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Regression (di Alejandro Amenábar, 2015)

Creato il 09 marzo 2016 da Frank_romantico @Combinazione_C
Regression (di Alejandro Amenábar, 2015)
Per la serie "film bistrattati un po' da chiunque", pure dal paninaro sotto casa che di thriller ne ha visti quattro, ecco che anche io finalmente sono riuscito a guardare Regression, film del 2015 diretto dal cileno Alejandro Amenábar, quello di Apri gli Occhi e The Others (per capirci). Un film che i più hanno definito mediocre, privo di mordente, fiacco. E che invece io ho trovato interessantissimo, se non per il thriller in se, per le riflessioni che si porta appresso e per alcune trovate visive costruite con la suspance, senza l'utilizzo di effetti speciali, tagliate con l'accetta.
Siamo nell'America rurale degli anni '90, in cui imperversa lo spauracchio delle sette sataniche e dei culti sacrificali, dei riti orgiastici, dei crimini a sfondo religioso. In questa America si muove il detective Bruce Kenner, alle prese con un caso di abusi: il meccanico John Gray si autoaccusa per le violenze perpetuate ai danni di sua figlia Angela, nonostante ammetta di non ricordarsi nulla. Attraverso la tecnica della "regressione ipnotica", il dipartimento della polizia locale arriva alla conclusione che tutto sia opera di una setta satanica.
Regression è un film totalmente basato sul "dubbio". Il dubbio che tutto quello che i personaggi dicono, pensano, vedono, sia vero, il dubbio che le cose precipiteranno all'improvviso oppure no, il dubbio che la provincia americana è tutta piena di segrete, che chiunque ne abbia, un po' in stile Twin Peaks che è il telefilm per antonomasia degli anni '90. E in quegli anni ci immergiamo, per forza di cose: l'ambientazione è quella giusta, la tecnologia anche, la psicologia pure e infatti dopo gli anni '90 la regressione ipnotica è stata screditata, una tecnica che non apre la strada verso le memorie rimosse ma che permette alla mente umana di fare quel che sa fare meglio: costruirsi le proprie verità. Ma all'epoca non lo sapevano, da qui il "dubbio" di cui ho detto all'inizio. Ed il dubbio non fa bene quando si tratta di crimini, polizia, processi, poiché quando vieni arrestato e dichiarato colpevole, lo devi essere al di là di ogni ragionevole... dubbio!
Regression (di Alejandro Amenábar, 2015)
Il film, che di base è questo, ovvero un enorme indagine dentro se stessi piuttosto che accumulo di indizi e tracce da seguire, si muove alla perfezione in un territorio come quello di cui sopra, lasciando un detective tutto lavoro e abnegazione alle prese con il proprio lato oscuro, con le proprie paure e il terrore che tutto quello che sta scoprendo, che i personaggi raccontano durante la regressione, sia vero. Perché Bruce ha paura e dalla sua paura scaturisce l'ansia dello spettatore. Tutto il resto, la detective story in se, il meccanismo a sorpresa che porta al colpo di scena finale, è trucco e parrucco. Ce lo fa capire il regista stesso, questo Amenabar che sembra voglia riportare tutto al suo passato glorioso ma che quel passato glorioso lo prende in giro. Perché è inutile voler pensare il contrario: lui ce lo mostra chiaro e tondo come stanno le cose, ci fa capire il meccanismo del suo film più o meno verso la metà della pellicola, con una scena che non lascia spazio all'interpretazione. Perché per costruire il dubbio bisogna partire dalla verità: se le cose stanno in una data maniera, perché poi alcune cose ci fanno pensare che stiano diversamente?
Regression (di Alejandro Amenábar, 2015)
Alla fin fine Regression, come spiega il titolo stesso, non vuole parlare di satanismo, sette e quant'altro. Non vuole essere un horror ma una riflessione sulla mente umana, che in questo caso è la mente del detective Kenner, della sua capacità di adattamento, dei suoi limiti e della sua grande potenza. Della capacità di convincimento e coinvolgimento che certe menti hanno sulle altre e di come sia facile, per noi "umani", perdere il bandolo della matassa e farci persuadere. Solo visto in quest'ottica, secondo me, Regression può acquisire valore e non perderlo. Dal punto di vista poi puramente tecnico, c'è poco da recriminare: la regia è perfetta e gli attori sono in parte, Ethan Hawke sembra essere diventato bravo con l'età anche se gigioneggia un po' troppo e Emma Watson continua a fare del suo sex appeal un'arma, dell'ambiguità una forza, soprattutto se la fai diavolo e poi la mascheri da angelo. 
Ma alla fine, com'è questo film? A me è piaciuto ma non sono ancora convinto che tutte le critiche che ha ricevuto siano infondate. Come al solito, dipende dal punto di vista con cui lo guardi e dalla mente umana. La mia si è lasciata persuadere.
Regression (di Alejandro Amenábar, 2015)

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