Magazine Cultura

[Recensione] Nessuno si salva da solo di Margaret Mazzantini

Creato il 20 agosto 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Nessuno si salva da solo di Margaret MazzantiniTitolo: Nessuno si salva da solo
A
utore: Margaret Mazzantini
Editore: Mondadori
Prezzo: 19.00 €
Num. pagine:189
ISBN: 9788804608653
Voto: [Recensione] Nessuno si salva da solo di Margaret Mazzantini

Trama:
Delia e Gaetano non si amano più. Si ritrovano ad una cena che si concedono forse per incolparsi, ferirsi, amarsi ancora un po’. Forse non lo sanno nemmeno loro perché continuano a vedersi, o come sono giunti a quel punto: lei costretta a crescere da sola Cosmo e Nico, figli lacerati e sbandati da questo vortice di rabbia, che non hanno la stabilità, la sicurezza per vivere nel mondo; lui ferito e solo come un cane, che vorrebbe solo non sentirsi fallito come suo padre.

Recensione:
Ero in bagno che mi allacciavo i capelli con un elastico e pensavo al termine giusto per definire una simile trama. Mi è uscita la parola processo. E’ come se per tutto il libro si cercasse un colpevole, solo per trovare un modo per ricominciare, per sbrogliare il bandolo della matassa. Se amate le letture fitte di avvenimenti, dalla trama che non lascia respiro, beh cambiate libro, perché questo è un romanzo altamente empatico/emotivo, basato sulle riflessioni, i drammi interiori, le frustrazioni. I personaggi letteralmente si castigano, si trucidano, si lasciano ferite addosso l’un l’altro altro con manifestazioni di egoismo, come se la loro persona fosse stata troppo repressa dagli sforzi per tenere in piedi quella debole vita coniugale. Quell’equilibrio precario.
I due sono anime sensibili, fragili che inizialmente si attraggono proprio per questo; ma quasi è proprio l’instabilità ciò che li fa scoppiare. Delia è una donna tosta, scheggiata dall’anoressia, con intelligenza pungente, spiccata. Gaetano è un uomo che riserba molte sorprese; col carattere spensierato che col passare del tempo si fa malinconico e irascibile. Erano partiti con l’idea di essere diversi, d’innestare nei bambini che ci sarebbero stati una diversa consapevolezza delle cose, del mondo, e sono finiti col vomitarsi addosso la loro ira, a non capirsi più. Dov’è finita la magia, quell’appartenenza che avrebbe dovuto legarli per sempre?! Non lo sanno… è come se la storia fosse fatta a maglie che si allentano piano e non fanno più presa tra di loro.
La bellezza di queste pagine si basa essenzialmente sul sentire. La Mazzantini ha uno stile incalzante, coinvolgente… e schietto. Ti travolge senza mezzi termini con discorsi di una crudeltà truce, priva di sfumature e di pietà. Si esprime con un’onestà netta, che non importa se ti sega in due o ti lascia segni tangibili sulla pelle. Meglio, così non dimentichi niente.

Ma nessuno sa quanto, solo chi l’ha vissuto sa quanto si sta male. (…) Quando il bambino piccolo piange e quello grande respira soltanto, come un gatto che non deve farsi trovare.
(…) E tu nemmeno li guardi, i tuoi figli, perché semplicemente non li vuoi tra le palle. Perché non vorresti avercele mai portate le tue palle nel mondo.

La narrazione passa così, come un collage di frammenti di cena e flashback di errori; di situazioni in cui nelle cadute si è strappata la pelle e son penetrati i germi. Circostanze sbagliate al momento sbagliato, quelle che una parola in più o una in meno avrebbe cambiato l’intero quadro, quelle che poi rendono troppo tardi tornare indietro o fare qualsiasi altra cosa per recuperare. Si scorrono continue immagini, frame di ricordi. Hai un impatto visivo delle vicende e ciò rende tutto particolarmente confuso e nel contempo lineare.
Ho apprezzato le analisi lucide, cristalline di stati d’animo e sentimenti, la costante sensazione che passassero sotto una lente d’ingrandimento e venissero etichettati al dettaglio.

Non l’aveva mai visto così scosso, stravolto dall’incontinenza di emozioni. Poteva sentire il cuore di Cosmo tremare e battere di felicità. Finalmente il cuore non serviva soltanto per sopravvivere in quelle giornate tutte uguali.

E qui mi ci vuole un piccolo appunto, perché Cosmo è il personaggio che ho amato di più. Vedere questo bambino ancora troppo piccolo, ma già grande per sobbarcarsi le sofferenze di una famiglia distrutta, ti sfregia davvero il cuore. Nico, il minore, non può ancora arrivare a capire questa situazione per via dell’età; ma l’altro, che ha la sfortuna di trovarsi praticamente a metà strada, ha persino l’intelligenza di non prendersela troppo per gli sfoghi di Delia, la dignità di star male sommessamente, senza rompere troppo le scatole a nessuno. Lui ha preso gran parte della madre, sia caratterialmente che fisicamente; fa un po’ brutto a dirlo, ma in quella famiglia si delinea una ben netta divisione dei figli. Al contrario di Nico, giocherellone e portato per gli scherzi come Gaetano, lui ha ereditato il modo dell’altra di percepire le cose; al che questa capacità diventa più un fardello, specie per il padre che lo osserva da fuori.

Ma Cosmo non era destinato a una vita facile. Si prendeva tutto troppo a cuore, e troppo dentro. (…) Forse suo figlio era un bambino omosessuale. Lui non sapeva quando quella cosa cominciava, come una deviazione alla strada più facile. Se cominciava o se semplicemente era già dentro, come una sensibilità, un acconto di dolore.

Inutile dire che l’ho portato dentro, che lo ritengo un piccolo grande eroe. E’ un personaggio al quale pur non essendo vero, auguri lo stesso di trovare una strada per crescere felice e di non fare gli stessi errori di chi l’ha messo al mondo.
Da qui il punto cruciale: i genitori. Gaetano li ritiene i principali responsabili dei suoi fallimenti; se la prende con l’ex moglie in una certa misura, ma sotto sotto sono le sue figure di riferimento che lui non può sopportare. D’altronde nemmeno Delia ha un rapporto così limpido con la madre vedova: è costretta ad abbozzare per andarci d’accordo e la cosa non la soddisfa a pieno. Nemmeno si sente capita, come se la sua sensibilità fosse di troppo in quel rapporto.
E’ proprio questo conflitto con chi li ha messi al mondo a portarci a credere che il problema della dissonanza della coppia parta da prima di loro, dalle fondamenta delle loro vite. Come se fosse un valido alibi prendersela con qualcuno; ma questa, in fin dei conti è una domanda che non è davvero destinata a trovare una risposta, perché piena di tonalità intermedie.
L’intero romanzo può definirsi un mutamento continuo, un’incerta tempesta da cui è impossibile tirar fuori conclusioni nette, lineari. E’ una domanda senza un’effettiva risposta, se non che Nessuno si salva da solo.
Può ritenersi un itinerario nel dolore: è concepito per far male, spostare tutto, ferire senza metter nulla a posto.

Allora le era uscita la frase fetente, da manuale del cazzo che più del cazzo non si può.
-Mi sono sentita violentata
Gae s’era staccato da lei come uno morso da una vipera, terrorizzato, pieno di veleno che ormai è entrato e scende. Le vene blu, il dolore negli occhi. Offeso. Più che offeso, sparato alle spalle. Uno che nemmeno merita di vedere la morte in faccia.

Se n’era andato mezzo nudo, sbattendo contro tutto, come un’ombra senza più un corpo da seguire.

All’incisività, alla forza espressiva, la capacità di tagliare l’anima altrui, dò un cento pienissimo. E’ una continua evocazione di fatti, situazioni. E’ violenza nel senso vero. Senti in faccia i sapori della loro vita, i personaggi ti s’incollano, ti turbano.
La pecca più grande ce l’hanno le battute di coda: non una vera chiusura, non un vero finale aperto, ma solo un incancellabile dubbio. Lo consiglio soprattutto a chi oltre la trama ha bisogno di assaporare, sentire, scottarsi.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :