Rompicapo a New York (Francia, USA, Belgio 2013) Titolo originale: Casse-tête chinois Regia: Cédric Klapisch Sceneggiatura: Cédric Klapisch Cast: Romain Duris, Audrey Tautou, Cécile De France, Kelly Reilly, Sandrine Holt, Flore Bonaventura, Peter Hermann, Jason Kravits, Benoît Jacquot, Zinedine Soualem, Adrian Martinez Genere: espatriato Se ti piace guarda anche: L’appartamento spagnolo, Bambole russe, Before Midnight
Volevate che non vi parlassi di Rompicapo a New York? Vi ho rotto le balle con L’appartamento spagnolo, vi ho assillato con un post delirante riguardante Bambole russe e ora non dovrei occuparmi anche del terzo capitolo della trilogia di Cédric Klapish con protagonista Romain Duris in giro per il mondo?
Eccoci allora a parlare dell’ultima (almeno per ora) parte di una saga che avevo bellamente ignorato per tutta la mia vita e che invece nel giro di tre giorni mi sono recuperato per intero e mi ha appassionato più di Game of Thrones. La percezione che posso averne io sarà parecchio differente da chi aveva già guardato le prime due pellicole L’appartamento spagnolo nel 2002 e Bambole russe nel 2005. Io invece i protagonisti li ho visti crescere nel giro di un solo weekend ed è stata una bella botta. Anche se poi, c’è da chiedersi, ma questi personaggi sono maturati davvero? Il protagonista Romain Duris è diventato padre, è vero, però è sempre lo stesso cazzaro sognatore infantile di una volta. È diventato solo più malinconico, più triste. Quello che qui manca rispetto al freschissimo primo film, e anche al secondo, per quanto fosse meno riuscito, è lo stesso tocco leggero. A essere maturati non sembrano tanto i personaggi della serie di films, quanto l’autore Cédric Klapisch. Nonostante pure a questo giro non si faccia mancare qualche trucchetto registico e qualche fantasiosa soluzione narrativa che fa molto tardo-adolescenziale, i suoi toni si sono fatti più seriosi. Rimaniamo sempre nell’ambito della comedy, eppure il riso è diventato amaro.
Chiudendo un occhio, e magari anche tutti e due, sul finale troppo consolatorio e positivo, probabilmente inserito per accontentare la produzione, a emergere dal film è soprattutto una sensazione di disagio esistenziale. Una sensazione che si poteva pensare legata all’adolescenza e invece no. Una volta cresciuto e ormai intorno ai 40 il protagonista è ancora, e forse ancora più di prima, confuso, spaesato, alla ricerca di un senso della vita che gli sfugge e continua a sfuggirgli. La sua intera esistenza è un rompicapo che non riesce a risolvere e probabilmente il senso della vita sta proprio in questo. Così come la cosa più importante in un viaggio non è tanto la destinazione, quanto il viaggio di per sé, la cosa più importante nella vita non è risolvere il cubo di Rubik, ma giocarci.
"Cibo spazzatura americano + film radical-chic francese:
con i consigli cannibali si va sempre sul sicuro!"