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Ritorno al futuro (nonostante i nerd)

Creato il 28 ottobre 2010 da Paperoga

Ritorno al futuro (nonostante i nerd)

La mia attrazione verso gli anni ’80 altro non è che semplice elegia dell’infanzia, tutta dipanatasi lungo quel decennio kitsch, spensierato, pacchiano, superficiale, colorato, disimpegnato, col suo illusorio benessere di massa dovuto all’ingresso nel quotidiano del progresso tecnologico e a tanta carta moneta stampata in allegria da governi dalle mani bucate. Come mi pare di aver già scritto in passato, l’unico modo di uscire vivi dagli anni ’80 era prenderli come la varicella, ovvero in tenera età, godersi quelle luci, quei colori e quell’ottimismo, tutto rigorosamente finto, ed entrare negli anni ’90 senza troppi danni cerebrali. Se guardo molti papà 45 enni di oggi, posso dirla di averla scampata bella.
L’elegia della mia prima giovinezza è scandita, come per tutti, anche dalla visione di film generazionali, quelli che non ti stanchi mai di vedere, in cui ti proietti specchiandoti in un “come eravamo” cui a volte fa bene pensare.

Alla luce di questi gargarismi sociologici da quattro soldi, potevo dunque mai perdermi l’occasione di vedere per la prima volta al cinema “Ritorno al futuro”, il più generazionale dei film anni ’80 (secondo solo a quella tamarrata di Top Gun)?
Ovviamente no, e dunque in questa operazione nostalgia ho coinvolto subito l’Altro dei Due Bonzi, coetaneo e affine, mentre quel coatto di Uno dei Due Bonzi si è subito defilato perchè persino Ritorno al Futuro per lui fa troppo cinema d’essai.
La sala è quasi piena, ed è popolata tra 3 categorie di persone: gli adolescenti, su cui il film malgrado gli anni continua a fare il suo porco effetto, i trentenni nostalgici, tra i quali mi devo inserire anche io quanto meno per mancanza di altre opzioni più adeguate, e i fanatici nerdacci di ogni età, adolescenti o giovani adulti non importa, di cui subito parlerò più in là porconando allegramente.
Ovviamente, la legge di Murphy sulla distribuzione dei posti al cinema sancisce che gli spettatori più rumorosi e teste di cazzo (in questo caso i nerd) capitano sempre accanto a quello più intollerante (il sottoscritto).
Ecco dunque che mentre il film inizia e Michael J. Fox comincia a duettare con Chistopher Lloyd, comincio a sentire una strana eco nella sala, che giunge dalla mia sinistra. Dal principio non riesco a capire di cosa si tratti, ma ho la fastidiosa sensazione del fuori sincrono, o meglio della duplicazione delle voci dei protagonisti. Così, se il Dott. Brown esclama “Bontà divina!”, o George McFly pronuncia  “Ehi tu porco levale le mani di dosso!”, io sento tutto pronunciato prima e da altri. Sono ovviamente i tre barbuti nerd che ho a fianco, e che si dilettano nel fare la cosa più stupida che si possa fare guardando un film al cinema che hai già visto: anticipare ad alta voce i dialoghi per far vedere che si conosce tutto il film.

Dopo dieci minuti che sento pronunciare in anteprima i dialoghi che ho pagato per sentir scandire dalla voce dei doppiatori, allungo la testa, squadro nella penombra della sala i tre sfigati, e la mia espressione, più eloquente di mille vaffanculi, contiene in sè rappreso un intero monologo tarantiniano:
Chiariamo, non ho nulla contro i nerd, anzi, ne apprezzo la vivacità intellettuale e la capacità di impegnare il tempo in passatempi che ritengo molto cazzuti, inoltre vi ammiro perchè sembrate vivere in una irraggiungibile dimensione di irrealtà che vi protegge da un mondo, quello reale, tremendamente meno interessante. Condivido con voi alcuni interessi, i videogiochi, la saga di Star Wars, i cartoni animati, la collezione di fumetti, i maglioni sblusati. Ci sono centinaia di categorie di persone peggiori e ben più dannose della vostra. Capirete dunque che non c’è acrimonia o persecuzione bullesca nella mia invettiva. Ma ciò non toglie che citare anticipando ad alta voce le frasi di un film al cinema e poi sogghignare è da pena di morte, cristo santo. Ma quanto siete sfigati? Ma vi credete che dopo averlo visto venti volte non le sappia a memoria anche io quelle battute? E credete che il solo fatto di saperle autorizzi a perdere la dignità in questo modo e a rovinare il film a chi vi siede accanto e che non è venuto per sentirsi doppiare Marty McFly dalla gracchiante voce arrotata di una testa di cazzo? Quindi smettetela, perdio, perchè la vostra costante autoumiliazione mi sta dando ai nervi ed io sono qui per respirare solo un po’ d’aria di antica giovinezza perduta, non per cristonare e sfanculare la gente come faccio fuori dal cinema ogni santo giorno. Ci siamo intesi, cari amici nerd?”
Tutto questo compresso in uno sguardo di impietrito disgusto durato tre secondi.
Il trio pare capire, e per un po’ si trattiene. Ma si sa, gli idioti non li educhi, li puoi al massimo evitare, saggia massima che, intrappolato in un cinema pieno di gente, non mi è semplice mettere in pratica. E dunque devo sopportare qualche altra brillante pre-citazione a voce alta, o la simulazione dell’assolo di chitarra mentre Michael J. Fox suona Johnny be good (con tanto di simulazione sonora di chitarra elettrica mimata a voce..), persino un convinto urletto di approvazione quando George McFly stende Biff. E infine la cosa peggiore, più imbarazzante, più sfigata che si possa fare in un cinema: applaudire ai titoli di coda. Cazzo ma dai, non si applaude un film, ma diosanto, non siamo a teatro, che imbarazzo, dov’è la pena di morte quando serve?!
Ma vabè, il trio di nerdacchioni non mi ha rovinato la visione del film. Peccato non ci fosse Copeland, impegnato a pestare sui tamburi poco più lontano, siamo cresciuti guardando ostinatamente questo film ed ogni volta è una soddisfazione mica da poco, e peccato che non abbiano riproposto l’intera trilogia tutta insieme, avrei volentieri svernato la notte al cinema.
Ma mi accontento dello spensierato cazzeggio di due ore scoppiettanti. Un film pieno di idee, di umorismo coinvolgente, di trovate continue e di una fantasia fervidissima, con effetti speciali ed un sonoro sorprendenti per l’epoca, oltre a quel velo di nostalgia che, accanto alle frenetiche vicende delle due ore di film, caratterizza la splendida full-immersion negli spensierati anni ’50 americani.
Senza dimenticare che, se J.J. Abrahms non avesse citato, saccheggiato e poi rielaborato la teoria dei paradossi spaziotemporali di Ritorno al Futuro, Lost si sarebbe risolto un una versione romanzata dell’Isola dei Famosi. 



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