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Rue Watt, #Parigi

Creato il 10 agosto 2014 da Cittasottile

Peccato che Boris Vian non sia riuscito a piantare i pomodori in rue Watt. Forse qualcuno l’avrebbe dovuto fare per lui, per il poeta delle notti di Saint Germain des Prés, ucciso da una sincope e da un brutto film nel 1959, a soli 39 anni. Il film era tratto dal suo “Sputerò sulle vostre tombe”, il primo libro scritto come una crime story americana, sotto pseudonimo, tredici anni prima e Boris lo trovò orribile. Troppo per il suo cuore malato. Due piantine alla memoria, senza lapidi o discorsi, a produrre frutti per chi li vuole raccogliere. Io l’avrei fatto, per lui, in rue Watt.

Un marciapiede rialzato di un metro rispetto alla strada, bordato di una lunga ringhiera in metallo, non è la sola particolarità di rue Watt. Due solide pareti in pietra e cemento sorreggono i terrapieni, a segnare i margini di una breve strada asfaltata. Potrebbe essere un sottopasso ferroviario come un altro, scavato sotto i binari che partono dalla Gare d’Austerlitz, su cui scorrono treni gonfi di passeggeri; sotto, un canale di persone sospese nel tran tran quotidiano che guardano, al di sopra, i folli che fuggono da Parigi e quelli, altrettanto folli, che vi si gettano.

Ma sui robusti muri di contenimento è poggiato un ponte in ferro, travi robuste incrociate a formare dei quadrati. Ad ogni angolo di ogni quadrato, un’infinità di bulloni, come nei volti pustolosi degli adolescenti. E, al centro del budello, una fila di colonne art nouveau, dai capitelli morbidi e sottili, divide la passerella pedonale dalla strada, con lampade sferiche che gettano una luce fioca e disegnano una complessa tela di chiaroscuri. Un luogo unico e affascinante, che piaceva molto a Raymond Queneau: fu lui a portarvi il giovane Vian, in una notte di passi pensosi e di tante sigarette, dopo il jazz e la folla di Saint Germain, e a contagiargli lo stupore per una via così perfetta e unica.

Un’altra particolarità di rue Watt è che si può vedere la pancia dei treni. Il suo soffitto, sorretto dalla rete di travi e dalle colonne art nouveau, è coperto da griglie che disegnano una trasparenza discreta e lasciano intravedere le coppie dei binari. La notte rue Watt è silenziosa e deserta, casa di gatti pigri e di profumi di ferraglia, e Boris vorrebbe “trascinare qui le sue ciabatte”. Ma di giorno è scossa dai convogli che corrono come elefanti fuligginosi e freddi e lanciano fumo e polvere sul viale addormentato. Se non fosse partito per l’altro mondo, forse, Boris avrebbe fatto questa passeggiata in ciabatte, tutti i giorni, per guardarsi i suoi pomodori. Aveva dedicato a rue Watt una canzone e affidato al suo testo questo desiderio. Non c’è giustizia, a questo mondo, per i poeti.

Dopo Vian, altri artisti l’hanno celebrata. Jean Pierre Melville vi ha girato alcune scene di “Le doulos” (“Lo spione”), dove Serge Reggiani passeggia svelto sotto i titoli di testa attraversando, in impermeabile chiaro e cappello, la lunga passerella rialzata. Leo Malet vi ha portato il suo investigatore Nestor Burma in “Nebbia sul ponte di Tolbiac”, trasposto a fumetti da Tardi. La sua atmosfera silenziosa e deserta si offre agli scrittori noir come una fascinosa ambientazione. Accoltellamenti, delitti, inseguimenti e sparatorie popolano all’improvviso la sonnacchiosa notte dei “gatti che filano in presa diretta, senza mai arrestarsi”, tra le colonne di rue Watt. Altro che pomodori.

Un’ultima particolarità: oggi rue Watt non c’è più. O meglio, c’è ma non è più quella cantata da Vian. Un primo colpo lo subì all’inizio degli anni ottanta, quando un tecnico zelante della municipalità parigina pensò di sostituire le vecchie lampade con altre più moderne. Subito dopo, a partire dal 1985, la Ville de Paris lanciò la più grande trasformazione urbanistica della città dopo lo scempio haussmaniano di fine Ottocento, quando sorse l’infinita rete di boulevard tutti uguali che ha pesantemente segnato lo sviluppo successivo della Capitale. Paris Rive Gauche è una cosiddetta ZAC, Zone d’aménagement concerté, una delle tante sigle che piaccio agli urbanisti per indicare che in un determinato luogo di una città tutto cambierà, con il necessario corredo di demolizioni, escavazioni, trivellazioni, rivoluzioni, riqualificazioni, riambientazioni, rinnovazioni e ricostruzioni.

Una grande area industriale ormai in gran parte dismessa e uno scalo ferroviario che perde prestigio e traffico. Un panorama desolante e desolato, dove sorgono tentativi di trasformare vecchi edifici industriali in atelier d’artista (Les Frigos, riproposizione di fine secolo a spazi “autogestiti” come la Ruche e il Bateau Lavoir lo sono stati per artisti come Picasso, Braque, Modigliani, ancora – per quanto? – attivo), circondati e assediati dalla Grande Trasformazione: un paio di milioni di metri quadrati di nuove costruzioni con la sapiente regia di Christian De Portzamparc, la committenza dellla Mairie e la partecipazione dei principali proprietari delle aree: 585mila metri di nuovi alloggi, per circa 20mila persone; 745mila metri di uffici, per 60mila nuovi posti di lavoro; 405mila di attività commerciali e artigianali, 685mila di uffici pubblici e 100mila di spazi verdi. Si parla di “riequilibrio” della città, di attrarre investitori internazionali, dare spazio alle nuove esigenze della mixitè sociale (alloggi sociali, servizi, infrastrutture d’avanguardia), riallacciare il 13° Arrondissement alla Senna. Dalla Biblioteca Nazionale, che oggi si affaccia su una riva popolata di locali galleggianti molto alla moda, al pont National l’intero asse ferroviario viene ribassato e coperto per far spazio al nuovo quartiere. Si pensa che entro il 2015 il piano sarà portato al compimento, ma già si parla dell’area a sud di pont National, con Jean Nouvel impegnato nella progettazione di due grattacieli. Un piano faraonico di grande arditezza, con edifici, bisogna dire, di notevole qualità architettonica.

L’abbassamento del piano della ferrovia ha comportato la fine della vecchia rue Watt. Chiusa al passaggio, demolita e ricostruita ex novo, oggi è quanto più si possa avvicinare a un normale sottopasso; si è proceduto a far ingoiare l’amara pillola ai parigini con colorati specchietti gabba-indigeno, come progettazioni partecipate ed eventi popolari. Con una festicciola di quartiere, nel 2011, si è inaugurata la nuova rue Watt: una rigida e pesante soletta di cemento scorre a 2 metri e 30 centimetri dall’asfalto, e una ridicola serie di colonne-lampade sfilano al centro della carreggiata, con pretese di fine design. Lo scopo è di mantenere un “segno” distintivo del vecchio viale: le belle, scomparse chissà dove, colonne di metallo; ma il risultato è deprimente.

Ho tentato di avvicinarmi, nel mio ultimo viaggio a Parigi, a quel che resta della via: un budello scuro e poco invitante, quasi nascosto allo sguardo di chi passa sul viale sulla Senna. Rue Watt è tornata al silenzio che ha preceduto la rivelazione di Vian. Da nobile arteria che ispira i poeti si è trasformata in vuoto budello nel quale i gatti, neanche se incolonnati in gran numero, oserebbero avventurarsi. E con essi, i poeti.

Rue Watt (testo e musica di Boris Vian)

Lorsque j’y ai z’été
Pour la première fois
C’était en février
Mais il n’faisait pas froid
Les clochards somnolaient
Sur les grilles fumantes
Et les moulins tournaient
Dans la nuit murmurante
J’étais avec Raymond
Qui m’a dit “Mon colon,
II faut que tu constates
Qu’y a rien comme la rue Watt,
La rue Watt !”

Une rue bordée d’colonnes
Où y a jamais personne
Y a simplement en l’air
Des voies de chemin d’fer
Où passent des lanternes
Tenues par des gens courts
Qu’ ont les talons qui sonnent
Sur ces allées grillées
Sur ces colonnes de fonte
Qui viennent du Parthénon
On l’appelle la rue Watt
Parce que c’est la plus bath
La rue Watt

C’est une rue couverte
C’est une rue ouverte
C’est une rue déserte
Qui remonte aux deux bouts
Des chats décolorés
Filent en prise directe
Sans jamais s’arrêter
Parce qu’il n’y pleut jamais
Le jour c’est moins joli
Alors on va la nuit
Pour traîner ses savates
Le long de la rue Watt
La rue Watt

Y a des rues dont on cause
Qu’ ont pourtant pas grand chose
Des rues sans caractère
Juste un peu putassières
Mais au bout de Paris
Près d’la gare d’Austerlitz
Vierge et vague et morose
La rue Watt se repose
Un jour j’acheterai
Quelques mètres carrés
Pour planter mes tomates
Là-bas dans la rue Watt
La rue Watt



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