Riflettori su Mia Martini: Spero che questo samba non finisca mai

 Dopo la trionfale sua esibizione quest’estate al Teatro Romano per la Rassegna Canzone d’autrice e dopo la fugace apparizione al Festivalbar in Arena, torna a Verona – stasera al Teatro Corallo, per l’organizzazione di Musica viva – Mia Martini, rediviva star della canzone, grande interprete dalla generosa vitalità, riabbracciata con calore ed entusiasmo da critica e pubblico dopo l’ultimo Sanremo.
Al prossimo Festival della Canzone l’interprete calabrese parteciperà con la canzone La nevicata del 56 scritta per lei da Carla Vistarini e Franco Califano. Ma altri impegni importanti l’attendono: il nuovo Lp da incidere a gennaio, lo show televisivo Europa Europa da condurre su Raiuno a marzo.L'INTERVISTA
Intanto c’è questo tour invernale che la riporta stasera a Verona. E la musica c’è, insieme alla ritrovata gioia di vivere e di cantare.
E’ ancora immenso, profondo il piacere che mi ha fatto tornare tra i vivi – ci dice Mia Martini - , un piacere talmente grande da diventare una parte di me, qualcosa di sottile, delicato e tenero, che vive continuamente insieme a me. E’ stata una gioia immensa essere tornata al mio pubblico, una gioia pari per intensità ad un grande dolore: uno di quei dolori che sembrano opprimerti e distruggerti, e che senti poi dentro di te, parte di te, tanto da abituarti a quel peso, a farlo diventare un compagno di viaggio.
Cosa ti accadde ieri?
Tante cose, tutte terribili. Mi sentivo molto debole, non riuscivo a capire quale fosse la mia identità, tutto si stava confondendo, ciò che io volevo essere e ciò che gli altri volevano io fossi… Le infiltrazioni che mi arrivavano dall’esterno erano tante e troppo continue. Le lotte che dovevo fare erano immense, i miei nemici mi sembravano dei giganti. Mi sembrava davvero di combattere contro i mulini a vento! E così mi sono arresa, mi sono lasciata sopraffare, proprio per non finire stritolata. L’unica soluzione fu quella di ritirarmi, l’unica via d’uscita possibile. 
Il più bel benvenuto chi continua a dartelo?
Il pubblico, ma anche la critica, gli addetti ai lavori. Ne ebbi la riprova subito, sin da quella fatidica domenica pomeriggio al teatro Ariston di Sanremo, durante le prove di quel Festival, a porte chiuse. Il primo benvenuto, lo ebbi allora, in quella sala, e non fu un normale benvenuto, ma uno scoppio di lacrime e gioia.
Da allora?
Il riscontro del bene del pubblico è stato continuo, nel vostro Teatro Romano quest’estate, in Arena, in giro per le piazze d’Italia, adesso nei teatri: una massa spropositata di gente ha continuato ad applaudirmi. Una cosa davvero sconvolgente!.
Ti gratifica di più apprezzino in te l’interprete o l’autrice?
Mi piace apprezzino anche l’autrice. Ma non riesco a vedere in me questo limite, questa dogana: anche quando interpreto pezzi di altri autori, li canto come se li avessi scritti io. Per me proprio non c’è quel confine: qualsiasi cosa io faccia è una cosa mia, che mi appartiene.
Il domani cosa dice?
Non me lo domando. E’ molto meglio scoprirlo mentre lo si vive. Non mi chiedo dove sto andando. Arrivo in un posto e chiedo dove sono, semplicemente. E lì cerco di essere fino in fondo me stessa, circondata dall’amore della gente. Così voglio sia anche la mia vita, l’augurio che mi faccio è proprio questo: che questo samba non finisca mai!Claudio Capitini
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