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Recensione "Violet"

Creato il 22 marzo 2016 da Giuseppe Armellini
Proprio nel giorno in cui il Belgio (e noi con lui) sta piangendo l'ennesima tragedia dell'odio io mi ritrovo per caso a parlare di un film di quelle parti.
Ipnotico, sospeso nel tempo, antinarrativo.
Esteticamente superbo.
Talmente ossessionato dal togliere da risultare difficile capirne il senso.
O vi ci perdete, o no.
Potete vederlo nel canale streaming specializzato in film invisibili e (quasi) introvabili FilmtVOD
Che strano trovarsi ieri sera a vedere un film belga, avere la voglia di parlarne stamattina e poi svegliarsi e vedere quello che è successo a Bruxelles.
Non è la prima volta che mi capitano questi cortocircuiti strani, ci devo riflettere.
Eh, perchè io questo Belgio mai ferito e impaurito come adesso (ma chi non lo è?) stamattina volevo esaltarlo per la sua cinematografia.
E non so se quello che è successo mi blocchi un pò o, al contrario, mi dia ancora più voglia di farlo.
Ma se già la strategia del terrore condiziona la vita non deve condizionare le parole, sarebbe la fine.
E allora eccomi ad esaltare una cinematografia che mi sta regalando perle su perle da anni, da Ben X ad Alabama Monroe, da Mr Nobody a Calvaire (a proposito, mi parlano benissimo anche degli altri Du Weltz). Senza dimenticarci i Dardenne e tanti altri piccoli grandi titoli che potrei stare qui ad elencarvi.
E ora mi ritrovo questo Violet, opera prima (credo) di delicatissima potenza.
E la sensazione che ho vissuto è strana, perchè mi sono trovato davanti un film esteticamente impressionante ma al contempo costruito tutto sulla sottrazione e sulla psicologia.
Di solito quando un film punta molto sull'estetica, come avviene per le grandezze inversamente proporzionali, ha come contraltare il fregarsene un pò meno dell'aspetto psicologico.
E' difficile essere belli e profondi, ne sanno qualcosa le bionde.
E invece Violet è un film ipnotico, che pare in un tempo sospeso (letteralmente lo dico, per come si mostra potrebbero essere passati mesi o, come sembra, appena due giorni), pieno si silenzi, del tutto privo di scene dinamiche, lentissimo.
E però, sempre che questo "però" abbia senso, è anche un film che a questi silenzi e a questo lento incedere vuole dare un vestito bellissimo, quasi lirico direi.
Jesse ha assistito all'omicidio in un centro commerciale di un suo amico, accoltellato (pare).
E niente, Violet racconta dei giorni successivi all'omicidio, della pacata disperazione della famiglia del ragazzo ucciso, dei momenti in cui Jesse sembra, e vorrei vedere, perso in una nuvola di pensieri, e del lento ritorno alla normalità.
Cercate intrecci particolari? Cercate chissà quali accadimenti o svolte? Cercate scene madri in ogni vicolo? Rabbia, disperazione, vendette private, indagini di polizia? girate alla larga
Violet non vi darà niente, niente.
Probabilmente nemmeno tante emozioni.
Le emozioni, semmai, le troverete nelle immagini. Perchè questo è un piccolo trattato di cinema.
L'incipit con quei filmati di telecamere a circuito chiuso (che bello il silenzio) che poi si fanno televisore, che poi si fanno stanza, che poi si fanno Jesse che sta lì, davanti all'amico morente.
O il magnifico primo piano di lui, quello della locandina, sporco di sangue, lavato da mani amorevoli.
O tutte le immagini di loro in bici per quei vicoli. Immagini di ragazzi in bicicletta che comunque non sembrano dinamiche per quanto sono lente. E non lo saranno nemmeno i camera car. In Violet non c'è mai velocità, tutto sembra procedere al rallentatore.
E come non citare quel paese preso di notte con quelle luci, mentre Jesse vede passare (credo) il funerale.
Ecco, in Violet non avrete mai troppe spiegazioni, dovete capirlo da soli che quelli sono i genitori nella tavola mortuaria, che quello è un funerale, che quello è il padre, che quello è la madre, che quello è Jesse andato a casa dell'amico morto e che quello è lui che torna, al tramonto, con la bici dell'amico.
Amico di cui non vedremo mai nessuna immagine, a testimoniare questa assoluta necessità del togliere.
Non c'è una sola scena spiegata, resa esplicita.
Per questo parlavo di film ipnotico. Quasi un'esperienza.
Jesse non sembra del tutto devastato da quello che ha vissuto, porta avanti la sua vita come sempre. Ma è indubbio che è coperto da un velo nero, è indubbio che nella sua mente ci sia un dolore che non andrà più via.
Quando il ragazzino gli fa vedere il cellulare allora sì che ha un gesto di rabbia. Ma durerà poco, il tempo di una gamba ferita.
Jesse, semmai, implode, non esplode mai. Ma ha gente intorno che sa stargli vicino.
Questo non è un film su un dramma annunciato, non è un film denuncia. E' un film che racconta qualcosa, anzi, mostra qualcosa, senza dare mai l'impressione di volerlo caricare quel qualcosa.
E senza voler dimostrare nulla.
Certo, forse esagera persino in questo suo esser nulla e nel modo in cui, questo nulla, lo mostra. Ci sono un paio di estenuanti riprese di interni che sembrano quasi infinite e, francamente, quasi inutili.
Il rischio di esercizio di stile c'è. Ma che stile...
Che bellezza quel bosco e quelle bici che saltano (ah, a proposito, potremmo citare Paranoid Park come film più vicino a Violet per accadimenti e ambientazioni, mettete solo le bmx al posto degli skate. In ogni caso trovo questo film belga superiore).
Gli alberi, il verde, la luce che filtra, l'inquadratura ferma e questi ragazzi che appaiono e scompaiono.
O la scena dei fiori rastrellati sul sangue o quella del fuoco e delle sue scintille.
Ma se ho raggiunto un'estasi visiva l'ho fatto nella scena della discoteca. Una carrellata avanti lentissima fatta al buio del locale. La musica a palla, i flash delle luci, e ti ritrovi dal tetto al viso di Jesse senza manco che te ne sei accorto. Quel viso perso su qualcosa, altrove.
Ecco, se proprio devo fare un (altro) appunto non ho proprio capito l'inserimento di alcune immagini amatoriali, sfocate, distorte, piene di filtri, che fanno da contrappunto alla (non) narrazione.
Qualcosa che avevo trovato, con molto maggior impatto, in un film al quale sono molto legato, Tarnation.
Ci sarà finalmente un pianto, sempre sommesso, sempre nascosto.
E un'inquadratura che fluttua in un quartiere, ennesima perla tecnica di un film che finisce la sua corsa in un fumo, in una nebbia, che tutto nasconde.
O se non tutto, quel poco che ci aveva mostrato.
(voto 7.5/8)

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