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[Recensione] Warm Bodies di Isaac Marion

Creato il 13 febbraio 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Warm Bodies di Isaac MarionTitolo originale: Warm Bodies
Autore: Isaac Marion
Editore: Fazi
Genere: Paranormal Romance
ISBN: 9788876251221
Anno: 2011
Pagine: 269
Prezzo: 14,50€

Salve, scrittevoli lettori, oggi parliamo di zombie, e lo facciamo collegandoci a questo articolo.

Gli zombie sono fighi. Sono morti eppure in possesso del basilare istinto di cibarsi di carne viva, non possono essere fermati a meno di non distruggere loro il cervello e sono anche abbastanza disgustosi. Puzzano di decomposizione, possono emettere solo dei suoni gutturali, non sono in grado di formulare ragionamenti che vadano al di là di “BRAAAAAAINS” e via dicendo.

Per questo, a differenza di vampiri, demoni e angeli decaduti, non sono mai stati considerati un target della narrativa paranormal romance. Sono disgustosi e alle ragazzine di dodici anni non piace la roba disgustosa. Almeno così dicono.

Da fan dell’horror in generale e degli zombie in particolare, non posso che esserne grato.

Poi, un giorno, ho visto questa foto:

[Recensione] Warm Bodies di Isaac Marion

Il mio primo pensiero è stato: ehi, Tony Stonem, come mai fai l’extra in un film sugli zombie? Ma è bastato guardare la pagina di IMDb dalla quale la foto proveniva per scoprire che la spiegazione era un’altra.

[Recensione] Warm Bodies di Isaac Marion

Quando uno zombie si innamora della ragazza di una delle sue vittime, la loro relazione mette in moto una sequenza di eventi che potrebbe cambiare il destino di un mondo senza vita. No, non vi sto prendendo per il culo.

Warm Bodies è Twilight con gli zombie. Non è uno scherzo, lo hanno fatto per davvero. Ma non è tutto, come il suo predecessore made in Meyer, anche Warm Bodies è basato su un libro. E visto che il mio lavoro qui è leggere libri trash, potevo esimermi dalla lettura di questa nuova frontiera del paranormal romance? Certo che no. Ed è un buon libro? Ma secondo voi…?

Zombie in Love

Leviamo subito ogni dubbio. È meglio di Twilight. La scrittura è più fluida, i personaggi sono un attimino più caratterizzati (anche se lei a tratti è un po’ un’ameba) e, quando il protagonista si perde in infiniti monologhi interiori, il lettore non è preso dalla voglia di strapparsi le palle a morsi. Ciò detto, il libro non è comunque buono.

La storia è narrata dal punto di vista di R, uno zombie senziente. Nel romanzo tutti gli zombie possiedono qualche livello di senzietà, tanto che hanno una specie di gerarchia sociale, delle forme di istituzioni come il matrimonio e perfino un retaggio culturale che si esplicita nella forma di riti simil-religiosi.

Ok, quello era il sociologo che abita nel mio cervello. In parole povere, gli zombie in questo libro non sono scemi, possono comunicare tra loro e anche ragionare. Non è di certo una figura aderente al topos, ma, ehi, anche nei film di Lucio Fulci gli zombie preferivano attaccare la gnocca di turno con un machete anziché mangiarla, e i film di Lucio Fulci (per altro, citato nella cover italiana del romanzo) sono canon.

Un giorno, R e i suoi compagnucci zombie che vivono all’aeroporto decidono di andare verso la città a procacciarsi del cibo. Lì si imbattono in una pattuglia di umani (che ormai vivono asserragliati in un enorme Stadio) e fanno quello che gli zombie sanno fare meglio, cioè gnam gnam. R mangia il cervello di un ragazzo e ne assorbe i ricordi con particolare vividezza. Scopre così che Julie, una delle viventi che sta per essere divorata, è la fidanzata di Perry, il ragazzo con cui ha appena banchettato, e decide così di portarla con sé e proteggerla.

Da qui il romanzo prosegue per due strade parallele. Una è la storia di R, della sua relazione con Julie e di come, dall’essere un semplice morto vivente, si stia pian piano trasformando in qualcosa di nuovo, mentre l’altra è la storia di Perry, il ragazzo più emo che ci sia, che coltiva il sogno di diventare – indovina un po’ – uno scrittore, ma è costretto a rassegnarsi a quello che il mondo post apocalisse zombie gli riserva.

Ma il lieto fine è dietro l'angolo...

Il problema principale di Warm Bodies è, a mio avviso, che non sa che genere di libro vuole essere. Qualcosa per giovani lettrici? Gli zombie fanno schifo. Un survival horror con scene splatter? Troppi wall of text metafisici.

Per i primi capitoli, infatti, R è un tipo arguto. Cavolo, il romanzo si apre con queste parole:

Sono morto, ma non è poi così male.

E prosegue con quella che è destinata a diventare una delle mie analogie preferite di sempre:

Ci avviciniamo a un palazzo fatiscente e iniziamo a sentire odore di Vivi. Un odore che non è quello di sudore e pelle, ma l’effervescenza di energia vitale, come una forte essenza ionizzata di fulmini e lavanda. Non lo sentiamo col naso. Ci colpisce molto più in fondo, vicino al cervello, come il wasabi.

E questo è lo stesso scrittore che, cento pagine più avanti, infarcisce la storia con sermoni filosofici del tipo:

Nei momenti migliori avevamo ceduto alla paura; come avremmo potuto affrontare i peggiori? Così costruimmo mura più alte e ci riversammo al loro interno. Continuammo a farlo fino a che non fummo i più grandi e i più forti, eleggemmo i generali più valorosi e reperimmo più armi possibile, pensando che quel massimalismo ci avrebbe dato la felicità. Ma era impossibile che qualcosa di così semplice potesse funzionare.

ZZzzzzZZzzzzzZZZZzzzzzzZZzzz… Eh? Oh, scusate.

Insomma, il peggior difetto di questo libro è che non è coerente nemmeno con sé stesso, non sa che cosa vuole essere e nemmeno come diventarlo. Per lo meno la Meyer è partita lagnosa e ha finito lagnosa, quella sì che è costanza!

In conclusione

Warm Bodies non è Twilight, ma è comunque un libro per lo meno stupido. Non per inettitudine dell’autore, va precisato, ma perché sembra sforzarsi troppo nel voler essere qualcosa di più di uno dei tanti altri paranormal romance.

Così partiamo con un tono un po’ più leggero condito con qualche scena splatter per poi finire a leggere riflessioni sul senso dell’esistenza, sull’umanità che distrugge sé stessa e sulla vita che, nonostante tutto, va avanti perché è più forte di ogni cosa. Sono temi importanti, certo, ma mi riesce difficile prenderli sul serio.

Perché? Perché sto leggendo la versione zombie di Twilight, ecco perché!

Non è possibile pretendere di essere presi sul serio quando la trama principale del tuo romanzo parla di uno zombie innamorato di un’umana perché ha mangiato il cervello del suo ragazzo assorbendone i ricordi. È semplicemente… stupido.

L’idea dello zombie senziente non è male – non è inedita, ma è poco usata, e quello di Marion è il primo romanzo che ho l’occasione di leggere in proposito – e la storia d’amore sarebbe stata anche credibile se tutto il resto non fosse stato terribilmente stupido: Julie viene salvata da R e nascosta in un aereo nell’aeroporto dove vivono gli zombie e per una settimana rimane lì a far niente, senza nemmeno tentare di scappare; l’amica di Julie, Nora, accetta senza battere ciglio che Julie sia l’amyketta di uno zombie; per tutto il romanzo R tiene nascosto a Julie che è stato lui ad uccidere il suo ragazzo, uno pensa: oh, sarà sicuramente il build up per qualcosa di eccezionale, e invece Julie lo scopre e la sua unica reazione è “ok, ti perdono”…

Insomma, nonostante Isaac Marion secondo me ci ha tentato e parecchio, non sarà Warm Bodies a sdoganare il paranormal romance dal ghetto della letteratura per bimbeminkia decerebrate.

E, per favore, lasciate stare gli zombie.

Voto finale [Recensione] Warm Bodies di Isaac Marion


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COMMENTI (1)

Da PainFaktor
Inviato il 22 marzo a 15:51
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se paragoni Warm Bodies a quello sterco che è Twilight...forse non hai capito lo spirito della storia. Poi ci son rimasto male pure io quando ho visto le foto del film...che non c'entrerà niente col libro. Poco ma sicuro.