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[Recensione] Le due chiese di Sebastiano Vassalli

Creato il 13 gennaio 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Le due chiese di Sebastiano Vassalli

Titolo: Le due Chiese
Autore: Sebastiano Vassalli
Editore: Einaudi
Anno: 2010
ISBN: 978-88-06-20288-0
Pagine: VI-316
Prezzo: 20,00 €
Voto:

[Recensione] Le due chiese di Sebastiano Vassalli

 

Trama: Il romanzo narra di un gruppo di amici in partenza per la guerra  del ’15-18. Essi danno l’addio al paese e alle loro montagne erigendo una chiesa, la prima. Da reduci ne innalzeranno una seconda per la grazia ricevuta.

Recensione: Questo è un romanzo insieme storico e corale che racconta un mondo in trasformazione. I personaggi sono nati negli ultimi scampoli dell’Ottocento, un secolo destinato a durare più del suo calendario (si dice fino al 1914), tanto da chiamare breve quello successivo.
Si può ancora ambientare un romanzo corale nell’Ottocento e chiamarlo storico. Nel Novecento è molto più difficile e, chi lo fa, è un poeta che fotografa una realtà poco prima del suo disperdersi, in qualche modo “magica”, come nel caso di Sgorlon.
Dopo, dicevo, la cosa si fa difficile. Si può solo, con l’ausilio della memoria, tornare indietro e ricordare quanto vi fosse prima del punto di non ritorno, quando gli uomini erano uomini e cioè vivi, con l’intelligenza nelle mani e non nei quattrini, e ancora si costruivano chiese.
Il ritorno è drammatico: chi ha perduto una mano, le gambe, la ragione. C’è chi pensa di rimediare seguendo l’onda del progresso, le nuove idee, nondimeno un modo come un altro per aprirsi al peggio, al fascismo, alla seconda guerra: mondiale anch’essa perché distruttrice di mondi o di quanto ancora ne resta.
Non c’è da stupirsi se nel romanzo c’è poco spazio per la seconda guerra mondiale, perché tutto è, ahimè, già compiuto. Si è lasciato alle spalle il punto di non ritorno senza che nessuno se ne sia accorto: quel che resta è il racconto di sentimenti scomparsi, per ritrovare i quali è necessario mettersi da parte, dedicare una vita intera a cantare cose antiche ma vive, nella speranza di vederle rispuntare. In alternativa rimane solo lo sconforto di un pensiero: che l’Italia dell’Ottocento, quella risorgimentale, sia stata inghiottita dal vortice del Novecento, secolo breve solo per il tempo che è servito per strappare l’uomo dalle sue origini, dalle sue radici, in altre parole dalla sua cultura.


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