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Robin Hobb, Franca Rame e lo stupro di Modena

Creato il 22 ottobre 2013 da Martinaframmartino

 

Robin Hobb, Franca Rame e lo stupro di Modena
Ci sono articoli a cui penso per anni. Mi vengono in mente, a volte sento pure in modo molto forte il bisogno di scriverli ma non ce la faccio. Più sono importanti più voglio realizzarli bene, e per farlo serve tempo. Tempo che quasi sempre non ho.

Questo è un piccolo assaggio, qualcosa di molto diverso da quel che vorrei scrivere ma che comunque ne contiene un piccolo nucleo. Il perché vorrei farlo e un brano che vorrei usare. Il resto è diverso, e si aggrappa a episodi concreti. Quelli che seguono sono brani tratti da La nave dei destino di Robin Hobb. Inutile dire che gli spoiler abbondano e sono anche piuttosto importanti.

Il peso improvviso su di lei le strappò il respiro dai polmoni. Una mano si chiuse sulla sua bocca. «Taci, ora. Taci» l’avvertì brusca la voce scura all’orecchio. «Taci, e nessun altro lo saprà. Mai, se sarai saggia.»

Il vecchio incubo era forte e la nauseava. Tentò di spingerlo via, pensò di esserci riuscita, ma quando si girò per strisciare lontano udì una risata sommessa. Poi lui le stava sulla schiena e spingeva via la coperta. Era nuda. Quando si era spogliata? I muscoli non avevano forza. Più tentava di sottrarsi, più il suo corpo cedeva. Emise un suono, e la mano che le chiudeva la bocca coprì anche il naso e le tirò indietro la testa. Faceva male. Non respirava, e non sapeva più dov’era o cosa stava accadendo. Il bisogno di respirare aveva la precedenza su ogni altra cosa. Afferrò quel polso e lottò debolmente. Le scintille danzarono dietro i suoi occhi mentre un ginocchio le apriva le gambe. Le stava facendo male, la testa piegata indietro sulla nuca, ma il dolore non era importante quanto il bisogno di respirare. La mano scivolò in modo da coprirle solo la bocca. Althea inspirò più volte attraverso il naso, e all’improvviso lui affondò brutalmente dentro di lei. Althea urlò senza suono e tentò di liberarsi, ma non poteva sfuggirgli.

Devon l’aveva tenuta così schiacciandola al punto che non riusciva a respirare. Tornò il ricordo indesiderato di quella prima volta. Gli incubi si unirono, e lottò da sola, timorosa di chiamare aiuto perché qualcun altro avrebbe visto cosa le stava accadendo. Sarebbe stata disonorata, suo padre lo avrebbe saputo, ed era tutta colpa sua. Era sempre colpa sua. Era di fronte a Keffria, in lacrime, e implorava sua sorella di capire: «Ero spaventata, pensavo di volerlo e poi ho capito che non volevo, ma non sapevo come fermarlo.»

«È colpa tua» sibilò Keffria, troppo inorridita per aver compassione di quella sorella sconsiderata. «Lo hai incoraggiato, e quindi è colpa tua. Le sue parole scaricarono la violenza sulle spalle di Althea, ne fecero una sua scelta piuttosto che qualcosa che aveva subito, e tutto ritornò, acuto come sangue, le spinte brutali del corpo rozzo dell’uomo e il bisogno spaventato di aria. La disperazione di mantenere il segreto. Nessuno doveva sapere. Strinse i denti e ignorò la presa feroce sul seno. Tentò di svegliarsi dall’incubo, tentò di strisciare via da lui, ma lui la dominava e non c’era via di fuga. Sbatté la testa contro il legno, riuscendo quasi a stordirsi.

Ricominciò a piangere, sconfitta. Brashen, tentò di dire, Brashen. Si era ripromessa che non ci sarebbero mai più stati altri uomini, ma una mano era ancora premuta strettamente sulla bocca, e le spinte brutali proseguirono. Era così difficile respirare. Il dolore non era spaventoso quanto la mancanza d’aria. Prima che l’uomo avesse finito, il buio sorse a inghiottirla, ma Althea vi si immerse volentieri, tuffandosi, sperando che fosse la morte venuta a prenderla.

Pagine 427-428.

Robin Hobb, Franca Rame e lo stupro di Modena
La nave di Althea è naufragata, e lei si sente in colpa per questo. È stata lei a volere quella spedizione nella quale, per quel che ne sa, potrebbero essere morti tutti i membri dell’equipaggio, compreso quel Brashen di cui è innamorata. Lei è viva perché è stata ripescata, ferita, mezza affogata, dolorante, da quel pirata che doveva essere un suo nemico e che invece in un primo momento ha fatto del suo meglio per affascinarla. Quando vuole quel bastardo di Kennit sa essere affascinante, e con una donna così debole e totalmente in suo potere, persino drogata, la cosa gli riesce ancora più facilmente.

Althea non è vergine. La prima volta che ha fatto l’amore lo ha fatto con il ragazzo sbagliato. Lei si era presa una cotta, lui era interessato solo alla nave di suo padre e al piacere di una conquista. Quando lei lo ha capito non è riuscita a fermarlo. Questo è stato un vero stupro, dall’inizio alla fine. Eppure è lei a pagarne le conseguenze e a subire il biasimo.

Althea lo evitava il più possibile, ma Vivacia non era una grande nave. Dalle minacce di assassinio e dagli insulti, la sua furia era bollita in odio bruciante e sguardi omicidi. Kennit reagiva con preoccupazione addolorata e sollecita cortesia. Dentro di lui sgorgava un’allegria bizzarra per la situazione di Althea. Aveva su di lei un potere che non aveva previsto, anche se aveva creato di proposito quella situazione. Althea si credeva una vittima offesa, ma era trattata come l’accusatrice isterica di un uomo innocente. Se parlava dello stupro suscitava pietà, non indignazione condivisa.

Pagina 481.

Per Kennit non c’è nessun problema. Avevamo visto la stessa indifferenza nel modo di fare del satrapo Cosgo nei confronti della compagna Serilla, quando le dice chiaramente che “«Lo stupro è solo un’idea creata dalle donne, per fingere che un uomo possa rubare ciò di cui avete una scorta infinita.»” Avevo già riportato il passaggio in forma più estesa e con alcune considerazioni qui: http://librolandia.wordpress.com/2012/03/08/sullo-stupro-fra-realta-e-fantasia/. E Kennit è lo stesso tipo di uomo:

«È una donna. Alle donne succede di continuo. Ci sono abituate.»

«L’hai stuprata.»

Kennit rise. «Ma figuriamoci. Le piace. Ha detto che ero cortese e un gentiluomo.» Trasse un respiro. «Mi ha resistito solo perché non è una puttana.»

Pagina 429

Althea ovviamente ha definito Kennit un gentiluomo prima di sospettare che lui potesse stuprarla, ma lui sembra non capire la differenza. Che problema c’è? Non è lui a dover convivere con gli incubi e la sofferenza per il resto della sua vita.

Althea soffocava in un incubo. Non le serviva a nulla sapere che non era reale. Non poteva fuggire. Non respirava, e lui le stava sulla schiena, schiacciandola e facendole male. Voleva gridare, e non poteva. Se solo avesse potuto gridare si sarebbe svegliata, ma non riusciva a trovare il suono. Le grida erano intrappolate con lei.

[…]

Althea non respirava. Non poteva muoversi. Era troppo grosso e troppo forte. Eppure lei combatteva. Se combatteva e si difendeva, come poteva essere colpa sua?

Pagina 615.

Robin Hobb, Franca Rame e lo stupro di Modena

Jodie Foster in Sotto accusa

Se combatteva e si difendeva, come poteva essere colpa sua? Eppure spesso la colpa è ancora scaricata sulle donne. Avete visto il film Sotto accusa con Jodie Foster e Kelly McGillis? Il film del 1988, basato su un fatto vero, ha consentito alla Foster di vincere il suo primo Oscar come miglior attrice. Una cameriera viene stuprata, ma per il semplice fatto che non ha una buona reputazione l’accusa viene molto sminuita. Diventa lesioni colpose, come se lei lo avesse voluto quello stupro.

A Modena abbiamo appena avuto un nuovo caso di stupro, l’ennesimo: http://www.corriere.it/cronache/13_ottobre_19/modena-sedicenne-violentata-ad-festa-5-amici-di-buona-famiglia-denunciati-dd9a9590-38c1-11e3-a22e-23aa40bc2aa7.shtml. Io non ero certo presente, non ho idea di come siano andare le cose in dettaglio, ma se a quanto pare i segni di stupro ci sono davvero per me quei cinque dovrebbero marcire in galera per il resto della loro vita, compreso il minorenne. Hanno tolto a una ragazza la gioia di vivere, mi sembra solo giusto che la legge tolga a loro la possibilità di farsi una vita. Non lo farà, purtroppo abbiamo una legge che non fa nulla o quasi ai colpevoli, specie se il reato è grave, e fa subire nuove umiliazioni e nuove arrabbiature alle vittime innocenti. In genere evito di commentare non perché io non legga i giornali ma perché non ho voglia di entrare in interminabili polemiche con chi mi legge. Stavolta ho deciso di fare un’eccezione perché ho letto un commento che mi ha fatto rabbrividire. L’autore diceva che non vuole giustificare uno stupro, ma che se una sedicenne si ubriaca le sue responsabilità le ha anche lei.

Chi è che ha detto che quando in una frase metti un “ma” in realtà stai affermando proprio quello che in teoria dici di negare? Se lei è colpevole le colpe di loro sono enormemente diminuite. No, non ci sto. Una donna ha il diritto di dire “no” in qualsiasi momento, e l’uomo deve saper accettare quel no. Il fatto che fisicamente sia più forte è un’aggravante, perché a maggior ragione dovrebbe essere in grado di ragionare con il cervello e non con il corpo.

Non so, e non voglio nemmeno sapere, quali siano le abitudini della ragazzina. Però ricordo che a 17 anni sono andata in gita scolastica a Vienna con tutta la classe. Una sera sono stati gli stessi professori ad accompagnarci, con tanto di pullman della gita, in una località vicina rinomata per le birrerie. A me e a una mia amica non piace la birra, così abbiamo preso mezzo litro di vino. Un quarto a testa. Visto che non eravamo abituate a bere quel quartino è stato sufficiente a me a farmi diventare brilla, ma non del tutto ubriaca. Lei lo ha sentito di più. Quando siamo tornate in albergo io ho preso la chiave della mia camera, lei no. Arrivate dietro le porte e vista la situazione io sono tornata giù e ho preso anche la sua chiave. Ora che sono risalita – eravamo al sesto piano – si era addormentata nel corridoio. Non era una ragazza facile né era abituata a bere, e proprio per questo un solo quarto di vino ha avuto su di lei un effetto molto forte. Meno bevi abitualmente più in fretta ti ubriachi, perciò quanto ne sappiamo di quanto quella ragazzina ha bevuto? Magari sono stati sufficienti due bicchieri.

A 20 anni sono andata a mangiare una pizza con i compagni del corso di tennis. C’era anche mio fratello maggiore, e per fortuna. Il ragazzo di fronte a me continuava a versarmi da bere. Io gli dicevo che non volevo più bere, poi però vedendo il bicchiere pieno mi spiaceva lasciare lì quello che era stato versato e così lo bevevo. Immediatamente lui mi riempiva il bicchiere di nuovo. Quando ci siamo alzati io mi sono resa conto di quanto sentissi tutto quel che avevo bevuto. Come detto, per fortuna c’era anche mio fratello perché io non ero in condizioni di guidare la macchina per tornare a casa. Quella è stata l’unica volta che qualcuno mi ha fatto ubriacare, ma è successo, ed ero ben più grande della ragazzina vittima di quello stupro. Io non stavo cercando nulla, volevo solo scherzare ed essere gentile, e non apparire una ragazzina immatura. Considerando il contesto dubito che il tizio avesse cattive intenzioni, al di là di farsi una risata alle mie spalle per avermi fatta ubriacare. Certo non aveva la possibilità di portarmi da nessuna parte. In seguito non è più successo, ora bevo al massimo un bicchiere e se qualcuno mi versa ancora vino rimane lì dove quella persona l’ha versato. Però ho avuto bisogno di provarlo in prima persona per capire come mi dovevo comportare. A me è andata bene. A quella sedicenne no, e magari ha bevuto senza pensarci troppo, un po’ come ho fatto io. Giudicarla solo perché ha bevuto significa scusare gli stupratori.

In un’altra occasione, sempre intorno ai vent’anni, sono uscita con un ragazzo. A un certo punto lui mi ha portata a vedere la cantina che aveva insonorizzato artigianalmente usando le confezioni delle uova in modo da poter suonare senza disturbare i vicini. Io sono andata con lui senza vedere nulla di male in questo. E non c’era nulla di male. Quel ragazzo, che comunque non vedo da non so quanti anni, voleva effettivamente solo farmi vedere il luogo dove suonava. Quando, il giorno dopo, l’ho raccontato a mia mamma, lei mi ha detto che mi era andata bene perché molti ragazzi con pretesti di qualsiasi tipo attirano le ragazze in un luogo isolato e poi le stuprano. Io l’ho guardata come se fosse impazzita, invece aveva ragione lei. Il ragazzo con cui ero uscita era un bravo ragazzo, e se poi fra noi non è successo nulla è stato semplicemente perché ci piacevamo solo come amici e nulla più. Quante altre ragazze invece hanno scoperto che colui che credevano fosse un bravo ragazzo non lo era affatto?

Avete idea di cosa sia uno stupro? Io per fortuna non l’ho mai provato di persona, ho solo letto qualcosa, ed è più che abbastanza. Chi sminuisce in qualsiasi modo la gravità di uno stupro dovrebbe provare a pensare un po’ di più e a parlare un po’ meno. Vi lascio con un monologo di Franca Rame, vittima di uno stupro non perché ingenua come probabilmente è stata quella ragazzina ma per motivi politici. Credo che la sofferenza sia la stessa, forse solo più grande per la ragazzina che per forza di cose non ha l’esperienza e forse nemmeno la forza morale della Rame. Nulla può giustificare certe cose, e farlo significa rendere più semplice che possano accadere di nuovo.



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