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Reigi: tra forma e sostanza

Da Stefano Bresciani @senseistefano
Data: 17 novembre 2012  Autore: Simone Lorenzi

Reigi: tra forma e sostanzaPer un artista marziale, l’etichetta, il reigi dovrebbe essere un concetto fondamentale in quanto espressione della cortesia, del rispetto e della sincerità. Ma quanti praticanti eseguono il saluto solo perché è una regola imposta dal Sensei, vedendolo solo come noiosa burocrazia, un’inutile perdita di tempo che si potrebbe dedicare a “menar le mani”? Quanti invece conoscono il significato profondo dell’etichetta di un dojo e la vedono come un momento di riflessione?

Io prima di praticare Aikido rientravo nel primo gruppo; io non avevo la minima idea del perché si facesse “zarei”, mi era stato detto di fare così e così facevo. Iniziando a praticare Aikido grazie ai miei meravigliosi Sensei sono andato oltre la semplice forma, per concentrarmi sulla sostanza di un “rituale” – quello del saluto – che è una presa di coscienza di se stessi, dei compagni. Una sorta di rapida introspezione su ciò che vogliamo essere e di ciò che vogliamo trasmettere agli altri.

Oltre allo za-rei rivolti verso il kamiza, fondamentale è il saluto che si rivolge al compagno di pratica all’inizio e al termine della stessa. Quando si invita un compagno a praticare ci si rivolge a lui dicendo ONEGAI SHIMASU. “Shimasu” deriva dal verbo “suru” che significa “fare” mentre “Onegai” viene dal verbo “negau” che significa “pregare per (qualcosa)” o “desiderare (qualcosa). Se letteralmente è traducibile quindi con “io spero che il nostro rapporto porti a buone cose in avvenire.” nel mondo marziale è tradotto con “prego lasciatemi addestrare con voi.”

Se nella forma ciò si palesa con un inchino, nella sostanza è un modo per chiedere all’altra persona di insegnarci e affermare a nostra volta che con umiltà accettiamo l’insegnamento. Al termine della pratica esclamiamo ARIGATOU GOZAIMASHITA utilizzato come forma di ringraziamento o apprezzamento. Ma per capire il significato profondo di ”arigatou” dobbiamo capire prima il significato nella sua forma di aggettivo ovvero “arigatai” che significa “raro che esista” da cui derivano “eccellente”, “prezioso” e “apprezzamento”. Gozaimashita è invece la forma passata di gozaimasu che si usa per rendere cortese/formale una frase. L’intera espressione si può per cui tradurre come “Lo apprezzo perché questo non mi succede tutte le volte”. Nel nostro ambito marziale, ricollegandosi al significato di onegai shimasu, si può tradurre come “ho apprezzato il tuo insegnamento”, “ho apprezzato allenarmi con te”.

Per comprendere appieno questo discorso va detto che il “saluto” è reciproco e mai unilaterale. Sensei, Senpai e Kohai lo esclamano all’unisono a indicare che non esiste qualcuno migliore di un altro ma indipendentemente dal grado, dal colore della cintura, tutti sono uguali e tutti possono/debbono imparare da tutti. Capiamo dunque che il saluto non simboleggia una superficiale e ipocrita manifestazione di educazione da esibire a comando. Se eseguito tenendo a mente il suo vero significato è una doccià di umiltà che ha l’effetto di incatenare il demone dell’egoismo e dell’arroganza. La comprensione, il rispetto e l’attuazione dell’etichetta  provvede a mantenere la pace tra le persone. Coloro i quali la violano sono invece arroganti ed egoisti quindi incapaci di trovare l’armonia nei rapporti interpersonali . Il reigi non è quindi solo forma, non si ferma al mero inchino, ma è vera e propria sostanza, da onorare in ogni istante… dentro e fuori dal dojo.

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