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Remo Capitani e Toni Ucci, l’importanza di essere caratteristi

Creato il 21 febbraio 2014 da Af68 @AntonioFalcone1

yy45y24Di derivazione teatrale, al cui interno vige una sorta di gerarchia fra primo, secondo e mezzo carattere, la figura del caratterista nell’ambito cinematografico ha man mano assunto ben definite peculiarità, sino a far sì che una semplice macchietta o il classico “tipo” potesse essere individuato non solo grazie alle consuete sfumature umoristiche o drammatiche, volte a conferire un ben preciso percorso all’interno dell’ impianto narrativo, ma anche in virtù di determinate particolarità fisiche o comportamentali nello svolgersi di una scena, sino all’identificazione totale con il genere cinematografico in cui l’attore si trovava frequentemente a recitare.
Una premessa necessaria e al contempo idonea a ricordare due popolari caratteristi del nostro cinema, che ci hanno lasciato nei giorni scorsi, Remo Capitani e Toni Ucci.

Remo Capitani

Remo Capitani

Capitani, stuntman e attore, noto anche come Ray O’Connor o Ray O’Conner, è scomparso lo scorso 14 febbraio a Roma (sua città natale, 1927): per quanti abbiano visto il film alla sua uscita o successivamente grazie all’home video e ai numerosi passaggi televisivi, il suo nome si associa indissolubilmente a quello di Mezcal, il bandido messicano interpretato in Lo chiamavano Trinità (1970, E. B. Clucher, Enzo Barboni).
Capitani, al suo primo ruolo e non più semplice figurante, contribuì certo a conferire un tono inedito alla pellicola, la quale fra commedia e parodia di un filone, lo spaghetti western, ormai spremuto sino all’inverosimile, si configurava come un’evoluzione del suddetto genere (o involuzione secondo alcuni, il dibattito credo sia ancora aperto).

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Difficile infatti dimenticare la sequenza in cui Mezcal giunge con i suoi tagliagole a “far visita” alla comunità mormone guidata da Padre Tobia (Dan Sturkie) e, contrariato per non trovare né ricche libagioni né del vino per innaffiarle a dovere, organizza una punizione a suon di ceffoni, imbattendosi (“Questo mi è nuovo non l’ho mai picchiato prima”) in Bambino (Bud Spencer), che però, insieme al fratello Trinità (Terence Hill), appartiene ad un’altra confessione, la quale osserva la legge biblica occhio per occhio dente per dente, come ci tiene a precisare il citato Tobia. Una carriera quella di Capitani iniziata nel 1966 (Uccidi o muori, Tanio Boccia) e proseguita per tutti gli anni ’70, con una ripresa nel 2002 (Gangs of New York, Martin Scorsese) e nel 2004 (The Passion of the Christ, Mel Gibson).

Toni Ucci (Movieplayer)

Toni Ucci (Movieplayer)

Riguardo Toni Ucci (a volte Tony, Antonio all’anagrafe), romano de Roma (1922), si è spento nella Capitale mercoledì 19 febbraio.
Con circa cento film cui ha preso parte è stato fra i protagonisti del cinema italiano, per lo più commedie, nelle varie declinazioni (dai classici con attori quali Totò alle caratterizzazioni sexy degli anni ’70, passando per il filone balneare e dei musicarelli tra i ’50 e i ’60), con varie incursioni nei generi (come i poliziotteschi Squadra antiscippo e Squadra antifurto, al fianco di Tomás Milián, entrambi del ’76 e diretti da Bruno Corbucci).
Sguardo in egual misura ironico e disincantato, modo di fare indolente, battute spesso intrise di sarcasmo e cinismo in felice combinazione, Tucci, oltre a connotare con tali caratteristiche innumerevoli personaggi sul grande schermo, è stato anche un uomo di spettacolo a tutto tondo, la cui carriera ha avuto infatti inizio nel mondo dell’avanspettacolo e del varietà sul finire della II Guerra Mondiale.

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Ha quindi affiancato man mano attori già celebri (come, fra gli altri, Carlo Dapporto, Nino Taranto, Ugo Tognazzi, Erminio Macario) e poi recitato nella prima edizione di Rugantino, 1962 (in qualche occasione anche come protagonista, sostituendo Nino Manfredi), la famosa commedia musicale scritta da Garinei & Giovannini (insieme a Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa e la collaborazione artistica di Luigi Magni). E’ stato inoltre protagonista di numerosi spettacoli e sceneggiati televisivi e fra gli artisti del Puff di Roma, il noto cabaret di Lando Fiorini.
Due volti particolari, due diversi modi di presentarsi al pubblico, entrambi espressione di un cinema ancora genuinamente popolare, capace di reinventarsi sino alle derive più impensabili ed anche discutibili, comunque simbolo di una certa creatività, non protagonisti sullo schermo ma capaci, grazie ad una battuta, un gesto banale o una semplice entrata in scena di fare la differenza e, come molti di loro, idonei a divenire primi attori nel ricordo di quanti li hanno apprezzati e seguiti negli anni.


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