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Recensione: Lezioni sulla guerra e sulla pace, di Norberto Bobbio

Creato il 26 marzo 2024 da Gliscrittori
Recensione: Lezioni sulla guerra e sulla pace, di Norberto Bobbio

Libri Recensione di Davide Dotto. Lezioni sulla guerra e sulla pace di Norberto Bobbio (Laterza). Una lucida analisi che, al di là delle questioni ideologiche o di parte, rappresenta il banco di prova del genere umano, “vittima e carnefice” di sé stesso.

Nelle Lezioni sulla guerra e sulla pace di Norberto Bobbio, il confronto con il pensiero greco o con i classici è mediato e trasversale. L’approccio è giustificato dal tema strettamente legato, nelle sue implicazioni, alla modernità, in particolare alla nascita degli Stati Nazionali e alla teoria della Sovranità. Si collega direttamente, infatti, al pensiero e alle opere di Thomas Hobbes, Grozio, John Locke, al giusnaturalismo e al positivismo giuridico.

Al di là e al di fuori di ogni questione ideologica, l'interesse principale è rivolto ai conflitti tra gli Stati, alle strategie per evitarli, e al ruolo del “diritto” rispetto a un certo utilizzo della “forza”. L'importanza del tema è evidente.

Nel corso dei secoli è cambiata la concezione della guerra, e ci si è messo il progresso, l’evoluzione tecnologica, la preoccupazione di chi ha cominciato a domandarsi: “Come si è giunti fino a questo punto?” Fino a quando la guerra è stata «un passaggio necessario dello sviluppo umano»?
Nel dibattito che ne consegue, le "lezioni" esaminano da un punto di vista razionale (e formale) le diverse prospettive. 
Da un lato quella di chi abbia o non abbia la titolarità del potere politico: ci si concentra quindi sulla struttura e sulle regole che governano la società, ritenendo dato un certo contenuto normativo senza possibilità di contestazione.
In un simile scenario, Antigone che disobbedisce al decreto di Creonte avrebbe torto e il suo atteggiamento risulterebbe «difficile da comprendere», votata com’è a «una disperata follia di annientamento e distruzione» (così la recente analisi di Eva Cantarella, Contro Antigone, Einaudi).

Dall’altro però un discorso “razionale” significa anche “rinsavire", riflettere sui pro e i contro, tornare sui propri passi.

In quest’ottica, l’incapacità di Creonte di prendere posizione davanti al buon senso di Antigone emerge in modo emblematico.
Si tratta delle condizioni, delle regole (se ci sono, chi le stabilisce?) e dei limiti dell'uso della forza. 
Per esempio: cosa non ha impedito che la Seconda Guerra Mondiale si concludesse con lo sgancio delle bombe su Hiroshima e Nagasaki? A una domanda del genere non si riuscirà mai a rispondere, forse perché si parte da definizioni come se non bastasse vederla, la guerra, per riconoscerla.
Tuttavia una definizione formale («che escluda qualsiasi considerazione teleologica della guerra, cioè una definizione che contenga un riferimento anche allo scopo perseguito dai combattimenti») qualcosa di significativo lo dice.
La guerra è un conflitto violento tra gruppi sociali mediante forze organizzate. Max Weber

Se ciò è vero, non solo la razionalità arretra: il diritto, di cui la guerra rappresenta l'antitesi, fa un passo indietro.

Il diritto stesso si trasforma in forza quando, in determinate circostanze, ha la necessità di imporsi e farsi valere. Insomma: il problema presenta una sua circolarità, perché da qualunque parte lo si guardi, non c'è modo di mettere un punto fermo. Si arriva anzi al paradosso che il diritto e la guerra abbiano lo stesso scopo: mantenere – il primo – o ristabilire – la seconda – la pace (nel senso di ordine).
Ciò che è giusto o sbagliato, etico o non etico, secondo questo ragionamento ipotetico deduttivo o logico formale si basa alla fine su quello che di volta in volta è proibito o comandato e il “buon suddito” vi si conforma. Nell’Antigone di Sofocle, Ismene segue scrupolosamente il decreto di Creonte (il divieto di seppellire il fratello Polinice). Non pensa nemmeno di violarlo, per timore della sanzione. E anzi consiglia ad Antigone di comportarsi allo stesso modo.
Tuttavia, Antigone – ed è questo il punto – si pone su un livello diverso: non tutto ciò che la legge vieta o comanda è necessariamente giusto.

Vi è quindi una “frattura” di per sé insanabile tra una divergenza di vedute e i soggetti interessati.

Perché, alla fine, uno Stato (e chi lo rappresenta) non decide e non può decidere allo stesso modo di un individuo singolo. E il singolo individuo non può mettere in discussione qualunque decisione normativa: si deve presumere che le decisioni di alto livello (politiche e normative) siano state prese a ragion veduta soppesando pro e contro, con la garanzia che esse vengano opportunamente riformate e riformulate con il mutare delle circostanze.

Non viene meno cioè la responsabilità di determinate scelte o nell’aver dato a una norma un certo contenuto.

Non viene meno quella di Creonte nell’aver stabilito un certo decreto, come non viene meno la responsabilità dello Stato che, sul piano internazionale, ponga in essere dati comportamenti perseguendo determinati fini.
Ci sono quindi dei limiti da osservare, sia sul campo normativo sia - soprattutto - nell'impegnarsi in un conflitto. Norberto Bobbio, nel riepilogare nelle sue lezioni le varie posizioni, teorie e scuole di pensiero, ricorda che da parte dei positivisti vi sono almeno quattro limiti della guerra da prendere in considerazione:
limiti rispetto alle persone: la guerra è rivolta contro i militari, non contro le persone;
limiti rispetto alle cose: non tutto ciò che è proprietà del nemico può essere oggetto di violenza bellica, ma soltanto gli obiettivi militari;
limiti rispetto ai mezzi: esiste tutta una serie di norme che disciplinano l'uso di certi mezzi, che sono andate formandosi attraverso i secoli. Norberto Bobbio, Lezioni sulla guerra e sulla pace

Qualcosa ci suggerisce che un po' tutti siano stati violati piuttosto spudoratamente. Le guerre mondiali hanno contato un numero spropositato di vittime civili.

Per i limiti del secondo tipo si comincia (o si deve tornare) a parlare di domicidio. Per quanto riguarda i mezzi impiegati o disponibili (gli ordigni termonucleari) diventa problematico discutere di uno jus belli.
Possiamo allora giungere alla conclusione che la guerra oggi non conosce più assolutamente limiti giuridici, né rispetto alla legittimità, né rispetto alla legalità: questi termini non hanno più alcun valore. Norberto Bobbio, Lezioni sulla guerra e sulla pace
Viene persino il dubbio che terminata una guerra vi possa essere ancora un dopo, quello che l'Oppenheimer di Christopher Nolan non riesce a vedere o ciò che esso possa rappresentare nel proseguo della storia umana.

La "pace" rischia di rappresentare un argomento che non va oltre i termini in cui si trova confinata. Dipende da ciò che presuppone il suo concetto: interruzione (definitiva, temporanea, per quanto tempo?) delle ostilità, o tregua.

Quest'ultima potrebbe protrarsi per decenni, senza che venga del tutto meno lo spettro di una ripresa del conflitto.
Solo per fare un paio di esempi: la pace tra le due guerre mondiali è stata una pausa, tanto che qualcuno ha parlato di una nuova guerra dei trent'anni (1914-1945). Si veda Arno J. Meyr, Il potere dell'Ancien Régime fino alla Prima Guerra Mondiale.
Il periodo di pace in cui si è sviluppata la cultura e il pensiero della Grecia antica – culla di quella europea – lo spiega bene Luciano Canfora nel suo Il mondo di Atene – non è stato altro che un susseguirsi di tregue di questo genere.
La pace è, insomma, un puro fatto contingente e mai una condizione permanente di armonia.
Il pacifismo appartiene alle correnti che vedono al di là della storia come è stata finora. Norberto Bobbio, Lezioni sulla guerra e sulla pace

La storia è fatta di guerre, c'è poco da fare: date, protagonisti, strategie da ricordare. Quelle combattute in Europa nell'evo moderno non sono certo poche.

L'idea kantiana di una pace perpetua è non solo al di fuori di ogni realtà, ma nasconde al suo interno una possibile prospettiva distopica.
La lucida analisi delle Lezioni sulla pace e sulla guerra di Norberto Bobbio ci conduce, alla fine, al cuore di un problema cruciale della storia umana. E lo fa attraverso un intricato labirinto di pensieri, teorie e prospettive che ne richiamano altri. Sono teorie nate prendendo di petto problemi moderni senza confrontarsi direttamente con il pensiero greco anche se lo presuppongono.
Sul piatto vengono messe molte questioni da cui emerge un quadro assai complesso che non contempla mai soluzioni semplici. Le stesse iterazioni umane ne sfuggono spingendo a una continua esplorazione e comprensione di un mondo in movimento.

Ed è proprio questo ciò cui esortano queste lezioni: al di là delle questioni ideologiche o di parte, guerra e pace rappresentano il banco di prova del genere umano, “vittima e carnefice” di sé stesso.

Se ogni tanto qualche voce si leva tra le altre, esprimendo il proprio dissenso, significa che qualcuno prende posizione e rifiuta di adeguarsi “a certi terribili meccanismi” restituendoci un “volto umano” e quindi meno estraneo, meno aggressivo e soprattutto meno anonimo (così si esprime David Grossmann nella raccolta dei suoi interventi Sparare a una colomba).
Questo è il ruolo di Antigone, punto di partenza e conclusione di un simile viaggio. E questo è anche il ruolo di un certo modo di affrontare il problema, in grado di mostrarci quando e perché certe costruzioni al lato pratico non funzionano e non ci si debba mai stancare di cercare, domandare, tornare sui propri passi.

Lezioni sulla guerra e sulla pace

di Norberto Bobbio
Laterza
ISBN 978-8858153543
Cartaceo 19,00€
Ebook 12,99€


Quarta

Subito dopo la crisi di Cuba, che aveva portato il pianeta sull'orlo dell'olocausto nucleare, Norberto Bobbio elaborò le sue lezioni sulla guerra e sulla pace. In questo scritto inedito, il grande filosofo torinese discute le teorie con cui nella storia si è giustificata la guerra o si è cercato di superarla. Un lavoro di grandissima chiarezza e linearità, tornato oggi, purtroppo, di estrema attualità. Nel 1964 Norberto Bobbio decide di dedicare le sue lezioni di filosofia del diritto al tema della guerra e della pace. Un tema – non nuovo nella riflessione dei giuristi e dei politologi ma poco frequentato nei corsi universitari – che a Bobbio pare meritevole di essere trattato, non solo perché adatto a una ricostruzione storica e teorica di ampio respiro ma soprattutto perché reso urgente dal pericolo della guerra atomica, nel pieno della crisi dei missili di Cuba. Il libro espone e discute le varie teorie con cui nella storia si è tentato di giustificare la guerra e le diverse correnti pacifiste che hanno cercato di superarla, di ciascuna mettendo in luce gli argomenti, le incongruenze, i punti di forza e gli elementi di debolezza. Qui Bobbio avanza la sua celebre tesi circa l'impossibilità di giustificare la guerra in un'epoca in cui l'uso di armi così potenti rischia di mettere in questione la stessa sopravvivenza del genere umano. Un testo destinato a diventare imprescindibile rispetto a un dibattito contemporaneo spesso non all'altezza della drammaticità dei tempi che viviamo.


Davide Dotto



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