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Risc training. Quando un corso può salvare una vita

Creato il 13 marzo 2014 da Cicciotopo1972 @tincazzi

Oggi parliamo del Risc (Reporters instructed in saving colleagues), un training gratuito finanziato tramite donazioni e destinato ai freelance che operano in aree di crisi e zone di guerra. risc

Il progetto è nato sull’onda di una tragedia, la morte di due fotoreporter, Chris Hondros e Tim Hetherington a Misurata (Libia), il 20 aprile 2011. Per Hondros, colpito mortalmente, non ci fu nulla da fare, ma Hetherington, ferito all’inguine da una scheggia, morì dissanguato sul cassone di un pickup mentre veniva trasportato all’ospedale. Nessuno dei colleghi e delle persone presenti in quel frangente fu in grado di intervenire in modo da provare a prolungargli la vita. Lo scrittore/giornalista Sebastian Junger, amico di Hetherington e coautore con lo stesso del documentario Restrepo – girato in Afghanistan e vincitore del Sundance Film Festival nel 2010 – è il fondatore e il direttore esecutivo del Risc.

Ne discutiamo con Laura Silvia Battaglia (qui il suo sito) che ha partecipato all’ultimo corso Risc tenutosi a New York lo scorso febbraio. A rispondere ci doveva essere anche Giulio Petrocco, fotografo, secondo italiano della batteria di New York, ma pare si sia perso in qualche bassofondo della Grande Mela…

1) Perché avete deciso di candidarvi per partecipare al Risc e quali motivazioni vi hanno spinto?

Il Risc è un training offerto gratuitamente ad alcuni giornalisti freelance selezionati dal bacino (peraltro piccolo e a sua volta selezionato) del Frontline Freelance Register, un’associazione internazionale di recente formazione, nata per iniziativa di storici frontline freelancer, come il britannico Peter Beaumont. L’associazione ha un board member, eletto tramite sistema di voto democratico on line, ammette i nuovi membri su decisione del board, e si auto finanzia, grazie alle donazioni (circa 20 dollari annui). Uno dei servizi erogati gratuitamente per i membri è l’annuale corso Risc. Il corso è totalmente gratuito ed è destinato a freelancer che abbiamo almeno 5 anni di esperienza di frontline. Finora i Risc organizzati sono stati due: uno a Londra, il secondo a NYC. La motivazione che mi ha spinto? Erano anni che desideravo seguire un corso di questo genere perché chi va in frontline, per quanto abbia frequentato corsi per inviati in aree di crisi, si trova a fronteggiare esperienze rispetto alle quali non è mai preparato abbastanza. Il primo soccorso in zone di crisi è l’unica cosa che nessuno spiega ai giornalisti o, se ciò accade, viene affrontato sempre in via teorica. Invece, le recenti esperienze avute in Siria o in Egitto, senza contare il rischio di attentati bomba se ci si trovi a frequentare luoghi come l’Iraq, l’Afghanistan, lo Yemen, il Libano, impongono a noi giornalisti di non aspettare l’arrivo di una Croce Rossa Internazionale per salvare una vita che non merita di essere persa.dollari annui) dei suoi associati (non più di 300 in tutto il mondo, attualmente). 

2) Come era strutturato il corso?

E‘ stato uno dei corsi meglio strutturati che abbia frequentato in vita mia. Una settimana di 8 ore al giorno full time, esclusa una pausa pranzo di un’ora. Ventidue partecipanti. Quattro istruttori. Moduli di quattro ore, con un’ora di teoria sempre alternata a un’ora di esercitazioni pratiche. I 22, divisi inizialmente in due squadre, poi in quattro, eravamo a turno soccorritori e pazienti. Il training, dopo avere spiegato il funzionamento dei sistemi circolatorio, respiratorio e cardiovascolare, provvedeva a fornire conoscenze pratiche e operative su come riconoscere e trattare emergenze mediche e traumatiche: dallo shock anafilattico all’ipotermia, dalle fratture all’arresto cardiaco, dalla ferita per diverse tipologie di arma di fuoco alla commozione celebrale. Infine si passava ad affrontare questi casi in contesti di crisi simulati: terremoto, inondazione, incendio, campo di battaglia sotto pioggia di fuoco.

3) A corso finito, credete di essere in grado di mettere in pratica quello che avete imparato?

Non si finisce mai di imparare e più ci si cimenta meglio è. Ma credo di sì: adesso so dove mettere le mani. Credo di essere in grado di capire cosa potrei avere davanti e come venirne fuori o aiutare qualcuno.

4) Che tipo di persone frequentano un corso come il Risc?

I miei 21 compagni, un gruppo di persone dai 23 ai 46 anni, di varie nazionalità (1 italiano, 1 francese, 1 colombiano, 4 canadesi, 1 egiziano, 1 libanese, 1 belga e tutti gli altri inglesi e americani) provenienti da diversi settori del giornalismo (fotografi, videomaker, scrittori o entrambe o tutte e tre le cose), hanno in comune le seguenti qualità: internazionalità, multimedialità, umiltà, curiosità, desiderio di specializzarsi. Nessuno ha dato segnali di presunzione, nessuno si sentiva più in gamba di un altro. Siamo stati una bella squadra. Sono convinta che saremmo ottimi colleghi in frontline. Non a caso ne conoscevo già qualcuno. Con Giulio ho già lavorato in tre occasioni.

5) In Italia non esiste niente del genere. Non c’è nessuna attenzione per giornalisti, videomaker e fotografi che si muovono in aree di crisi e zone di guerra. Eppure negli ultimi anni la sicurezza e l’incolumità dei giornalisti è stata spesso in primo piano a causa di attacchi indiscriminati agli operatori dell’informazione. Perché?

Semplicemente perché, diversamente dagli Stati Uniti e dagli altri Paesi europei, dove il freelance è considerato il vero giornalista libero professionista, in Italia chi esercita questa professione ai livelli più alti è un impiegato, redattore o inviato. Resiste nell’immaginario italiota la figura mitica dell’inviato, colui che chiude lo zaino un paio d’ore prima di saltare sull’aereo dopo avere parlato con il proprio direttore al telefono per meno di cinque minuti. Nel frattempo la segretaria di redazione gli avrà organizzato tutto, dal viaggio all’assicurazione, e gli avrà riempito il conto in banca. Questa figura non esiste più di fatto, se non ridotta a pochi contratti in via di estinzione ma l’Ordine dei Giornalisti, i media, gli editori, fanno finta di non saperlo. La mitologia, alimentata dalla memoria di figure del passato di grande rilievo e professionalità come Terzani, la Fallaci, Igor Man o Ilaria Alpi, ad esempio, fa molto male a questo mestiere e fa molto comodo a chi dovrebbe occuparsi della difesa della professionalità dei freelance – che non sono dei precari ma spesso hanno scelto volontariamente questa vita e questa scomoda libertà – dai tentativi degli editori di sfruttare a prezzi ribassati il loro lavoro. L’inviato di una volta si muoveva in contesti di guerra dichiarata, non trasversale, in contesti dove bastava la scritta Press sul body armour per garantire un’ ipotesi di incolumità. Almeno dal 2001 la stampa è diventata la prima merce di scambio in guerra, e oggi è il diretto e, spesso, primo target in contesti di guerriglia urbana e di conflitto. Urgerebbe essere molto più preparati di prima sul piano strategico, militare, informatico, medico, professionale, multimediale, commerciale, assicurativo. In frontline, oggi, non ci protegge nessuno, soprattutto da qui. Se non ci attrezziamo da soli e se non ci aiutiamo in caso di necessità, siamo morti ancora prima di partire.

6) Ha senso ancora l’ordine dei giornalisti?

L’Ordine nazionale è come il marito ideale. Quando non ce l’hai lo vorresti e fai di tutto per averlo. Quando lo hai ottenuto capisci che non era così indispensabile. Perché pensi che il marito ideale ti protegga e invece sei tu che lo aiuti a stare in piedi con la tua fedeltà di buona moglie e mettendo in comune anche i tuoi denari. Il problema è che i divorzi fanno sempre male e non sono mai senza conseguenze. Per cui ci si pensa due volte a fare dei passi avventati. E allora scatta il tradimento. Il Frontline Freelance Register è un amante che vale la pena frequentare per le sue alte prestazioni: è interessante, internazionale, utile, piacevole, giovane, colto, dinamico. Costa poco e rende meglio.

Se volete finanziare il progetto per far sì che altri freelance possano accedervi, il sito per il crowdfunding è questo!


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