Magazine Cultura

Recensione: "Una brava ragazza"

Creato il 14 febbraio 2015 da Ilary
Titolo: Una brava ragazza Titolo originale: The good girl Autore: Mary Kubica Editore: Newton Compton Collana: Nuova Narrativa Newton Pagine: 320 Prezzo: 9,90 € cartaceo / 4,99 € e-book
Mia Dennett è figlia di un importante giudice di Chicago, ma ha scelto di condurre una vita semplice, lontana dai quartieri alti e dalla mondanità in cui è cresciuta. Una sera come tante, entra in un bar per incontrare il suo ragazzo ma, all’ennesima buca di lui, Mia si lascia sedurre da un enigmatico sconosciuto dai modi gentili. Colin Thatcher – questo il vero nome del suo affascinante nuovo amico – sembra il tipo ideale con cui concedersi l’avventura di una notte. Peccato che si rivelerà il peggior errore della sua vita: Colin infatti è stato assoldato per rapirla. Ma quando Thatcher, invece di consegnare l’ostaggio, decide di tenere Mia con sé e di nasconderla in un remoto capanno del Minnesota, il piano prende una piega del tutto inaspettata. A Chicago, intanto, la madre di Mia e il detective Gabe Hoffman, incaricato delle indagini, sono disposti a tutto pur di ritrovare la ragazza, ma nessuno può prevedere le conseguenze che un evento tanto traumatico può avere su una famiglia apparentemente perfetta…

RECENSIONE
Eccomi finalmente a parlarvi di Una brava ragazza, libro che mi ha attirata fin dal primo momento che l'ho visto sia per la trama che mi sembrava intrigante sia, lo ammetto, per la cover che sembra evocare qualche misterioso segreto che deve essere taciuto. Una brava ragazza è il romanzo d'esordio di Mary Kubica ed è stato paragonato a Gone Girl o L'amore bugiardo che dir si voglia... e qui mi sono fatta una grassa risata, sul serio, non è neanche lontanamente paragonabile a L'amore bugiardo, non scherziamo per favore. Se avete intenzione di leggerlo perchè pensate di ritrovarvi il nuovo Gone Girl tra le mani, toglietevi questa malsana idea dalla testa e prendetelo per quello che è, ovvero un romanzo gradevole e coinvolgente ma non certo quel "thriller originale" per cui viene spacciato sul sito della casa editrice. Il romanzo narra la storia di Mia Dennett, venticinque anni, artista e insegnante di arte in una scuola per ragazzi difficili, nonchè figlia di un importante giudice di Chicago, che una sera, mentre aspetta in un bar il suo ragazzo che però le ha dato buca, viene avvicinata da un uomo che la intriga con la sua aria misteriosa e seducente. Mia pensa che in fondo non ci sia nulla di male a concedersi un'avventura con quell'affascinante sconosciuto e così accetta di andare a casa sua. Mossa sbagliata, perchè una volta lì l'uomo le punta una pistola alla tempia e la rapisce. Colin Tatcher, questo è il nome dell'uomo, è stato infatti ingaggiato da un mandante perchè rapisca proprio Mia e gliela consegni in cambio di una consistente somma di denaro di cui Colin ha disperatamente bisogno. Solo che a un certo punto Colin cambia idea, decide di tenere Mia con sè e la porta in un capanno sperduto nei boschi del Minnesota... La trama, in realtà è un po' più complessa di come ve l'ho raccontata: è narrata su due piani temporali, il "prima", ovvero i momenti che precedono il rapimento e il periodo di prigionia di Mia, e il "dopo", cioè quando Mia è ormai tornata a casa e soffre di una specie di sindrome da stress post traumatico che le ha provocato un'amnesia su ciò che è successo nei mesi in cui è stata ostaggio di Colin Tatcher. Oltre a questo, abbiamo anche tre diversi punti di vista narrativi, quello di Eve, la madre di Mia, quello di Gabe Hoffman, il detective incaricato all'indagine e quello di Colin. Vi sembrerà forse strano che non ci sia il punto di vista di Mia, e in effetti, all'inizio ha lasciato un po' perplessa anche me, perchè mi sarei aspettata di trovare la storia narrata proprio dalla voce della protagonista; l'autrice, invece, ha scritto un solo capitolo dal punto di vista di Mia, quello finale, nel quale la ragazza svela un segreto che la riguarda. Alternare i tempi e i punti di vista è stato di certo un espediente molto furbo da parte di Mary Kubica perchè in questo modo si attizza la curiosità del lettore e lo si spinge ad andare avanti per capire cosa effettivamente è successo in quei mesi di prigionia, cosa ha provocato il trauma a Mia e se prima o poi la ragazza tornerà a ricordare e potrà aiutare il detective a chiudere il caso. Non è affatto un brutto romanzo, anzi, è stata una lettura che mi ha coinvolta e intrattenuta piacevolmente per un paio di giorni, è un libro che prende e si fa leggere con avidità, grazie anche alla scrittura molto scorrevole dell'autrice, però ha due difetti che mi hanno portato a non esserne completamente soddisfatta. Il primo è l'assoluta prevedibilità dello svolgimento della trama; in parole povere, dopo qualche capitolo, ho subodorato immediatamente come sarebbe proseguito e questa cosa proprio non mi è andata giù. L'evoluzione del rapporto tra Colin e Mia è quanto di più scontato si possa immaginare... sindrome di Stoccolma, vi dice niente? Ecco, non vado oltre, traete voi le vostre conclusioni. Diciamo che l'autrice avrebbe anche potuto essere un po' più fantasiosa e non basta la rivelazione finale inaspettata per dare originalità al romanzo. Inoltre, se siete lettori attenti e smaliziati, da una frase di Mia pronunciata durante un dialogo con Colin indovinerete ancora prima della fine qual è il segreto di Mia, che poi è quello che ha fatto accostare questo romanzo a L'amore bugiardo e se avete letto quest'ultimo capirete subito il motivo di questo paragone. Il secondo difetto che rimprovero a Una brava ragazza è il fatto che i personaggi sono degli stereotipi che più stereotipi non si può. Volete qualche esempio? Mia è la classica figlia ribelle, la pecora nera della famiglia, quella che disprezza il mondo da cui proviene e se ne distacca; il padre di Mia, il giudice Dennett, è il solito padre-padrone che vorrebbe controllare ogni aspetto della vita della figlia e per la quale non nutre affetto nè stima perchè non ha seguito la strada che lui aveva pianificato per lei; la madre di Mia, Eve, la tipica moglie-trofeo, bella e senza spina dorsale; infine Colin, che è diventato un delinquente solo perchè ha avuto una vita difficile ma che in fondo non è cattivo, è solo un povero diavolo sfortunato. Penso che abbiate capito cosa intendo. Non è che siano male caratterizzati, diciamo che da questo punto di vista sono abbastanza soddisfacenti, però Mary Kubica ha fatto l'errore di dipingerli come dei cliché ambulanti. In conclusione, avevo aspettative piuttosto alte su questo romanzo, forse anche per il paragone con L'amore bugiardo che, a lettura ultimata, posso affermare, con decisione, eccessivo visto che Una brava ragazza non ha neanche un briciolo della diabolica e perversa genialità del libro della Flynn, ma sono rimasta leggermente delusa perchè anche se è un libro abbastanza intrigante e tutto sommato godibile, non è riuscito a convincermi pienamente e a regalarmi quel "brivido" e quella suspense che cerco quando leggo un thriller (detto tra parentesi, a me non sembra nemmeno un thriller, ma tant'è, diciamo che se lo è, è molto soft).
Il mio voto:

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :