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ritorno alla carta

Creato il 17 febbraio 2015 da Gaia

Chiedo scusa, anche se non sono colpevole, ai lettori abituali del blog perché non sto scrivendo e fatico anche, come avete visto, a rispondere ai commenti. Ho già accennato a questo fatto, ma ribadisco che vivere senza internet in casa si sta rivelando un’ottima decisione, al punto che temo un eventuale futuro in cui internet tornerà tra le mie mura domestiche. Senza internet viene a mancare una fonte primaria di perdite di tempo; se voglio consultare dei siti sono costretta a uscire, vedere persone, camminare, (altrimenti avrei rischiato di chiudermi in casa per tutto l’inverno), e il resto delle mie giornate posso concentrarmi di più sulla scrittura e sulla lettura.

Chiarisco subito che io penso che internet sia uno strumento straordinario, solo che, come praticamente tutte le cose che abbiamo inventato, ci sta sfuggendo di mano. Si è talmente riempito di spazzatura, pubblicità, falsità, narcisismi e cazzate di ogni genere che in pratica stiamo, come umanità, dilapidando le ultimi fonte di energia a buon mercato che ci rimangono, e sfruttando altri esseri umani, per leggere pettegolezzi o informazioni superficiali, litigare con sconosciuti, pavoneggiarci con dettagli privati che dovrebbero restare tali, e trascurare, a questo volevo arrivare, di cercare quell’informazione più approfondita e curata che è la vera chiave del mondo.

Io leggevo libri e riviste anche quando avevo internet, ma la parte del leone la faceva lui: ora salvo i pochi articoli online che mi sembrano degni di essere letti con calma, e li porto a casa, mentre il resto della mia attenzione è tornata alla carta. Mi è dispiaciuto non intervenire su alcuni temi che ovviamente mi stanno preoccupando molto e su cui ho delle opinioni piuttosto forti – la Grecia, l’Ucraina, l’ISIS alle porte, i temi agricoli ed energetici, la retorica crescista friulana, gli sbarchi e i naufragi di migranti… – e di rimanere a casa a leggere libri di storia e a scrivere i miei romanzi non bellici, a ricamare e a coltivare fiorellini, quando l’umanità è sull’orlo di un baratro, in cui molti sono già caduti, e i venti di guerra soffiano sempre più forte. Io ritengo, e questo riassume tutto il resto, che nel mio progetto di riduzione dei consumi, di maggiore autosufficienza personale e comunitaria, di riscoperta di antichi saperi e di legami con le persone e il territorio, di studio della storia, delle scienze e della tecnica, dell’alimentazione, quindi in tutto quello che faccio ci sia anche la chiave di un possibile futuro di pace, prosperità e bellezza per tutti gli esseri umani in armonia gli uni con gli altri e con la natura.

E, prima che sentiate i violini suonare e che il mio ottimismo vi irriti, preciso subito che inizio a ritenere questo futuro pur possibile sempre più improbabile. Nessuno ha una ‘teoria del tutto’ convincente per quanto riguarda la natura umana, ma il ricorrere di violenze, espansionismi, distruzioni e incomprensioni non lascia ben sperare. Forse ci saranno sempre, come ci saranno sempre persone che non li vogliono. Ma tutto questo è al di là delle mie forze, e delle forze di ogni singolo, comunque, e lo sarebbe anche se io decidessi di trovare il tempo e il modo di commentare gli avvenimenti di attualità e persino influenzare, se possibile, qualche opinione – ammesso e non concesso che io abbia ragione su qualcosa. Ed essendo l’azione collettiva, che ho sempre praticato, così difficile in una società apatica e individualista come la nostra, tento la strada solitaria della testimonianza, della riflessione e dell’esempio, per quanto mi è possibile.

Infatti non esistono solo le contingenze, i momenti di crisi: pace, prosperità, stabilità, ciascuna delle quali ha ovviamente i suoi lati negativi, non si creano da un momento all’altro ma vengono preparate nel tempo. Come tanti altri anch’io sto cercando di costruire le loro basi, sia per far fronte ad eventuali emergenze che per evitare che almeno certi tipi di emergenze si presentino. Ho ragione? O sono solo scuse?

Ogni tanto addirittura mi paragono a chi sta andando a combattere a fianco dei curdi, finora a quanto sappiamo l’unica forza collettiva veramente liberatrice, perché libera se stessa, dell’attuale marasma mediorientale – e molto più fiera e solidale dei già liberati europei, palesemente disorientati davanti a tutto quello che sta capitando. Tralasciando l’ovvia paura e i doveri interpersonali, nonché i miei limiti fisici, mi chiedo quale sarebbe un migliore impiego della mia vita: andare anch’io con i volontari, o rimanere dove sono, portare avanti i miei progetti e tenermi pronta alla difesa se gli aggressori dovessero arrivare fin qui?

Forse vigliaccamente, ho deciso che i miei progetti sono più importanti, non in senso assoluto, ma nel senso del contributo che io personalmente penso di poter dare. Sento una certa urgenza nel completarli, perché non sappiamo quanto tempo abbiamo, ognuno di noi su questa terra, e perché le cose potrebbero cambiare anche in fretta e in direzioni inaspettate, e allora sì che i miei appunti e i miei lavori finirebbero in un grande rogo prima ancora di venire completati. La concentrazione resa possibile dall’assenza di internet mi aiuta: invece di disperdere la scrittura e il pensiero in mille rivoli, per quanto importanti, sto cercando di farli confluire il più possibile in un grande fiume solo.

Tutto questo per dire, quindi: sto cercando di finire il mio romanzo e sono a buon punto. Se qualcuno lo sta aspettando, suppongo sia una buona notizia – anche se, dato che non è finito e manca ancora un po’, mi sembra una notizia del tipo di quelle che si danno adesso, notizie sul futuro: avete notato che ormai i giornali (e tg e gr) aprono dicendo di quanto crescerà l’economia, di quanto calerà la disoccupazione, prima che questo sia ancora successo? Il presente è talmente disperato che ci aggrappiamo alle proiezioni.

Se la buona notizia è che sto finendo il libro, la cattiva notizia è che sto finendo anche i soldi (siamo alle solite). Ne ho, ma mi servono per vivere e stando così le cose non posso permettermi la prossima stampa. Mi sono anche chiesta, facendo i conti rispetto alle copie pubblicate e vendute in passato, quanto senso abbia continuare a stampare libri che riesco a vendere, sì, ma non abbastanza per coprire tutte le spese. Ho pensato quindi che è ora di organizzare altre presentazioni in giro per l’Italia, e chiedo a voi, che leggete, se volete suggerirmi qualche libreria / circolo culturale / biblioteca / gruppo di persone a cui potrei proporle. Se sì, potete dirmelo sotto o scrivermi: gaiabaracetti[chiocciola]yahoo.com

Non so quanto questa sia una buona idea: mi sto rendendo sempre più conto che in questo paese nessuno legge, men che meno libri. C’è una biblioteca qui vicino, dove vado a usare internet, che praticamente non ha utenti. È aperta solo i pomeriggi e vedo entrare in media, oltre a me, una o due persone al giorno, ma solitamente sono lì per la bibliotecaria, non la biblioteca (spero di non far finire nei guai la prima dicendo questo, ma lei non ha colpa se nessuno legge). Ogni tanto provo a toccare l’argomento con qualcuno, ma le persone che conosco si dividono in due gruppi: uno, minuscolo, di lettori voraci (non considero la voracità necessariamente un pregio, prendetela come descrizione), e l’altro, molto ma molto più grande, di gente che mi guarda un po’ perplessa e al massimo dice che leggerebbe, anche, ma non ha tempo, oppure che una volta ha letto, e non è stato male (c’è poi chi legge di mestiere, tipo gli studenti, che io personalmente scuso se a fine giornata non hanno voglia di ulteriori libri).

Spero di non risultare antipatica. Ovviamente sono di parte, ma anche se non scrivessi penso che reagirei con lo stesso sgomento davanti a un popolo per cui il libro non è uno dei migliori veicoli della conoscenza umana in tutte le sue forme, ma un hobby per qualche appassionato qua e là, come le pipe di radica o il cosplay (senza nulla togliere).

Io, quindi, sono tornata alla carta. Non è un ritorno totale, ovviamente – se no non leggereste queste parole, anche se mi ha incuriosito riscontrare che ci sono persone, pochissime e forse concentrate sul blog dell’Arcidruido, che pensano che internet non sarà con noi per sempre. Se ho ben capito, a sostegno di questa ipotesi ci sono il fatto che intere tecnologie, persino la scrittura (durante il medioevo ellenico, ad esempio), possono scomparire e tornare solo molto più tardi, e che l’energia a basso costo e abbondante, le industrie, le filiere, le infrastrutture e i trasporti che rendono possibile non solo navigare su internet ma anche, prerequisito essenziale, disporre di strumenti fisici e competenze tecnologiche che permettono di farlo, non saranno sostenibili nel futuro imminente. La crisi energetica e il tracollo dell’industria prima o poi renderanno internet troppo esoso e quindi insostenibile. Sono agnostica riguardo a questa ipotesi, che trovo comunque interessante.

Intanto, comunque, si può ancora scegliere. E io, così come spero sia più duraturo, più potente un messaggio veicolato in un romanzo anziché tramite una rete sempre più frettolosa, e quindi trascuro il blog a favore di questo, così sto leggendo io stessa libri frutto di tempo, ricerche, lunghissimi approfondimenti, a discapito di siti e blog più superficiali. Ultimamente mi è piaciuto moltissimo l’ultimo libro di Alan Weisman, Conto alla rovescia (il titolo è, stranamente, tradotto giusto in italiano). Vorrei consigliarlo a tutti, anche se alcuni di voi non avranno voglia di sentir parlare del tema principale, cioè della sovrappopolazione umana. Molti non sono interessati, anche se è ormai la causa della maggior parte dei nostri problemi e di tutti quelli più gravi, e altri si infastidiscono perché, sotto sotto, sono dei natalisti :) Io, che su quel tema leggo continuamente fino ad averne la nausea, e che quindi ho esistato a comprare un libro che mi sembrava di aver quasi già letto, una volta cominciatolo non riuscivo a metterlo giù. Si tratta di una ricerca vastissima e al tempo stesso profonda, capace di cogliere in qualche dettaglio l’essenza delle cose e delle persone – il capitolo su Roma è talmente ben rappresentativo del nostro paese, almeno in una sua parte, che l’autore ha guadagnato con esso la mia fiducia su tutto il resto. Conto alla rovescia è ben scritto e scorrevole; è coraggioso e drastico e al tempo stesso compassionevole, fin quasi troppo. Per ogni paese che visita Weisman riesce a trovare una chiave di lettura che declina il tema principale in mille culture e contesti diversi, riuscendo non annoiare, a creare atmosfere affascinanti ogni volta e a rendere l’idea della meravigliosa diversità di questo pianeta, sia umana che non. Inoltre, non parla solo di popolazione e ho imparato un sacco di cose che non sapevo su questo argomento e altri. Nonostante fosse un saggio e fosse ben chiaro come andava a finire – siamo TROPPI – non riuscivo a smettere di leggere. Non garantisco che appassionerà tutti allo stesso modo, ma lo consiglio. Avevo pensato di riassumerlo ma non ha molto senso: il nocciolo della questione, cioè la necessità di ridurre i nostri numeri, è semplice, ma è il modo in cui l’autore ci arriva che merita. Molte delle cose che dice potrebbero interessare i lettori di questo blog, dato che toccano alcuni temi discussi nei commenti ai miei post: effettivamente la questione demografica è centrale nel conflitto israelo-palestinese e lo è sempre stata; le guerre non causano necessariamente una diminuzione della popolazione, ma possono anzi aumentarla (vorrei dirlo a tutti coloro che, crudelmente e comodamente seduti davanti a un computer, inneggiano a una guerra come sistema per ridurre i nostri numeri); non è l’Islam ma il Vaticano, almeno fino ad ora, il peggior nemico religioso della contraccezione, e chi dice che la colpa è dei ricchi che consumano e non dei poveri che proliferano ignora il fatto che un povero che caccia animali in via d’estinzione, che pesca con la dinamite o distrugge foreste per fame può fare personalmente più danni di un ricco che dipende da un sistema industriale di produzione del cibo – anche se ovviamente poi ciascuno va inserito in un contesto e non preso solo individualmente.

Altro non dirò su questo saggio. Piuttosto, se riuscirò a finire il mio libro e a venderlo e se a voi interesserà l’idea, potrei usare questo blog per discutere i libri che leggo e consigliare i migliori. Se a qualcuno interesserebbe, ditemelo.

Ringrazio per l’attenzione, mi scuso per l’assenza, e rinnovo la richiesta: fatemi sapere se pensate che a qualcuno dalle vostre parti potrebbe interessare sentir parlare dei miei libri.


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