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ritratto di Pazienza da pischello...

Creato il 14 gennaio 2015 da Omar
(oggi giornata fitta d'impegni, poco tempo per il blog. Mentre a grande richiesta stiliamo una nuova, aggiuntiva lista dei southern-movies, vi proponiamo un piccolo estratto di una toccante - e tenera - intervista di Gabriella de Fazio, proprietaria della libreria Orsa Minore di San Severo, a Giuliana Di Cretico, mamma del grande Andrea Pazienza). ritratto di Pazienza da pischello...Al sesto piano del palazzo di via Daunia, nell’appartamento dove Andrea Pazienza ha vissuto l’infanzia e la prima adolescenza, c’è molta luce. E il caldo pomeridiano di questo 16 giugno, il ventesimo dalla morte di Andrea, è temperato da un bel vento, quello che come al solito soffia in questo nostro paesone sdraiato nella pianura e che arriva benefico dal balcone aperto sui tetti e i campanili.Giuliana è come sempre affettuosa e sollecita: “Vieni, zia, hai visto che caldo? Come sono contenta di vederti!”“Zia”, dice, in quel modo tutto meridionale di usare il vocativo al contrario, lo dice infatti chi detiene quel titolo. “Vieni mamma”, dice la madre, “Stai buona nonna”, dice la nonna. Così fa Giuliana, non perché io sia sua nipote, ma perché è stata la mia madrina di cresima, e ancor più perché è stata molto amica di mia madre, così come suo marito Enrico lo è stato di mio padre, anche lui cacciatore. Per me è sempre stata “zia” Giuliana.Ma lei, abruzzese di nascita e pugliese di adozione, non è affatto una meridionale tipica. Così come non è una donna né una madre comune. Intelligente e forte, attenta e curiosa, continua a mantenere saldo il timone del percorso di Andrea qui a San Severo. Tutti la ricordano quando parlò al suo funerale, sembrava dominata da una forza misteriosa. “Era Andrea”, dice, “che me la dava”. Ora siamo qui per questa intervista e appena avremo finito raggiungerà San Menaio.ritratto di Pazienza da pischello...In macchina?Sì. Secondo te faccio male? E che io lì sto bene. Vedi, quella casa, come questa del resto, per me è la memoria. Figli e nipoti ci hanno portato oggetti, foto, disegni e io li lascio lì, dove loro hanno voluto che fossero. Anzi, no, a volte li sposto. Come quell’uccellino che Andrea portò dal suo ultimo viaggio in Brasile, un colibrì leggerissimo di non so che legno, col becco lungo e sottile sottile. Be’, un nipote lo ha fatto cadere e si è rotto l’aluccia. Loro, a dir la verità, l’hanno aggiustato, ma io l’ho spostato.Cominciamo, se vuoi, e partiamo proprio dall’inizio. Riesci a ricordare quando hai avuto la prima sensazione che Andrea sarebbe diventato un artista?Intanto devo dirti che quando Andrea è nato, a me è sembrato il bambino più bello del mondo, mentre Enrico l’ha guardato e ha detto: “Giulia’, tu hai sofferto tanto, ma questo è proprio brutto!” E in effetti era bruttino. Era magro magro, lungo lungo e con la testa a pera. Poi diventò subito bello, ma alla nascita era così. Dunque, la prima sensazione, quando ho capito… be’, è meglio dire abbiamo capito, perché gli altri ci sono arrivati prima di me. Enrico intanto. Enrico vedeva questo bambino che osservava qualsiasi cosa gli stesse intorno. Ad esempio, la nonna un giorno stava facendo un disegnino per lui, perché a lui piaceva veder disegnare, e stava facendo una giraffa. Andrea guardava attento, e a un certo punto ha preso una matita e le ha messo i cornini: la nonna se ne era dimenticata. E non aveva ancora due anni, aveva diciotto mesi. O come quell’altra volta che per mascherare un errore nel disegno di un tavolo che era venuto con una gamba troppo corta, tracciò un nodo. Enrico ne rimase impressionato. [continua qui]

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