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Roma saluta Luigi Magni, l'ultimo cantore e poeta di una bellezza sparita.
Creato il 28 ottobre 2013 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1Si pensa a Luigi Magni e subito appare davanti a noi, una Roma maestosa al rintocco delle campane che suonano a festa. La Roma quella dei Papi; la Roma del Risorgimento e i carbonari. La Roma che non dimentichiamo più, musicata da Armando Trovajoli e interpretata da un viso scarno. Nino Manfredi era uno dei volti preferiti del regista e sceneggiatore romano, classe 1928 e, domani sempre la sua Roma sarà costretta a dargli l'ultimo, triste, ciao.
Inizia come sceneggiatore e collabora con Age & Scarpelli, sul finire degli anni '50 inizia la sua vera scalata nell'olimpo cinematografico, lavorando assieme a grandi registi come Monicelli, Salce, Bolognini, Lizzani, Lattuada e altri. Nel 1968 arriva il suo esordio alla regia con Faustina, ma il primo grande successo arriva con il film Nell'anno del Signore, 1969, primo capitolo della cosiddetta "trilogia papale" (a seguire In nome del Papa Re e In nome del popolo sovrano). A Magni interessava portare lo spettatore, nella Roma che raccontava a fasi alterne, il dramma e la farsa. Puntando su un fascino che deriva dalla storia, dalla monumentalità e da quel romanesco ormai perduto. Nel 1977 si aggiudica un David di Donatello per il secondo film sulla Roma Papalina, In nome del Papa Re, migliore sceneggiatura.
Altri titoli da ricordare La Tosca (1973 Commedia musicale con Monica Vitti e Gigi Proietti), State buoni se potete (1984), Nemici d'infanzia (1993) e qui arriva il secondo David di Donatello per il regista.
Oggi questo grande personaggio, visto nel panorama del cinema italiano e non solo, si spegne e se ne va. Raggiunge tutti coloro che hanno fatto grande il nostro cinema e, inevitabilmente ci fa sentire piccoli e spauriti, come se stessimo dentro una sala che man mano svanisce, portando chissà dove tutte le nostre aspettative e le nostre cinematografiche speranze. Come se i battiti che fanno correre i nostri cuori, piano piano, perdessero impulsi e iniziassero a passeggiare "tanto per". Spirito di sopravvivenza forse. Scusate, mi sto lasciando andare in pensieri e immagini contorte. Ma ogni volta che la morte ci costringe a parlare di qualcuno, usando l'imperfetto, beh, mi si scardina tutto e vado giù.
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