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Recensioni Spicciole Netflix DOC: Web Junkie

Creato il 24 gennaio 2016 da Flavio Naspetti @flavionaspetti
Recensioni Spicciole Netflix DOC: Web Junkie
Oggi inauguro una nuova "rubrica".
Sto apprezzando molto la presenza di documentari su Netflix ed pensato di raccontarvi quelli che vedo, perchè sono tutti molto interessanti, ma potrebbero venir snobbati per una certa lentezza di narrazione.
In questo modo, potete farvi un'idea del contenuto ed essere più invogliati alla visione.
Inizio parlandovi di Web Junkie, film-documentario del 2013 diretto da Hilla Medalia e Shosh Shlam.
Il governo cinese è il primo al mondo ad aver ufficialmente dichiarato la dipendenza da internet come una vera malattia, ed ha questo scopo ha introdotto terapie per correggere queste persone.
Entriamo con le telecamere all'interno di una struttura collocata nella periferia di Pechino, un'ospedale militare in cui vengono portati i ragazzi... in tutti i sensi, visto che molti di loro vengono persino prelevati dai loro letti, con la complicità dei genitori.
Non c'è un narratore che ci accompagna e ci spiega, veniamo letteralmente buttati li dentro (proprio come loro stessi) ed osserviamo da vicino un pezzo di quotidianità.
Le prime scene sono molto potenti: vediamo un militare che apre una porta a sbarre, facendoci sospettare di essere in una prigione, e da un'inquadratura esterna osserviamo un ragazzo ad un finestra sbarrata piangere mentre osserva fuori.
L'adolescente in lacrime dice: "Ho usato internet... mi hanno detto che avrei parlato con un dottore, ed invece mi hanno lasciato qui!"
Pensi immediatamente a qualcosa di terribilmente ingiusto e disumano.
Ho provato sensazioni contrastanti durante la visione del film: da principio, ho provato perplessità per metodi tanto drastici e forse sbilanciati rispetto ad un problema relativamente grave un po' sovradimensionato.
Poi, ascoltando di decine di ore giornaliere passate davanti al pc, rifiutandosi di andare a scuola e persino trascurando la propria igiene personale, il mio senso di compassione iniziò a scomparire.
Molti di loro dicono che "le direttive del governo sono sbagliate, le regole sono troppo severe", ma sentire un ragazzo affermare che "la realtà fa schifo" o peggio ancora "la realtà è finta", mi ha decisamente inquietato.
Iniziai a rendermi conto di osservare delle persone sofferenti da una vera dipendenza patologica, al pari dell'alcool o del gioco d'azzardo, che non riescono ad ammettere di esserne schiavi e trovano ingiuste ed eccessive le preoccupazioni delle persone che hanno attorno, ma si infuriano se viene tolta la loro "dose".
Ma cosa sta succedendo? Veramente viviamo in un mondo in cui la tecnologia si è impadronita completamente del nostro cervello, dei nostri cuori e infine delle nostre vite? Davvero nello scaffale della mia camera si nasconde qualcosa di così alienante e pericoloso?
La terapia tuttavia non si basa solamente sull'isolamento e sul recupero dei soli ragazzi, ma anzi viene iniziato un percorso parallelo con i genitori, ed in questa fase il quadro si allarga e si comprendono meglio alcune cose: scopriamo di padri che ammettono di picchiare il proprio figlio disubbidiente per correggerlo, famiglie che pretendono buoni voti a scuola convinti che sia quella la vera cosa importante nella vita.
Ma non si accorge nessuno del fatto che nessuno chiede a questi ragazzi quali sono i loro reali bisogni.
Sento un ragazzo dire "i miei amici online mi capiscono, sono persone vere, dall'altra parte, ed ascoltano i miei problemi". Non fa una grinza.
Ed allora chi è il cattivo? Sono davvero i videogiochi il problema?
O forse c'è una mancanza di fondo talmente forte che un videogioco è in grado di colmare? Un disagio comune che spinge un giovane a rifugiarsi in un mondo fittizio?
Il professor Tao Ran, specialista in dipendenze e direttore del centro, capisce che questi ragazzi non hanno stimoli nel mondo reale.
Nella vita reale non sei un vincitore, non compi imprese memorabili e non visiti posti impensabili. E tutte queste soddisfazioni puoi ottenerle con pochissimo sforzo da un videogioco.
Soddisfazioni effimere, certo, ma lo sono e possono essere molto potenti.
L'unico sistema possibile è recuperare la fiducia nel mondo reale, ed il loro primo contatto è la loro famiglia. Sono scappati dalle loro famiglie che non li hanno ascoltati, e il primo passo è scoprire quanto bene c'è tra le loro mura di casa.
Alla fine della storia, qualcuno riesce prima degli altri, ma piano piano ce la faranno tutti, con i giusti tempi ed il giusto sostegno.
Vi consiglio fortemente questo film-doc, non tanto per il tema di internet e dei videogames, ma per farvi pensare che siamo in una società che ha delle fragilità e che a volte certi prodotti, che pensiamo siano dannosi, hanno l'unica colpa di averle portate a galla.

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