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Rogoredo - montenapoleone

Creato il 24 giugno 2012 da Lollo

La metropolitana è quel serpente meccanico che attraversa in profondità quartieri, strade, centri, e storia.Scendi alla tua fermata e lasci che quel mondo sotterraneo continui la sua vita con la sua velocità, con il suo tempo che niente ha a che vedere con il tuo.A Milano la metropolitana è una società nascosta in cui una lunga serie di umanità trova il suo spazio e il suo comportamento, personale, individuale.Nel tratto Rogoredo- Montenapoleone conto otto fermate.Un quarto d’ora circa.Non sono mai in ritardo quindi appaio rilassato, non guardo nervosamente l’orologio, non mi alzo in piedi due fermate prima mettendomi davanti alla porta così da scattare come un atleta non appena tutto si ferma, pacifico e contento osservo.Prendere la metropolitana mi piace.Passare la tessera magnetica dell’abbonamento under 26, tenere la destra sulla scala mobile per evitare che qualcuno mi dedichi la sua collezione di bestemmie, addirittura scusarsi per aver inavvertitamente toccato un braccio altrui.A Rogoredo si accalcano i pendolari.Bancari stretti nelle loro camicie azzurre, abbinati a pantaloni scuri o grigi, tengono in mano borse da ufficio che vanno dal cuoio scuro alla tela con tracolla incorporata.I più alternativi usano ancora lo zaino finto trekking da liceale, un modo per sentirsi ancora giovani quando in realtà sono passati dieci lustri dalla maturità.Tra Porto di Mare, Corvetto e Brenta salgono molti stranieri, ci sono i marocchini che solitamente amano i jeans con l’effetto slavato sulla gamba, qualche canotta d’estate oppure quelle t-shirt dalle scritte incomprensibili, scarpe a punta per i più eleganti o infradito di gomma per chi ama far prendere aria ai piedi.I cileni, colombiani, ecuadoriani, si affollano in Brenta dove lungo Corso Lodi organizzano gruppi musicali, qualche grigliata della domenica e riunioni di famiglia.Ho notato che le donne sudamericane sono quelle che in metropolitana amano sedersi subito, mangiucchiano qualcosa e la loro espressione spensierata mette buonumore.Non sono mai di fretta, pacate e tranquille si godono il susseguirsi delle fermate come stessero andando in vacanza in qualche località climatica.
A Lodi T.I.B.B. sale sempre qualcuno con i sandali da tedesco e la barba folta, le ragazze portano sgargianti borse a tracolla prese alla fiera di Senigallia quando aveva ancora il suo perché.Poi c’è Porta Romana.Porta Romana è come il casello di Melegnano.Segna l’arrivo nella cerchia milanese, segna il passaggio dalla più variopinta “periferia” alla zona dentro i bastioni.Qui salgono sempre i gay all’ultima moda. Quella di quest’anno osserva il baffo o la barba incolta, pantaloni a vita alta con risvolto finale perché il malleolo in vista fa parte dell’out fit, t-shirt larga ma abbastanza stretta da far intravedere i risultati della palestra, occhiali anche quando fa buio e ovviamente l’i-Phone.O l’i-Pad.O l’i-Pod.Oppure tutti e tre insieme in un felice concentrato di cecità.Sono quelli che se vedono una persona che non ha abbinato bene i colori perché magari si è svegliata di soprassalto un minuto prima, non si accontentano di prenderla a parolacce ma la fotografano e la postano su Facebook accompagnando il tutto con una irriverente frase di cattivo gusto come “SONO TROPPO FIGA”. Con l’i-Phone fanno tutto, scrivono, messaggiano, leggono Jane Austen, commentano acidamente e si fanno le foto alle gambe pelose incrociate pensando di essere sexy come Kim Basinger.
A Crocetta invece salgono sempre alcune bellissime ragazze, modelle incluse.Alte, capello lungo curato e laccato, vestito di pizzo bianco d’estate e ballerine, non come quelle di Quarto Oggiaro che non rinunciano allo stivale scamosciato nemmeno se ci sono 40 gradi e fanno ridere se li mettono con gli shorts che paiono tasche allungate e non pantaloni.Missori, scendono gli studenti della Statale pronti ad una giornata infinita in biblioteca, quelli di giurisprudenza indossano una camicia con le cifre infilata nei pantaloni e un mocassino inglese, gli altri cartelle a tracolla in cuoio, spesso vintage.A salire sono le signore anziane della Milano bene.Una gonna sotto al ginocchio, camicia a fiorellini piccoli, i capelli argento un poco cotonati e un filo di perle. Si aggrappano ai sostegni, la carrozza è affollata e non vogliono disturbare. “Signora si vuole sedere?”.“Non si preoccupi, grazie, scendo alla prossima” oppure “Oh, molto gentile, grazie infinite” bisbigliano cortesemente.Si siedono e tengono con entrambe le mani il manico corto della borsa, sono composte. Non hanno la musica a tutto volume nelle orecchie, un e-book senza odore tra le mani e non sfogliano compulsivamente le pagine dello smart phone.Aspettano.
Duomo, fermata Duomo.Si aprono le porte, una baraonda si rigurgita sulla banchina.Le carrozze sono quasi vuote. Ho il vizio di alzarmi un attimo prima che la metro si fermi a Montenapoleone, mi guardo intorno e accanto a me tutta la popolazione di quella zona ha il mio stesso comportamento.I commessi e le commesse delle grandi boutique, li riconosci perché hanno il sacchetto griffato come fossero clienti affezionati, in realtà dentro c’è la divisa e la bottiglietta d’acqua.Ci sono i finanzieri che non hanno mai smesso di parlare al telefono, avvocati e simili, tutti di corsa, devono lavorare, guadagnare, spendere e lamentarsi.Scendo, percorro il corridoio ed esco lungo le scale.Vedo la luce, sento le macchine passare, davanti a me via Borgonuovo, volgo le spalle all’Armani Hotel e cammino. Non corro perché non sono in ritardo, posso godermi quell’angolo di cielo che illumina la strada verso Brera.L’umanità che utilizza ogni mattina la metropolitana è varia.Chi litiga al cellulare già alle nove del mattino, chi ha l’espressione di odio in volto per un lavoro che non dà soddisfazione, chi vorrebbe dormire, chi legge la biografia di Giovanna la Pazza e chi invece l’ultimo scoop di Belen, chi non toglie il polpastrello da Whatssche?e chi tenta di rimorchiare un’avvenente signora felice di essere stata notata.La metropolitana è l’alter ego della nostra società.Solo che non c’è gerarchia, in fondo siamo tutti sulla stessa carrozza.

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