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Rosa Ferraro, la donna dell’ndrine che non ha paura di nessuno

Creato il 27 novembre 2011 da Yellowflate @yellowflate

Rosa Ferraro, la donna dell'ndrine che non ha paura di nessunoRosa Ferraro la pentita si racconta. «Mio padre aveva detto che dovevano fare quello che era giusto. Mi dovevano uccidere». «Doveva farlo mio fratello, ma lui mi ha detto “Io non ti ammazzo”». Lei Rosa Ferraro era diventata pericoloso testimone dei loschi affari tra le ndrine dei Pesce di Rosarno ed altri 30 locali. Insomma Rosa sapeva e vedeva i business delle cosche ed il padre doveva obbedire “ucciderla”, per ammazzarla l’incarico viene dato al fratello, ma lui non ci riesce ad uccidere Rosa. Per interrogare la Ferraro, una delle due donne che stanno testimoniando nelle indagini sulla ‘ ndrangheta, il tribunale di Palmi si è trasferito per tre giorni a Milano. Rosa ha 58 anni, «Non ho paura di nessuno» diciara.

Testimonia la sua condizione di donna di ‘ ndrangheta. Racconta che alla fine degli anni 90, lascia marito e figli grandi a Genova («ero troppo gelosa, mi metteva le corna») per tornare a Rosarno in casa del padre.

Lì per 300 euro al mese assiste la suocera del cugino Salvatore Pesce (padre dell’ altra pentita Giuseppina). Salvatore Pesce è noto ai più come «Il babbo»,  è uno dei 77 imputati del processo, originato dall’ inchiesta «All inside» della Dda di Reggio Calabria, che ha già portato alla confisca di beni per 224 milioni.

Rosa assiste ai traffici di droga, alle estorsioni e alle rapine in una Rosarno «in mano loro e terrorizzata», e sa di messaggi che, tramite un’ avvocatessa milanese, arrivavano a Salvatore Pesce da un parente rinchiuso a Opera. Rosa fa da prestanome per aprire un conto in banca sul quale opera Salvatore, ma il 18 maggio 2006 la Guardia di Finanza bussa alla sua porta chiedendole di alcuni assegni a vuoto. Poi a Rosa verrà detto che  Salvatore Pesce le ha intestato un supermercato, Rosa protestare: «Mi mittisti ‘ nte i casini!». Rispondendo alle domande del pm di Reggio Calabria Alessandra Cerreti, racconta: «Mi cacciò via, disse “sono stufo di sentirti, raccogli la roba e vattene a Genova, sennò ti porto in campagna, faccio una buca e ti ci metto”. Gli risposi “va be’ , tu dici che mi ammazzi, io vado dalla Guardia di Finanza e racconto quello che so di te». Rosa protesta, Rosa si mette nei guai, viola le   regole della criminalità.

Rosa Ferraro non si è mai fatta mettere i piedi in testa facilmente, se non dal marito, come nella peggiore tradizione della ‘ ndrangheta che vuole donne schiave di mariti-padroni. Rosa non è un carattere facile, una volta, si legge nel Corriere della Sera ha addirittura preso a schiaffi un carabiniere perchè provocava suo figlio.

Un’ altra scese in strada con un coltello per difendere il marito da due uomini che lo picchiavano perché infastidiva una donna e un’ altra ancora se la prese con una vicina che l’ aveva offesa distruggendole le piante sul pianerottolo. Provano a intimidirla, prima due uomini napoletani che la fermano per strada, poi tre che la minacciano in casa: «Stai attenta a quello che fai perché fai conto che sei morta».

Ma la famiglia a maggio 2006 lassegna ai Ferraro il dovere di lavare l’ onta del tradimento. A Rosa lo racconta il fratello Marco, che ha un lieve ritardo mentale per un incidente di cui fu vittima da piccolo, ma capisce bene cosa i parenti vogliono da lui. «Mi disse che c’ erano tutti gli zii, le zie, i cugini e pure mio padre. “Hanno detto – che io ti ammazzo e non ti pago perché sono malato. Ma io non ammazzo mia sorella”. Mio padre non ha negato (non si è opposto, ndr ) perché dovevano fare quello che era giusto». Rosa è rassegnata, quasi lo supplica: «Ammazzami tu perché tanto ci sarà chi mi ammazza».

Poi Rosa decide di collaborare.”Dovevo andare al cimitero, i finanzieri mi hanno telefonato; mi hanno detto che c’era uno, preso da Salvatore per uccidermi, nascosto dietro un albero. Devo la vita a loro. ” Punto di partenza dell’inchiesta è stato l’omicidio di Domenico Sabatino, che gravitava nell’orbita del clan dei Pesce, fondatore dei Basilischi, la quinta mafia, nata a Potenza. Un  crimine, errore fatale, che spalanca le porte alla frattura negli equilibri criminali di Rosarno.  L’attenzione dei Pesce, si concentra sul gruppo degli Ascone, fedelissimi dei Bellocco. Sebbene, convergente nel ben noto cartello di mafia cosiddetto Pesce-Bellocco-Ascone-Pisano-Ferraro.


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