Magazine Cultura

Risacca, il Rifluire di una Poesia dal Sapore Antico

Creato il 01 agosto 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Risacca, il Rifluire di una Poesia dal Sapore Antico

Qualche tempo fa, ai piedi di un fittizio vulcano, mi sono imbattuta in una raccolta di poesie: Risacca, esordio letterario del catanese Antonello Di Grazia, fresco di stampa presso la casa editrice Gruppo Albatros Il Filo (maggio 2012). Notoriamente non sono una persona dalla spiccata sensibilità poetica, ma ho comunque deciso di gettarmi volontariamente in questo incantato mondo e vedere cosa mi avrebbe suscitato questa lettura. La poesia, a differenza della prosa – in tutte le sue sfaccettature – non rientra in quel genere di letture che possono farsi tenendo un livello medio d’attenzione. Bisogna girare la manopola fino al “massimo”, immergersi totalmente nella parola scritta ed estraniarsi dal rumore del mondo esterno, affinché sia possibile una sintonizzazione con la propria anima; per chi ne possiede una, è chiaro. Dopo un’attenta e puntuale prefazione di Silvio Scorsi, che sottolinea giustamente il linguaggio aulico e ricercato di Di Grazia, ponendolo in relazione alla nostra grande tradizione letteraria, Risacca si rivela a noi nei suoi cinquantadue componimenti. All’inizio è stato difficile: la mia manopola dell’attenzione era oramai arrugginita da anni di letture prosastiche, ma una volta tolta via l’incrostazione, ho potuto vedere e godere di ciò che il libro voleva comunicarmi. Sono veramente poche le liriche che presentano un contenuto narrativo in senso stretto; nella quasi totalità dei componimenti vi è più la ricerca di evocare sensazioni e immagini attraverso personificazioni e luoghi senza sfondo, richiamati attraverso l’uso di una parola densissima di significato. Anche un occhio inesperto potrebbe riuscire a cogliere l’unità di ispirazione e pensiero che fa di Risacca una raccolta resa coerente da un’unica coordinata prospettica: la sensibilità dell’autore, intesa come capacità di percepire ed elaborare la realtà e gli stimoli che essa offre a ciascuno di noi. Dietro un’unità stilistica e formale che lega saldamente l’insieme delle liriche, è possibile rintracciare alcuni temi ricorrenti. Uno di questi è senza dubbio il concetto di “Noia”, presente fin dai titoli di due liriche (Noia di primavera e Noia), ma continuamente evocata all’interno del discorso poetico.

una immagine di John Everett Millais Chill October 1870 300x224 su Risacca, il Rifluire di una Poesia dal Sapore Antico

Di Grazia la definisce come una «gratuita presenza» che riempie la quotidianità in modo ineluttabile, ma anche come una presenza in grado di fornire elementi ispiratori che rafforzano la vocazione alla scrittura poetica, la quale, senza Noia, dovrebbe riparare in «[…] inutili versi / d’Amore e di Letizia». La Noia (come stato esistenziale e non come momento in cui non si ha nulla da fare) è spesso accompagnata dall’aggettivo “aristocratica”, tanto che, volendo esagerare, si potrebbe parlare di un epiteto. È un abbinamento che mi ha particolarmente colpita, e non ho potuto fare a meno di confrontarla con l’Ozio degli antichi. In epoca classica l’otium letterario (cioè il tempo dedicato allo studio delle Lettere e alla composizione delle opere) era considerato una condizione privilegiata a cui anelare. Rispetto alla “Noia aristocratica” di cui parla l’autore percepisco una sorta di slittamento di significato: il contorto e imprevedibile scorrere del tempo ha trasformato quel “vecchio privilegio” in un “nuovo disagio”. Intelligentes pauca. Altro tema ricorrente è la profonda dicotomia che intercorre tra il “Tutto” e il “Nulla” o, nel suo sinonimo, il “Niente”; il Tutto e il Nulla sono entrambi condizioni sperimentabili nella Vita. Non si tratta della banale opposizione tra Vita e Morte, o tra Luce e Tenebra, Bene e Male. Questi due concetti si alternano in maniera sbilanciata all’interno di una visione della vita quasi manichea; ma intendiamoci: un manicheismo che sottende una ben più complessa filosofia. È meglio forse non indugiare oltre in spiegazioni che tentano di razionalizzare le sottili evocazioni che la parola poetica suggerisce con più chiarezza alla sensibilità del fruitore. Impossibile dissertare su «un indistinto concetto di Nero» presente in Invito Notturno, o sulle rievocazioni dantesche de Il vino, che non ha niente a che fare con l’ebbrezza dionisiaca a cui il titolo potrebbe rimandare. Risacca è un libro da leggere la sera, per togliersi di dosso un po’ di prosaica volgarità che la durezza dei giorni impone.

una immagine di Copertina di Risacca Gruppo Albatros Il Filo 2012 su Risacca, il Rifluire di una Poesia dal Sapore Antico


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :