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Arrivai a Villafranca Veronese, con la mia divisa da aviere, il 28 novembre 1988. Era un lunedì.
Ero partito, con il treno, da Taranto la sera precedente. Il giorno prima, il sabato, avevo fatto il bagno in mare a Squinzano.
Man mano che il treno risaliva verso il nord, la temperatura cambiava.
Arrivai alla stazione di Verona, immersa nella nebbia, e faceva freddissimo.
Un pullman mi portò in caserma, senza che neppure mi rendessi conto dove mi trovavo.
In realtà ci volle del tempo, dovette arrivare la primavera perché riuscissi a vedere bene cosa c'era attorno alla caserma.
Facevo servizio come assistente di volo, con la mansione di telescriventista, addetto cioè alla trasmissione di messaggi non classificati inerenti il traffico aereo e la situazione meteo del quadrante di riferimento relativo alle operazioni dell'aeroporto, allora quasi esclusivamente militare, di Verona.
I voli civili erano pochissimi, e le operazioni militari terminavano quasi sempre al tramonto.
Anche se dovevamo assicurare il servizio sulle 24 ore, la sera dopo le 21,00 non c'era da fare niente.
Se non inviare il bollettino meteo delle 24,00 e quello delle 04,00.
Due sole volte mi ricordo di aver passato la notte alle telescriventi.
Una di queste fu la notte del 24 maggio 1989, per i voli charter da Barcellona, per il rientro dei tifosi del Milan che erano andati a vedere la finale della Coppa dei Campioni, giocata al Camp Nou contro lo Steaua Bucarest.
L'altra, la più importante era avvenuta qualche emesse prima, la notte del 4 gennaio 1989.
L'aeroporto era da quasi due giorni in fase operativa limitatissima per una nebbia fittissima che stazionava sulla zona.
tanto che in quei giorni era chiuso al traffico civile.
Poco prima dell'ora di cena la base fu messa in stato di allarme. Ed io, per tutta la notte, fui tenuto ad inviare piani di volo, per poi annullarli poco dopo. Questo fino all'alba seguente. Di fatto tenni occupate alcune rotte nell'area nordest dell'Italia.
Il giorno seguente, ai telegiornali si parlò di uno scontro aereo nei cieli del golfo della Sirte tra aerei Americani e Libici.
Nei giorni seguenti, alcuni sottufficiali ci raccontarono che nella notte, pur con un bollettino meteo che indicava una visibilità inferiore ai 50 metri per nebbia, 16 F14 dell'aviazione USA erano atterrati, si erano riforniti ed erano ripartiti.
Chissà se le cose sono andate davvero così, ma ricordo benissimo il grandissimo stato di agitazione che c'era tra tutti i presenti in servizio quella notte.
Oggi, di ritorno da SolarExpo, mi sono fermato a Caluri, così si chiama la piccola frazione del comune di Villafranca Veronese dove c'è l'ingresso all'aeroporto militare.
La caserma era poco fuori il paese, che oggi in realtà si è avvicinato molto, con le tante case che nell'ultimo decennio sono state costruite la dove c'erano pescheti.
Pescheti, peraltro, in gran parte sostituiti da coltivazioni di kiwi.
Le palazzine che ospitavano i militari di leva, sono vuote. Il campo di calcio è abbandonato. E' operativo il settore degli antincendi.
Dietro al recinto della caserma c'è una strana collinetta. Ha tutta l'aria di essere una discarica. Mi ricordo che allora, nell'89 c'era una cava di ghiaia, ma già in via di dismissione.
Leggo sul mio web-in-tasta, che negli anni '90 la cava fu riconvertita in discarica.
Il piccolo paese di Caluri lo trovo molto cambiato, dopo più di vent'anni.
Ma il campo di tamburello c'è ancora, anche se non sembra più utilizzato.
Mentre dall'altra parte della strada hanno costruito un'enorme serra fotovoltaica
La bottega di generi alimentari dove compravo il panino quando motivo di sera, è chiusa.
Mi dicono però che si è trasferita poco più avanti.
Entro dentro, e, sorpresa, scopro che la titolare è ancora la signora che mi vendeva il panino 23 anni fa.
Le chiedo del tamburello, e lei mi dice che la società ha chiuso con la fine del campionato dello scorso anno.
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