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Renzi, lo sfasciacarrozze

Creato il 05 gennaio 2014 da Casarrubea
Stefano Fassina

Stefano Fassina

Mi sono sempre chiesto quali fossero i caratteri salienti della sinistra e in quali partiti o singole figure del nostro panorama politico potessero essere rintracciati. Non nego che neanche nell’attuale Pd se ne possano cogliere alcuni che, al di là delle facce, sono presenti nelle proposte e negli atti concreti del quotidiano operare di alcuni suoi dirigenti o militanti di base. Immagino anche la condizione psicologica nella quale si è venuto a trovare  uno come Stefano Fassina, che come viceministro dell’economia si è dovuto fare in quattro per mediare a sinistra ciò che non poteva essere mediato, specie in una fase di crisi come quella che viviamo. Fase che è anche di scontro politico esasperato se si pensa che ancora il parlamento continua a perdere tempo sulla questione delle unioni civili e dei loro diritti.Sarebbe stato normale che, in questa situazione, a sostenere Fassina nelle sue difficili attività di governo ci fosse stato il suo segretario politico, che essendosi data la carica di rottamatore, dopo avere sfasciato tutto quello che c’era da sfasciare, si fosse messa la testa sulle spalle, dando un indirizzo unitario al suo partito. Invece non è andata così, e quando tutto sembrava avere preso una strada nuova e propositiva, ecco la botta inaspettata: una sparata a bruciapelo a un compagno (o amico) di partito il cui unico torto è quello di avere aderito alla leadership bersaniana, in un’epoca in cui Bersani è stato di gran lunga doppiato in piena corsa, come si dice in linguaggio sportivo.

A una conferenza stampa un giornalista chiede a Renzi qualcosa sul rimpasto di governo e Renzi ripete la parola rimpasto lasciando il periodo sospeso. Al che il giornalista incalza pronunciando il nome di Fassina e Renzi, fingendo di non sentire dice: – Chi? Su questo breve dialogo, per altro confuso, in altri tempi e circostanze, nessuno si sarebbe soffermato. Ma l’aria che si respira dentro il Pd e all’interno del governo, non è delle migliori nonostante il fittizio ottimismo di Enrico Letta.

Fassina apprende la notizia che il suo segretario politico l’ha trattato praticamente come se non ci fosse, ignorandone persino il nome, quasi in contemporanea al fatto e senza pensarci due volte ha rappresentato le sue irrevocabili dimissioni al capo del governo. Penso che abbia fatto bene, perché non si possono conciliare il diavolo e l’acqua benedetta, e non si possono salvare capra e cavoli. Un primo risultato delle dimissioni di Fassina è che ciascuno si chiede a che punto sia ridotto il partito che Renzi ha scalato con le primarie pompate in suo favore da tutti i mass media e, soprattutto, dalla Rai. E’ facile coglierne il motivo nella vacua e comoda retorica astratta, tanto cara a molti italiani, amanti più delle forme che della sostanza. Ma qui c’è dell’altro che va al di là del fatto in sé. E cioè una vocazione, difficile a morire, che hanno molti capi di partiti e movimenti di interpretare in modo privato e padronale o esclusivo il partito che hanno scalato, facendone uno strumento a proprio servizio. E perciò nel Pd di Renzi vedo il rischio del prolungamento di alcune manifestazioni del berlusconismo o del grillismo che nulla hanno a che fare con quella realtà democratica che tutti vorremmo attuare, ma che al momento è difficile persino concepire. Insomma, con Renzi, siamo ancora più indietro del vecchio centralismo democratico dei tempi di Togliatti.

Giuseppe Casarrubea


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