Magazine Società

Riti e magie: la promozione e lo Zen

Creato il 09 maggio 2011 da Alesan
Riti e magie: la promozione e lo Zen E' difficile parlare di "grandi" personaggi e, quando si parla di sport, diventa d'obbligo virgolettare il termine grandi. Parliamo di persone che hanno a che fare con quel lato di cultura popolare che, oltre all'estremo business entrato negli ultimi trent'anni, mantengono un sacco di spazio nel cuore di tifosi e appassionati pur non modificando le vite di nessuno di noi, ed anche se sono questi "grandi" il motivo per cui certi cialtroni sono pagati per scrivere di nulla sui giornali (lo sport, come tante altre cose, è spesso frutto di mere opinioni che chiunque guardi le partite e studi il gioco può avere) le capacità fisiche o mentali di alcuni uomini di sport sono non solo la cronaca, ma anche la storia contemporanea che viviamo ogni giorno emozionandoci, arrabbiandoci, divertendoci. Vivendola, insomma. Senza scomodare quegli episodi sportivi che hanno avuto, più o meno direttamente, connotati politici e sociali di rilievo, dai pugni di Carlos e Smith a Nelson Mandela, il mondo dello sport è fatto anche di attori funzionali soltanto alla disciplina stessa, eroi del sacrificio atletico-tattico che magari finiscono con l'essere strapagati (non in tutte le discipline, s'intende) ma al tempo stesso tengono viva un'emozione fatta di piccoli sogni e piccolissime speranze che, quando si avverano, sembrano infinitamente grandi.
Mi sarebbe piaciuto parlare del Carpi che, dopo dodici anni, torna in Prima divisione (ex Serie C1) e festeggia con tanto di pullman aperto in giro per il centro come un Real Madrid qualunque, ed invece sono qua a parlare di qualcuno che forse, in Italia è noto a... diciamo un 35% degli abitanti? Perché se i nomi di Michael Jordan e Kobe Bryant smuovono un qualcosa in chiunque, così come quelli di Shaquille O'Neal o Dennis Rodman, a molti sfugge chi vi fosse dietro le tante vittorie di questi personaggi. Forse a pochi dirà qualcosa il nome di Phil Jackson, sono certo che tra quelli che passano di qua questo nome dice invece tutto. Se però nominassi gli Albany Patroons tantissimi cadrebbero dalle nuvole, me compreso, che conosco il nome di questa squadra della CBA soltanto per averla sentita nominare più volte quando si parlava dello Zen e della sua straordinaria carriera.
Tutto è cominciato proprio ad Albany, una città che oggi per me ha un senso in più, il ricordo di ore passate in un piccolo aeroporto prima di imbucarmi su un bus per New York City, l'altra città che riguarda Jackson da vicino visto che nella Grande mela, coi Knicks ci ha vinto due anelli. Gli ultimi due vinti anche dalla squadra, per essere precisi. E' come allenatore che Jackson costruisce però la propria fama, si prenota un posto fisso nella Hall of fame (nel 2007) e scrive pagine che mai verranno cancellate. La fortuna di avere tra le mani prima Jordan e poi Bryant è una fortuna di per sé reciproca e importante per la storia del gioco. Servirebbero pagine e conoscenza della palla spicchi che non ho per descrivere una carriera fatta di 11 titoli NBA vinti sulle panchine di Bulls e Lakers per un totale di 1155 partite vinte quindi mi limiterò alle piccole e frivole celebrazioni, ai luoghi e ai nomi che ritornano, agli eventi che segnano il passo, allungano il tempo ma ti fanno invecchiare lo stesso. Lo Zen arrivò nei Bulls nel 1987, divenne capo allenatore due anni dopo, mise ordine ad una squadra che via via crebbe di talento e si poggiò sulle gesta del più grande cestista dell'epoca (forse, di ogni epoca), raccolse esperienza litigando col suo proprietario, gestendo una squadra stellare che vinceva un titolo dopo l'altro senza perdere la fame di vittorie, la voglia di strafare e stravincere.
Tutto questo gli sarebbe servito per gestire poi la "rogna" della combo losangelina formata da un Bryant quasi interamente da svezzare e da far maturare ed uno Shaquille O'Neal probabilmente vero fulcro delle prime tre vittorie dei suoi Lakers. Poi, le giuste scelte, il solito impatto marziale sulla gestione della squadra, la capacità di gestire negli anni l'umore di chi si abitua a vincere e continua a vincere portandolo ad essere l'allenatore in gialloviola col maggior numero di partite vinte. Si era detto che questo sarebbe stato il suo ultimo anno ed anche se l'uscita di scena dei Lakers di ieri sera, poche ore dopo che il pullman del Carpi neopromosso aveva terminato la sua marcia, è una pagina finale molto confusa, arrendevole e triste, tutto quanto è stato fatto non subisce il minimo smacco, si chiude un'era. Se ne chiudono due, quella dei Lakers di Jackson, antipatici e vincenti, e quella del Carpi lontano dalla C1, piccoli sfigati che ritrovano gloria. 
Riti e magie: la promozione e lo ZenLa serie di playoff chiusa ieri sera in Texas recita 4-0 Dallas Mavericks, l'ultima partita una sconfitta per 122 a 86. Un massacro. Una disfatta che per questioni di tifo mi rende persino allegro, che non mi porta a pensare con dispiacere verso un coach che non ho mai trovato simpatico o più capace di tanti altri nonostante i risultati ottenuti. Ma uno di quelli che, quando si parla di pallacanestro, entra dalla finestra del discorso anche senza essere invitato perché un posto al tavolo, per lui, c'è sempre, nonostante le ingombranti ombre dei Jordan, dei Pippen, degli Shaq e dei Kobe. Uno che con la storia del basket c'entra tanto ed è a sua volta parecchio ingombrante. Un po' come quel Stefano Sottili capace di arrivare primo da solo in un torneo di calcio con una squadra che non compiva un'impresa simile dalla stagione 1973-74... un campionato iniziato nel settembre del 1973, pochi mesi dopo l'ultimo titolo vinto dai NY Knicks... e la storia, anche se più piccola, ricomincia sempre. Da una città, da un paesello, dagli Stati Uniti o dall'Italia, da una palla a spicchi o da una ovale... è la storia. Tutto qua.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :