" Un piccione sul ramo che riflette sull'esistenza", una sorta di versione aggiornata e cinematografica di " Aspettando Godot" vince il Leone d'Oro a Venezia e subito la sensazione è che la Mostra del Lido abbia voluto premiare lavori di impronta più filosofica, in dimensione poetica (così si è espresso il Presidente di Giuria Alexandre Desplat), abbandonando la strada battuta dei gusti del pubblico. Un Festival, se vogliamo, più elitario, votato ad un cinema di ricerca, per chi vuole lanciare un esperimento od un grido di dolore, portando sullo schermo temi di profondità, orientati al dibattito ed al disvelamento. La terza edizione guidata dal piemontese Alberto Barbera, si issa in piena continuità con la strada intrapresa nel 2012, senza troppi lustrini, con meno nomi di richiamo (senza però rinunciarvi), badando fondamentalmente alla sostanza, proponendo lavori di pregiata fattura, facendo propria l'arte dell'arrangiarsi, preso atto degli investimenti che ogni anno si fanno più ristretti. Meno investimenti, meno star, meno pubblico. Le file a perdita d'occhio di dieci anni fa, il frastuono del pubblico intorno al red carpet sono ormai sequenze di repertorio, nonostante Rai e Mediaset abbiano voluto deliberatamente far credere per giorni e giorni il contrario; il calo verticale di accreditati e biglietti singoli al Lido sono una triste conseguenza di una difficile congiuntura, fatta di crisi economica, di scarsi investimenti sulla cultura, di disamore e poca conoscenza di parte del pubblico che preferisce lo streaming alla frequentazione della sala cinematografica. Alla direzione artistica va però il grande pregio di aver voluto creare una terza via, a metà tra Cannes (dove la passerella la fa da padrona) e Locarno (dove la vocazione cinefila è caratterizzante e prevalente), una Mostra, quella di Venezia, che non disdegna la presenza di grandi attori come Al Pacino, Catherine Deneuve, Michael Keaton, Uma Thurman, Charlotte Gainsbourg o registi quali Gabriele Salvatores, Andrej Konchalovskij, Fatih Akin, che però propone al pubblico lavori dalle tematiche forti e necessarie, dopo un inizio un po' fiacco. É stato così che il pubblico ha potuto godere del lavoro di Saverio Costanzo " Hungry Hearts", insignito della Coppa Volpi maschile (Adam Driver) e della Coppa Volpi femminile (Alba Rohrwacher), lavoro italiano che ha concorso al Leone d'Oro in compagnia de " Il giovane favoloso" di Mario Martone (con un notevole Elio Germano nei panni di Giacomo Leopardi) e di Anime nere di Francesco Munzi. Il Gran Premio della Giuria è andato al coraggioso " The look of silence" di Joshua Oppenheimer che racconta il genocidio indonesiano negli anni '60, mentre per la sezione Orizzonti ha vinto " Belluscone - una storia siciliana" di Franco Maresco, narrante le vicende dell'oscura passione che per anni ha legato l'isola italiana alla figura dell'ex premier Silvio Berlusconi. Una menzione speciale è arrivata da Roy Andersson, regista del titolo che ha vinto il Leone d'Oro che ha affermato "è un grande onore ricevere questo premio in Italia, Paese che ha dato tanti capolavori alla storia del cinema. Ladri di biciclette mi ha influenzato moltissimo [...] continuerò a fare cinema seguendo l'esempio di Vittorio". La speranza è che il cinema italiano possa diventare nuovamente protagonista, evitando di essere figurante o frequentatore occasionale di notti da Oscar.
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