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Recensione: “Quanto ti ho odiato”, Kody Keplinger.

Creato il 03 agosto 2015 da Chiara

«Bene. Non sei stata per niente collaborativa, sai. Quindi voglio essere sincero con te. Devo riconoscerlo: sei più sveglia e testarda della maggior parte delle ragazze con cui parlo. Ma se sono qui non è solamente per scambiare battute argute». Spostò l’attenzione sulla pista da ballo. «A dire la verità, ho bisogno del tuo aiuto. Sai, le tue amiche sono fiche. E tu, cara, sei la DUFF».
«E che significa?»
«Sta per Designated Ugly Fat Friend, ovvero la tipa bruttina e cicciottella prescelta dal gruppo di amiche», spiegò lui. «Senza offesa, ma sei tu».

Recensione: “Quanto ti ho odiato”, Kody Keplinger.
Titolo: Quanto ti ho odiato
Titolo originale: The DUFF
Autore: Kody Keplinger
Editore: Newton Compton
Pagine: 288
Anno: 2015

Bianca Piper ha diciassette anni, è cinica ma leale e non pensa minimamente di essere la più carina tra le sue amiche. È anche troppo intelligente per cedere al fascino di Wesley, il ragazzo più corteggiato e viscido della sua scuola. Bianca infatti lo detesta. Ma dato che le cose in famiglia non vanno granché bene e Bianca è alla disperata ricerca di una distrazione, un giorno finisce per baciare Wesley. Per scoprire addirittura che le piace. Desiderosa di fuggire dai problemi familiari, finisce per legarsi a lui e farci sesso. Ma Wesley è addirittura più scombinato del previsto e Bianca si ritrova terrorizzata all’idea di essersi innamorata proprio del nemico…

Recensione: “Quanto ti ho odiato”, Kody Keplinger.

Non lasciatevi fuorviare dal film che millantano essere ispirato a questo romanzo, quando prendete in mano questo libro: Quanto ti ho odiato, discutibile traduzione dell’originale The DUFF, non ha niente a che vedere con la versione estesa della puntata di Plain Jane che arriverà a breve sui nostri schermi, l’unica cosa che immagino essere in comune tra la pellicola e la carta sono i nomi dei protagonisti e l’ambientazione – per quanto non ne sono totalmente certa, avendo visto unicamente il trailer. E basta.
Va da sé che lo guarderò ugualmente e mi esibirò in una serie di squittii deliziati perché, mi conoscete, poche cose come un makeover ben riuscito mi fanno sdilinquire dentro, ma ecco, come dire, non è quello che succede nelle pagine di questo libro. Qui si affronta tutt’altra storia, accompagnata da tematiche di una certa rilevanza, narrate con la voce cinica e sarcastica della diciassettenne Bianca Piper che, inconsapevolmente, dal giorno alla notte scopre niente popò di meno di essere l’amica bruttarella, quella che Casey e Jessica si trascinerebbero dietro per sembrare più belle di quanto già non siano. E a rivelarle questa scomodissima, orripilante verità è Wesley Rush, belloccio spaccacuori della scuola, che le rivolge la parola proprio perché, a detta sua, dimostrarsi gentili con la Duff – Designated. Ugly. Fat. Friend – comporta automaticamente un maggior numero di possibilità di finire a letto con le sue amiche belle.
È su questo concetto che l’intera narrazione fa perno, scindendosi tra la normale quotidianità scolastica di una ragazza di diciassette anni che sogna di partire per il college e ha una cotta per un ragazzo troppo carino per notarla e un’altra casalinga scandita dall’assenza perenne di una madre sempre un giro per il paese, destinata ad aggravarsi irrimediabilmente quando, arrivate le fatidiche carte per il divorzio, il padre precipita nuovamente nel tunnel dell’alcolismo, scaraventando Bianca in una situazione troppo grande per poter essere gestita. E come Bianca impara in fretta, a volte, l’aiuto per mettere a tacere quello che ti tormenta puoi trovarlo dove meno te lo aspetti. Complice un compito d’inglese, infatti, stringerà con Wesley una relazione particolare, di sesso e battutine sarcastiche, fino a quando i problemi non finiranno con l’arrivare a stanarla anche in questa bolla di quiete lontana dal mondo, costringendola ad affrontare la realtà e a comprendere che, nel bene o nel male, c’è un po’ di Duff in ognuno di noi.

Prima che avesse il tempo di pronunciare il mio nome, mi avvicinai. Rapide, le mie labbra si attaccarono alle sue. Il vuoto mentale ed emotivo mi investì subito, ma dal punto di vista fisico ero più attenta che mai. A differenza della prima volta, lo sbigottimento di Wesley non durò a lungo e le sue mani in un attimo furono su di me. Affondai le dita tra i suoi capelli soffici e la lingua di Wesley invase la mia bocca divenendo l’ennesima arma in gioco nella nostra guerra privata.

Bianca mi è piaciuta moltissimo. Mi è piaciuto il suo modo di pensare, il suo sarcasmo, il cinismo con cui guarda al mondo che la circonda, le sue convinzioni inusuali in una ragazza tanto giovane, la capacità di dire sempre e comunque quello che pensa senza mai preoccupare di cosa gli altri pensano di lei. Ci vuole coraggio, per essere così fuori dal coro e senza paura, ce ne vuole davvero tanto, e non c’è occasione in cui non dia prova di essere all’altezza della reputazione che il suo personaggio porta con sé. Eppure, per contro, dietro questa facciata di ostentata noncuranza, non è difficile intravedere un’anima fragile, confusa e spaventata, che vorrebbe sistemare tutto quello che non va nella sua vita ma che, proprio perché si tratta di cose che non dipendono da lei, si rende conto di non poterlo fare e si ritrova, di conseguenza, a sperimentare una situazione di corto circuito totale. L’ho trovata molto vera, molto concreta, estremamente credibile. E ho apprezzato moltissimo anche il suo corrispettivo maschile, Wesley, per essersi dimostrato un adolescente con la testa sulle spalle, maturo abbastanza da non fare quella cosa orribile che consiste nel mischiare il sesso con la promessa di sentimenti che non ci sono: accetta quel che Bianca può dargli e le restituisce esattamente ciò di cui lei ha bisogno, senza mai andare oltre le righe, trattandola con un rispetto che potrebbe non esser percepito ma che, di fatto, è sempre presente. Si prendono in giro vicendevolmente, si usano vicendevolmente e nonostante le loro divergenze riescono a costruire un rapporto molto più sano di quel che le premesse potevano suggerire.

«Tu non sei una puttana». Ebbi un flash improvviso di Wesley quell’ultima sera in camera sua, che mi spiegava per filo e per segno chi ero. Mi diceva che il resto del mondo era confuso quanto me. Che non ero una puttana, e che non ero sola. Non conoscevo Vikki così bene. Non sapevo come fosse la sua famiglia, né conoscevo altri dettagli personali al di fuori delle questioni amorose. E mentre me ne stavo in bagno ad ascoltare la sua storia, non potei fare a meno di chiedermi se anche lei stesse scappando da qualcosa. Se per tutto quel tempo l’avessi giudicata, considerandola una sgualdrina, quando forse le nostre vite erano paurosamente simili. Dare a Vikki della puttana era come chiamare qualcuno DUFF. Era offensivo e cattivo, ed era uno di quegli insulti che si alimentavano delle paure nascoste che ogni ragazza aveva di tanto in tanto. Puttana, zoccola, santarellina, oca, gatta morta. Erano tutti uguali. Arrivava un punto in cui sentivi che una di quelle etichette sessiste ti descriveva. Quindi, forse, ogni ragazza si sentiva la DUFF, no?
«Cavolo, è tardi», disse Vikki quando suonò la campanella. «Devo andare».
La guardai mentre afferrava la borsa e i libri dal ripiano, chiedendomi cosa le frullasse in testa. Finalmente aveva compreso le possibili conseguenze delle sue azioni? Delle nostre azioni.
«Ci vediamo, Bianca», disse, avviandosi alla porta.
«Ciao», risposi. Poi, senza volerlo, aggiunsi: «E, Vikki… mi dispiace. Il modo in cui la gente parla di te è proprio schifoso. Ricorda che quello che dicono non ha alcuna importanza». Pensai di nuovo a Wesley e a quanto mi aveva detto in camera sua. «Le persone che ti insultano cercano solo di sentirsi grandi. Anche loro hanno scopato. Non sei l’unica».

Avevo un gran bisogno di una storia così. Non tanto per il lieto fine, ma per la leggerezza di una lettura che tratta argomenti tutt’altro che banali: dall’alcolismo del padre di Bianca alla totale assenza dei genitori di Wesley, passando per le complicatissime dinamiche relazionali del mondo adolescenziale – e, mie amiche più giovani, non illudetevi: anche nel mondo dei venti i rapporti umani sono così inutilmente difficili! -, Quanto ti è odiato regala uno spaccato di vita simpaticissimo e piacevolissimo da leggere. Mi piacciono i libri dove trovo personaggi che si comportano esattamente come dovrebbero, in accordo all’età che hanno, e che mostrano di non essere perfetti, che ne sono addirittura consapevoli. Mi piacciono gli adolescenti insicuri, con problemi veri, scombussolati da quanto li circonda, che sbagliano e non sanno di sbagliare, ma che poi si sforzano di sistemare il macello che hanno inconsapevolmente creato. Mi piacciono questi libri perché parlano di me, delle mie amiche, di cose che potrei potenzialmente conoscere o che effettivamente conosco. In questo caso specifico ho apprezzato moltissimo la relazione tra Bianca e Wesley, l’evoluzione da scopamici a quel caos primordiale che diventa il sesso quando ci si infilano di mezzo dei sentimenti. Mi è piaciuta la loro confusione, la testardaggine e l’ostinazione. Mi sono piaciuti i loro confronti, mi è piaciuto il modo in cui lei ha cercato lui fin tanto che non si è resa conto di essersi trovata immischiata in qualcosa che andava ben al di là del semplice bisogno di silenzio in testa. Leggendo un po’ di recensioni su GoodReads, ho notato che il più delle volte si rimprovera a Bianca l’incoerenza dell’andare a letto con una persona che detesta ma, sinceramente, non mi trovo d’accordo. Bianca non vuole essere amica di Wesley, ci mette un po’ prima di arrivare a confessargli parte dei suoi problemi. È la prima che lo usa, consapevole di quanto sta facendo, perché dai… alzi la mano chi continua a pensare ai suoi problemi mentre sta facendo sesso. Ecco, a queste persone io mi sento di dire che stanno sbagliando qualcosa. Se c’è davvero un momento nella vita – sonno e corsa a parte – in cui si smette totalmente di pensare, si stacca la spina e non si fa niente a parte vivere l’attimo, quel momento è il sesso. Bianca lo sa, lo capisce e ne approfitta perché non ha altro modo per gestire il macello che sta vivendo. Perché a diciassette anni chi di noi saprebbe come gestire una madre egoista e un padre ricaduto nell’alcol? Fa quel che può, come può e con chi può e Wesley, così brutalmente etichettato come puttaniere, in realtà è una persona molto migliore di quel che si crede. Bello, divertente, affascinante: le ragazze gli corrono dietro, lui le accoglie a braccia aperte ma non commette l’imperdonabile leggerezza di far credere loro che cambierà, che diventerà il ragazzo perfetto, che smetterà di fare quel che fa. Usa sempre le dovute precauzioni, si gioca le sue carte in totale onestà: perché biasimarlo?
Non è un libro difficile, Quanto ti ho odiato. Nel complesso è prevedibile, ma così ben sviluppato che si può soprassedere senza fatica, limitandosi a lasciarsi trasportare dal flusso degli eventi, godendosi ogni pagina e ogni parola senza pensare ad altro che al piacere della lettura. Un perfetto libro da spiaggia, con quel qualcosa in più che invita a riflettere sulle insicurezze che tutti abbiamo e nascondiamo, su come le affrontiamo, su come – sotto sotto – siamo tutti (stati) l’adolescente che si sente brutta, fuori luogo e ha paura di non riuscire a farcela. E come lei, come Bianca, come Wesley, tutti quanti ne siamo in un qualche modo venuti fuori.



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