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[Recensione] Quel giorno sulla Luna di Oriana Fallaci

Creato il 27 ottobre 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Quel giorno sulla Luna di Oriana FallaciTitolo: Quel Giorno sulla Luna
Autore: Oriana Fallaci
Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
Pagine: 212
ISBN: 978-88-17-03259-9
Prezzo: 8,50 €

Voto: [Recensione] Quel giorno sulla Luna di Oriana Fallaci

 

Trama: E’ un “reportage”, fatto con gli occhi, con la penna di una scrittrice di classe, che come sempre lascia una firma sottesa in tutto quello che scrive, cuce la realtà con le trame della propria anima.
Si tratta del resoconto dettagliato, e molto di più, di quello che accadde a Cape Kennedy e sulla luna nel fatidico 1969, anno passato alla storia per l’allunaggio di Armstrong, con le conseguenti scoperte scientifiche conseguenti ad esso.

Recensione: Premessa: Io non sono una persona che s’interessa di spazio, non ho mai passato notti insonni a chiedermi perchè mai un pianeta avesse determinati gas,  come si svolga l’addestramento degli astronauti, cosa accade durante il viaggio,  eccetera. Per me è sempre stata irrilevante la controversia Usa/Russia, la loro lotta tecnologica, insomma, non ho mai provato interesse per ciò che gli appassionati dello spazio ritengono di fondamentale importanza. Poi ho cambiato idea e mi sono entusiasmata anch’io, perchè questo libro non è fatto solo di dati tecnici, statistiche e quant’altro. La Fallaci scava, porta sempre in superficie tutto ciò che deve senza risparmiare nulla, senza tralasciare nemmeno le briciole e ti porta ad infervorarti di cose che prima per te non avevano alcun senso. Il saper scrivere a parer mio è proprio questo: saper invogliare tramite le parole qualcuno, a leggere qualcosa, che se fosse stato scritto da altri avrebbe perfettamente ignorato.
Ma ora, senza perdermi troppo in ciance nell’elogiare una scrittrice straordinaria, rientrerò nei binari per parlare del libro.
Scrivere una recensione non è mai semplice, si vorrebbe sempre esser certi di non tralasciare nulla, ma io credo nella spontaneità. Credo che tracciare su carta ciò che è rimasto maggiormente dentro, abbia quasi più senso del tutto. Allora vi dico che io non son rimasta attratta dagli artificiosi, appariscenti discorsoni tecnici su “Il razzo Saturno è così, il LM è cosà”, ma dal “dilemma dell’umanità”: fare l’astronauta rende gli uomini simili alle macchine?! Si può portare un briciolo di anima anche lassù o è necessario perdere l’uomo che si è, diventando macchine perfette una volta saliti su una navicella?! Oriana fa presente questa “robotizzazione dell’astronauta”, presentando i tre dell’impresa, Armostrong, Aldrin e Collins, come uomini puramente tecnici (soprattutto Armstrong, il primo che metterà piede sulla luna), privi di poesia, di alti ideali, di fervore e arte. In questo senso presenta Armstrong come il peggiore:

Chiunque te lo descriverà come <<a cold, calculating guy. Un tipo freddo, calcolatore>>. Il suo modo di pensare e di vivere è rigido quanto un’operazione aritmetica, tutto in lui è calcolato come dentro un computer e fra i cinquantadue astronauti americani è colui che più di ogni altro possiede le virtù del robot. Vale a dire assenza di passioni, ordine e legge, controllo, nessuna fantasia. Se l’umanità del futuro sarà un esercito disciplinato di creature asettiche, cervelli elettronici, Neil Armstrong è già il futuro. Niente lo interessa fuorchè volare, conoscere le macchine che servono a volare. Niente lo seduce fuorchè la tecnica necessaria ad andare sulla Luna, e la Luna stessa per lui non è che uno strumento per applicare quella tecnica.

Devo ammettere che leggere che un uomo possa essere davvero così, mi ha turbata. Non avrei mai pensato che si potesse arrivare a toccare l’infinito, senza avere lo slancio, il guizzo, l’arte dentro. Io personalmente ho pensato che se si deve andare a toccare la Luna e non provare nulla, è quasi meglio passare tutta la vita a sentire quel brivido guardandola dalla Terra.
E’ stato bello notare che, nonostante quasi tutti fossero proiettati verso il progresso, qualcuno metteva in risalto che, il grande salto compiuto dall’umanità non avrebbe risolto i grandi problemi del mondo: il povero avrebbe continuato a morire di fame ai margini delle strade. Il perdente ci avrebbe rimesso la vita per colpa di una guerra voluta da chissà chi, mentre il vincente conquistava Luna, spazio e forse chissà cos’altro.

Gli uomini sono così: inventano la bomba atomica, uccidono con essa centinaia di migliaia di creature, e poi vanno sulla Luna. Nè angeli nè bestie ma angeli e bestie. Io non me ne dimentico neppure quando mi lascio commuovere dall’immensa stella che chiamiamo razzo Saturno. E penso che in questo momento centinaia di creature stanno morendo in Vietnam, e che, nel momento in cui il razzo si staccherà dalla Terra e tutti grideranno al miracolo, almeno una creatura o dieci creature moriranno uccise da una pallottola, da un colpo di mortaio…

E’ una lettura profonda, intrisa di vita, di umanità, di entusiasmo, tutt’altro che meccanico/tecnica, quasi fosse fatta per compensare il mancato fuoco degli astronauti. Ci sono il dubbio, la tensione, anche la paura. Si nasconde strisciante sotto un mancato sorriso, ma c’è, e Oriana non perde occasione di farlo notare, di trovare quel guizzo d’anima negli occhi di eroi così apparentemente perfetti, freddi, vuoti. Non ci fa perdere nemmeno le sfumature, i sentimenti, l’attaccamento alla Terra dei tre, le gelosie. Si, perchè non avrebbe dovuto essere Armstrong il primo a mettere piede sulla Luna: i programmi spaziali cambiano spesso in base agli imprevisti, a chi non viene più scelto per un volo precedente e viene inserito in quello dopo e così via.  Avrebbe dovuto essere Aldrin il primo, invece di toccare il suolo lunare per secondo, e la fallaci sottolinea l’apparente cordialità dimostrata sulla Luna e di come celi dietro ben altro. Rende palese la solitudine di Collins, costretto a restare sulla navicella Columbia da solo ad orbitare intorno alla Luna senza scendere mai. Uomini che seppur imperfetti, seppur meccanici e freddi, conservano ancora in loro qualcosa, un piccolo lampo d’umanità.
Cos’altro aggiungere allora… io negli anni sessanta non c’ero, ma è come se avessi vissuto di luce riflessa la stessa magia del momento, grazie a chi la vita, sapeva scriverla.


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