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Renzi sulle liberalizzazioni sventola un fazzoletto (poco utile)

Creato il 08 marzo 2015 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

C’era un tempo in cui la sinistra italiana, soprattutto per apparire “moderna” agli occhi di elettori e mercati, rivendicava le cosiddette “lenzuolate” di liberalizzazioni approvate. Lunghe liste di misure, accomunate da un’unica convinzione che anche la sinistra di matrice statalista mostrava di condividere: una economia più aperta, cioè con meno posizioni di rendita parassitarie e con un numero minore di regole burocratiche, cresce di più, arricchendo i cittadini. Oggi il governo di centro sinistra guidato da Matteo Renzi è tornato a occuparsi di liberalizzazioni; tuttavia il termine “lenzuolata” è scomparso e, considerate le misure annunciate, possiamo dire piuttosto di trovarci di fronte a un più piccolo “fazzoletto” di liberalizzazioni.

Il governo Renzi una cosa buona l’ha fatta, come osserva l’Istituto Bruno Leoni: approvando in Consiglio dei ministri il Disegno di legge “Concorrenza” (d’ora in poi: Ddl Concorrenza), l’esecutivo ha finalmente applicato una legge del 2009 – e finora disapplicata – secondo la quale, ogni anno, il governo doveva recepire alcune delle segnalazioni inviate annualmente dall’Autorità Antitrust al Parlamento. Detto ciò, per le liberalizzazioni che sblocchino in profondità l’economia italiana, sarebbero necessari provvedimenti ad hoc per ogni settore; quella del Ddl Concorrenza, proprio per la vastità degli ambiti toccati, assomiglia più a una leggera manutenzione.

A proposito di contenuti, ecco spiegate di seguito le principali misure. Quanto al settore assicurativo, e nello specifico all’Rc auto, si impone alle compagnie di praticare sconti per chi monta sull’auto la “scatola nera”. Viene inoltre scalfito il monopolio delle Poste: è stabilito infatti che, almeno quando si tratta di notificare atti giudiziari e violazioni del Codice della strada, la società partecipata dal Tesoro italiano non avrà il monopolio assoluto delle spedizioni. Altri gruppi privati, dunque, potranno offrire i propri servizi. Con un dettaglio: tutto questo sarà possibile soltanto a partire dal giugno 2016!

Sul settore bancario, l’intervento è molto soft. Se escludiamo gli articoli 23 e 24 del Ddl Concorrenza, dove il legislatore tenta (vanamente) di imporre un tetto ai costi telefonici dei servizi di assistenza e di strappare un impegno delle stesse banche a rendere comparabili i costi dei servizi più diffusi, il punto più rilevante è all’articolo 25. Ecco come lo spiega Pietro Monsurrò: “Si cerca di aumentare la concorrenza tra prodotti finanziari rendendo più difficile il bundling (cioé l’abbinamento, ndr) di mutui e prestiti ad altri servizi finanziari, che possono essere comprati altrove. Specificamente si estende la legge preesistente a più prodotti finanziari, si esplicitano le sanzioni, e si sottolinea la questione delle ‘società appartenenti al medesimo gruppo’. La formulazione della nuova legge è più generale e quindi ha un maggiore campo di applicazione, e verosimilmente porterà ad un aumento della concorrenza sul mercato”.

Infine nel Ddl Concorrenza c’è un buffetto alle arcinote corporazioni. I notai non aumenteranno per numero, né sarà consentita una maggiore competizione interdistrettuale o una liberalizzazione delle tariffe. Il Ddl Concorrenza però, quantomeno, esclude l’obbligo dell’atto pubblico (predisposto dal notaio, ovviamente) per le compravendite di beni immobili a uso non abitativo di valore catastale inferiore a 100 mila euro. Secondo le stime di Scenari Immobiliari, pubblicate sul Sole 24 Ore, nel 2014 sotto i 100 mila euro si è registrato più dell’80 per cento dei passaggi di mano di negozi, box e capannoni (circa 250 mila unità). Inoltre si stabilisce che per le società a responsabilità semplificata, che i notai finora dovevano costituire gratuitamente, sarà sufficiente una scrittura privata. Eliminare un paio di timbri potrà aiutare molti comuni cittadini.

I farmacisti, da parte loro, hanno ottenuto di mantenere le attuali piante organiche, cioè il “numero chiuso” delle farmacie che è possibile aprire nei nostri centri, e inoltre il monopolio legale delle stesse farmacie sulla vendita dei farmaci di fascia C (quelli ottenibili senza ricetta medica e che comunque danno vita a un business da miliardi di euro). Vittorie per i farmacisti, sconfitte per i cittadini comuni che infatti continueranno a pagare prezzi maggiori per i prodotti. Eppure ai farmacisti questo non basta. Ora si lamentano perché il Governo ha previsto la possibilità di trasformare le farmacie in società di capitali (con soci anche non farmacisti) e di eliminare il tetto delle quattro farmacie di proprietà, misure previste dal disegno di legge governativo (per un approfondimento sul tema, trattato nell’articolo 33 del Ddl Concorrenza, vedi questo articolo del Foglio).

Si sono del tutto “salvati”, infine, i soliti tassisti. Continueranno per ora a godere del loro servizio in monopolio, anche se nel frattempo i cittadini – sempre più spesso e a dispetto dei vincoli decisi da zelanti burocrati – già si affidano a soluzioni di mercato più convenienti, car sharing o Uber che sia.

Queste sono le principali norme contenute nel Ddl Concorrenza. Come scrivevamo all’inizio, nulla di rivoluzionario per noi consumatori. Senza contare che adesso, nel percorso di approvazione parlamentare che dovrà trasformare il Ddl in Legge vera e propria, le varie lobby faranno sentire la loro voce. Costringendo probabilmente il Governo a tornare indietro un altro po’. Sulle riforme pro crescita che al contribuente non costerebbero nemmeno un euro, per qualche ragione s’incontrano mille e più opposizioni.

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