

E come fai a non evidenziare quando leggi di “(…) Le foto durano sempre più di noi, buffa cosa chiamarle istantanee” oppure “Odiava le medicine, ma le mangiava come pane, diceva che le medicine comandano il mondo. Guariscono e uccidono, sono angeli cattivi, ma più cattivi che angeli. (…). Ce n’erano undici flaconi sul tavolo, una intera squadra di calcio. Ecco la formazione, compresi gli oriundi: Riquarol, Falqui, Simpatol, Cebion, D’Aspirini, Rim, Micorehno, Tavori, Legalon, Codeini, Valium. L’allenatore era una flebo magra e autoritaria”

Qualcuno troverà questo ultimo Benni meno brillante e gioioso dei precedenti, ed è senza alcun dubbio così: in un protagonista come Morfeo, sofferente e doloroso fin dalla descrizione, c’è poco della lucida e spietata ironia che contraddistingue i più celebri romanzi di Benni. Ciò nonostante, o forse proprio per questo, io ne consiglio fortemente la lettura: nella tradizionale sarabanda di personaggi ci si tuffa per una volta con estrema attenzione, una attenzione mantenuta viva da una trama forte ed un ritmo che non scala mai verso le marce più basse. E ci si sorprende a leggere e pensare, scoprendo poco a poco qualcosa in più di noi stessi, e degli angeli che ci circondano. Perchè “Un angelo non c’è sempre. Se no, non è un angelo. La sua prerogativa è che qualche volta arriva e qualche volta ti abbandona. Ecco l’essenza, la traccia dell’angelo.”

Cosa volere di più?

 

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