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Riflessioni sulla vastità dello spazio infinito

Creato il 20 luglio 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
640px-Max_Planck_1933di Luciano Cicu (un signore appassionato di cultura scientifica).
E’ strabiliante soffermare il pensiero su quel minimo assoluto di tempo quando divampò la primordiale esplosione nota nel mondo scientifico con la parola onomatopeica “big bang”.

A tale pensiero balzano imperiose due domande di estrema semplicità ma non di facile comprensione.

Quanto tempo durò quel boato di una gravità incommensurabile?

E quando accadde?

Alla prima domanda soccorre lo studio fatto da Max Planck sullo spettro di un “corpo nero” Arrivò alla conclusione che la più piccola parte di azione, che è energia per il tempo, deve essere una quantità minima, oggi nota come la “costante di Plank”, determinata in 50 miliardesimi di miliardesimi, di miliardesimi, di miliardesimi, di miliardesimi di secondo. Questo è l’istante di Plank, al di sotto del quale non si può andare.

Il secondo che scandisce il battito del nostro cuore, al confronto, sarebbe miliardi e miliardi di volte più lungo della vita del cosmo.

La seconda risposta proviene dal telescopio spaziale Planck, così chiamato in omaggio allo scienziato che per primo studiò la durata del big bang. Esso è insito nel satellite che gira nello spazio ad una distanza di un milione e mezzo di chilometri dalla terra in cui viviamo.

Alla realizzazione del progetto hanno partecipato l’A.S.I., l’agenzia spaziale italiana e l’I.N.A.F..

Gli strumenti scientifici a bordo del satellite hanno operato alla temperatura interna di 253 gradi sotto lo zero, cioè vicino alla zero assoluto che è di 273,15 gradi negativi.

La luce raccolta era di pochi gradi sopra lo zero assoluto, 270, per l’esattezza.

I risultati più eclatanti riguardano:

la quantità di energia oscura per il 68,3%;

quello della materia oscura per il 26,8%

e quella che è nel nostro universo subnucleare, costituita da protoni, neutroni ed elettroni, per il 4,9% del totale, che sono le particelle fondamentali per la nostra esistenza.

Inoltre il telescopio ha fornito gli elementi in base ai quali, esaminando la luce “visibile” proveniente dalla miscela di energia e materia dell’universo, dopo 379.000 anni dal big-bang, si è valutata l’età del “botto” in circa 15 miliardi di anni e l’età dell’universo, che diede luogo al cosmo con le sue galassie, stelle e pianeti, in 13 miliardi e 820 milioni di anni.

Non si può, però, sottacere l’annuncio, di recente, dato dagli astrofisici, addetti al telescopio americano BICEP2, operativo nell’Antartide, che ha captato le onde gravitazionali causate dal big-bang, onde prodotte in un istante minimissimo, dopo l’inizio dell’universo, dello spazio e del tempo, rappresentabile in 10 elevato alla meno 35 secondi, un numero infinitesimo che è (-1), meno uno seguito da 35 zeri.

Un numero che può dare l’idea della rapidità dell’azione che, bisogna ricordarlo, è energia per il tempo impiegato.

Alla registrazione dell’onda gravitazionale si levò un urlo di gioia per aver captato l’onda che ha creato il mondo. Ma è ancora presto, dicono gli scienziati, occorreranno altre prove per definire l’esperimento inconfutabile.

Giunge, così, l’impulso di esternare le riflessioni sullo spazio infinito ed è bene dire che prima del big-bang non vi erano galassie, né stelle, né sole, né pianeti, né satelliti.

Imperava la temperatura dello zero assoluto, -273,15 gradi centigradi negativi.

Non esistevano molecole né tanto meno quelle dell’idrogeno e dell’ossigeno la cui combinazione, come noto, nel rapporto di due a uno, produce l’acqua, tanto essenziale per ogni forma di vita.

E, circa 15 miliardi di anni fa, come già detto, avvenne “il botto” del big-bang.

Immediatamente, dal plasma prodotto dall’esplosione, ebbe inizio l’inflazione cosmica, ovvero, l’espansione vertiginosa dell’universo e dopo 379.000 anni di buio assoluto si formarono le galassie, con le stelle, i pianeti e i corpi celesti in continua espansione, come lo sono tutt’ora, ai nostri giorni e con il cosmo che racchiude il tutto., anche lo spazio e il tempo, da sempre inscindibili.

L’uno reale, l’altro immaginario ma con una peculiarità.

Lo spazio è tridimensionale, lo scoprì il matematico Euclide nel 300 a.c.. Si conduce l’esistenza nello spazio espanso che si dilata, possiamo andare avanti e indietro, di lato, a sinistra e a destra, in sù e in giù, mantenendo la nostra identità, salvo l’invecchiamento fino al limite dell’umana longevità.

Il tempo, invece, è unidimensionale, scorre in un’unica direzione e non si ferma mai.

Vediamo coi nostri occhi lo spazio geometrico a tre dimensioni e sentiamo quella del tempo, fuse in una unica realtà. Si può dire che lo spazio e il tempo esistono in simbiosi per farci apparire tutte le cose reali, mentre il tempo passa, scandito dalle campane e dagli orologi in modo irreversibile e non si può tornare indietro neanche per un istante. E questa è la legge della nostra vita.

Affioreranno solo ricordi, tristi o lieti, di un passato che non torna più.

Ma l’onnipotenza di Dio, oltre alle citate dimensioni, ne ha creato altre sei, sempre di tipo bosonico, che hanno subito, però, un collasso gravitazionale, per cui non si espandono mai.

Esse sono così distinte:

La prima dimensione, collassata, per fare la carica elettrica e le forze elettromagnetiche la cui scoperta ha propiziato il dono della televisione; ha dato l’incipit all’era dei computer e di altre applicazioni tecniche per agevolare il lavoro quotidiano e scientifico.

Le altre due dimensioni, collassate, agiscono regolarmente e lentamente per assicurare la carica del sole nel processo di fusione nucleare che trasforma l’energia in luce e calore che si irradiano nello spazio e giungono nei pianeti del sistema solare, tra i quali la terra,

A tale fine si può dire che il sole è un’enorme candela nucleare che brucia settecento mila tonnellate

della sua massa al minuto secondo e dopo un anno ne brucia venti milioni di milioni di tonnellate ma non c’è da intimorirsi. Si tratta di un milionesimo di milionesimo della massa totale.

Il sole continuerà a brillare per altri cinque miliardi di anni, vale a dire per altre duecento milioni di generazioni. Quello che avverrà dopo, inesorabilmente, è assai difficile solo immaginarlo.

Che succederà quando il sole brucerà tutta la sua massa e non produrrà il vento solare fatto di protoni, di neutroni e di elettroni che investono anche la terra, il pianeta in cui viviamo?

Che ne sarà dell’umanità intera e del suo universo subnucleare di cui è dotata?

Sarà tutto nelle mani di Dio, creatore di tutte le cose, visibili ed invisibili.

Le rimanenti tre dimensioni, collassate per fare la carica di colore subnucleare.

Queste sei dimensioni permettono alla materia vivente di esistere come concentrato di massa e di cariche, evitando la continua trasformazione di massa in energia. E qui risiede il dono della vita, perché se l’energia travalicasse i “lucchetti” insiti nel nostro universo subnucleare non esisteremmo sulla faccia della terra.

L’onnipotenza del Creatore ha risolto ogni dettaglio per fare fiorire al meglio il nostro albero della vita. Come le piante abbisognano di acqua per crescere, anche noi, quando ne beviamo un bicchiere, ingurgitiamo uno stragrande numero di cariche elettriche e subnucleari che irrorano la nostra materia vivente, donandoci un piacevole senso di benessere.

Oltre alle dieci dimensioni di tipo bosonico, la scienza ne annovera altre 32 di tipo fermionico.

Si travalica, però, nel super spazio, alla ricerca del super mondo e delle particella che lo compongono, la cui scoperta, tanto agognata, avrà una risonanza mondiale.

Featured image, Max Planck


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