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Recensione: Vizio di forma

Creato il 02 marzo 2015 da Mattiabertaina

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Genere: Thriller

Regia:  Paul Thomas Anderson

Cast: Joaquin Phoenix, Katherine Waterston, Eric Roberts, Josh Brolin, Benicio Del Toro, Reese Witherspoon

Durata: 148 min.

Distribuzione: Warner Bros.

 

Vi ricordate il mito degli anni ’60? La nascita del movimento hippie, le contestazioni politiche nei confronti delle libertà individuali e dell’intervento in Vietnam da parte degli Stati Uniti, sono tra gli elementi che più hanno contraddistinto quel decennio pieno di speranze e di cambiamento. Con gli anni successivi, tutto improvvisamente cambia. Il velo che copriva l’ipocrisia di alcuni movimenti nati in quel periodo è stato sostituito da una veste meno fittizia. Qui entra in gioco la realtà rappresentata dal film di Paul Thomas Anderson Vizio di forma, mostrando l’illusione di un mondo mutato grazie alle lotte perpetue di una parte del popolo. Il protagonista di questa vicenda, tratto dall’omonimo libro di Thomas Pynchon, è Doc Sportello (Joaquin Phoenix), un investigatore privato dal passato rivoluzionario. La sua vita apparentemente priva di emozioni grazie all’uso ricorrente di droga, viene scossa dal ritorno della sua ex fidanzata Shasta Fay, che gli chiede di investigare su un caso che riguarda l’amante della donna, un imprenditore dal nome Mickey Wolfmann. Ben presto le cose non andranno come lui pensava, (o almeno credeva). Non solo la complessità di questa vicenda era difficile da gestire da un solo uomo (perlopiù strafatto dalla mattina alla sera); i problemi si aggravano con l’entrata in scena della Omicidi, rappresentato da Bigfoot Bjornsen (Josh Brolin) che accuseranno Doc di essere complice dell’assassinio di un giovane appartenente al movimento della fratellanza Ariana.

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Già citando alcune parti inerenti alla trama del film, si comprende come la storia messa in scena dal regista possieda una complessità di fondo davvero notevole. Tutta la narrazione è collegata da un filo invisibile, impercettibile all’uomo. Il caos domina la scena trascinando il personaggio in luoghi incredibili, da un alloggio di prostitute lesbiche, passando per un azienda di dentisti professionisti. Il tutto è condito dalla presenza di personaggi alquanto insoliti all’occhio del pubblico odierno, dai bikers nazisti agli agenti dell’FBI mostrati in modo ottuso, privi di intelligenza. L’amore per la donna, o meglio il “vizio intrinseco” che avvolge il protagonista, lo porta tuttavia a accettare questa condizione, girovagando per le strade di Los Angeles non solo in cerca della verità, ma cercando di riottenere l’amore della giovane Shasha, che diviene in questo modo la sua musa per tutta la durata del film. Qui l’interpretazione di Joaquin Phoenix è stata a dir poco sublime, denotando come lui sia davvero capace di entrare nel cuore del protagonista, mostrandone ogni aspetto con grande espressività e intensità. La pecca di questo film è stata tuttavia la durata (a dir poco eccessiva). Due ore e mezza di girato avrebbero avuto senso se fossero accompagnate da delle inquadrature dinamiche, in grado di alleggerire la visione, ma non si può certo cambiare lo stile di Anderson, composto da campi lunghi e riprese molto statiche, già notate ne Il Petroliere e in The MasterVizio di forma nel complesso è un buon prodotto, che coinvolge grazie a personaggi fuori dal comune e a intuizioni davvero geniali, (come il richiamo all’Ultima Cena) anche se nella seconda parte, purtroppo, si spegne, perdendo notevolmente la vivacità che nella prima riusciva a garantire.

Voto: 3 su 5

Trailer


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