Magazine Società

rUmore Maligno – il meglio (?) del 2011

Creato il 06 gennaio 2012 da Tnepd

rUmore Maligno – il meglio (?) del 2011
Il successo oceanico riscosso dalla precedente edizione ha indotto la redazione di Umore Maligno a riproporre un compendio dei migliori album pubblicati nell’anno appena concluso. A riprova di come la democrazia sia un feticcio inutilizzabile non è stato possibile raggiungere un accordo collegiale sull’ordine di classifica, quindi abbiamo comprato dieci pitbull associandone uno ad ogni album e gettandoli nella mischia per comporla.

Ha funzionato.

Escluso il pitbull assegnato ad Anna Calvi che si è accoppiato con Anthony Kiedis.

Il pitbull di Kiedis ci è rimasto molto male.

1. LMFAO – Sorry For Party Rocking (Interscope)

Se negli ultimi sei mesi non avete mai ascoltato “Party Rock Anthem” vuol dire che siete stati su Marte. E che anche lì ascoltavate musica pseudointellettualoide alla ricerca di ballate acustiche con archi e fiati.

Sebbene possano sembrare due emeriti coglioni che si divertono a cazzeggiare con ritornelli facili e video divertenti, naturale evoluzione dell’indimenticabile Bloodhound Gang, gli LMFAO sono il figlio e il nipote di Berry Gordy, produttore e fondatore della leggendaria casa discografica Motown che negli anni Sessanta lanciò decine di talenti della musica techno, industrial e frenchcore.

E il 2011 è stato certamente l’anno del duo made in LA: memorabile la chiusura degli MTV Awards in cui la platea si scatena -nessuno aveva mai visto Kanye West, Cee Lo Green e Snoop Dogg ballare in quel modo- esplodendo quando a salire sul palco è David Hasselhoff in mutande durante l’esecuzione di “Sexy and I Know It”.

Ok, non erano Kanye West, Cee Lo Green e Snopp Dogg, ma solo tre negri che gli somigliavano.

In conclusione, se ne avete abbastanza di frocetti senza palle che si atteggiano a cantautori di denuncia sociale fieri di rimanere nel circuito indipendente mercificando il senso di straniamento parassita di tutti i teen agers di ogni fottuta generazione, questo è l’album che fa per voi: dance aggressiva in grado di far bagnare le mutandine delle ascoltatrici di ogni età condita da intervalli di musica elettronica da fare invidia ai Chemical Brothers.

E abituatevi ad ascoltare “Party Rock Anthem”: è la nuova “Disco Inferno”, e ce la porteremo dietro per almeno altri trent’anni.

“Vasco Brondi, succhiaci il cazzo.” (LMFAO, 2011)

http://www.mediafire.com/?gtvhigf1tsdlc3i

2. Anna Calvi – Anna Calvi (Domino)

Dopo un non trascurabile EP, la cantautrice britannica centra il disco perfetto al primo tentativo. E se la parola “cantautrice” vi ha provocato il vomito, ingoiatelo: niente piagnistei femministi, capelli unti, finte provocazioni. Qui c’è musica sopraffina, atmosfere nerissime, una voce capace di rivoltarvi le viscere, annebbiare la mente e drizzare l’uccello. Ed è bellissima.

In due parole: l’Elvira Gerardi del noir-pop.

 ”Sono nata da padre italiano a Londra, nel 1982, come potrete verificare voi stessi contando gli anelli dentro la mia fica” (Anna Calvi, 2009).

http://www.filesonic.com/file/IDIdRf8/ANNA_CALVI_-_ANNA_CALVI.rar

3. Thievery Corporation – Culture of Fear (High Note)

Dopo tre anni tornano in studio i Thievery Corporation a dimostrazione del fatto che a Washington il prezzo delle droghe leggere è in vertiginoso calo.

Questo mix tra dj e affermati professionisti del palcoscenico musicale statunitense ci regala ogni volta un piccolo gioiello da tramandare alle successive generazioni, anche se nessuno li conosce.

La ricetta non è affatto semplice ed è impossibile trovare qualcosa di simile, se escludiamo un batterista malato di Parkinson che abita nel mio palazzo: trip hop, downtempo, dub, acid jazz e reggae, versare su un letto di polenta, mescolare e servire dopo qualche minuto.

Così, anche se nessuno conosce i Thievery Corporation, il risultato è un gruppo in moto perpetuo la cui costante evoluzione non sfocia mai nella consueta svolta salottiera che colpisce ogni band durante la crisi del quindicesimo anno.

“Cara, perchè nessuno ci conosce? Come, scusa? Siamo sposati da dodici anni e non sai che sono un DJ? Robert, mi chiamo Robert, cazzo!” (Rob Garza, 2010)

http://www.filesonic.it/file/Kk2Hmuv/Thievery_Corporation_-_Culture_Of_Fear.rar

4. Bon Iver – Bon Iver (Jagjaguwar)

Il sophomore più atteso dell’anno risponde in modo esauriente a tutte le domande lasciate aperte dal folgorante, fortunatissimo album d’esordio: ce la farà Justin Vernon a bissare il successo di critica e pubblico? Ce la farà Justin Vernon a mantenere lo stesso spessore compositivo? Ce la farà Justin Vernon a convincere il suo fonico a non strizzargli continuamente le palle per costringerlo al falsetto?

Ebbene sì, il ragazzo del Wisconsin che non conosce l’invenzione del rasoio ce l’ha fatta, persino con il fonico (e, sorpresa delle sorprese, quando non canta in falsetto Vernon si trasforma in Tunde Adebimpe dei Tv On The Radio, cazzo a parte).

Un viaggio scandito dai luoghi, reali e non, che danno il titolo alle canzoni, in costante e miracoloso equilibrio tra arrangiamenti inaspettatamente ambiziosi e stratificati e la solita vecchia cara intimità dolente che ci avevo reso Justin familiare come il fratello minore a cui mettevamo l’aceto balsamico nel flacone dello shampoo.

Provare, per credere, l’ascolto di “Calgary”; pare che Chris Martin sentendola abbia avuto un tale accesso di invidia da spaccare in otto parti un Hammond B3 con il solo uso dello sfintere anale, dando vita così ai 4/5 di Mylo Xyloto.

“Fuck you Emma, forever and ever and ago” (Justin Vernon, 2057).

http://www.mediafire.com/?44wth7m9apgpuhm

5. Red Hot Chili Peppers – I’m With You (Warner Bros)

In un mondo giusto ed equo questo disco non sarebbe entrato neanche nella Top 100 ma dato che il presidente degli Stati Uniti è Barack Obama l’ultimo lavoro dei peperoncini rossi entra di diritto nei migliori dieci.

Perchè, vi starete chiedendo.

Perchè la maggioranza della popolazione statunitense è afroamericana e ha votato l’unico candidato afroamericano, geni.

Ma torniamo all’album dei Peppers.

Beh, innanzitutto non c’è quella checca isterica di John Frusciante, con le sue schitarrate da eroinomane malandato che rovinerebbero la giornata anche a un cucciolo di labrador, con i suoi coretti da omosessuale che avrebbero fatto squirtare Freddie Mercury, con la sua aria da bohémien maledetto che torna a casa e violenta il suo cagnolino ascoltando a tutto volume “Innuendo”. E per noi potrebbe bastare così.

Inoltre è un album che contiene qualche perla -”Goodbye Hooray” testimonia la completa guarigione di Flea da quella brutta forma di artrite reumatoide- e diverse sperimentazioni che sarebbe potuto arrivare persino nella Top 3 se il cantante, con il suo nuovo look da attore porno anni Ottanta, non perseverasse nella sua annosa opera di distruzone artistica di ogni singola traccia perpetuata tramite ritornelli inverecondi, rime fallite e acuti che non sarà mai e poi mai in grado di riproporre dal vivo.

“Ho chiuso con la droga.” (Anthony Kiedis, 1984, 1985, 1987, 1989, 1991, 1995, 1999, 2002, 2006, 2011)

http://www.itadownloadz.com/musica/red-hot-chili-peppers-2011-album-download-filesonic/

6. Radiohead – The King Of Limbs (XL)

“Basta con i Radiohead. Sono morti dopo Creep”; “Tanto presuntuosi quanto sopravvalutati”; “Basta con i Radiohead. Sono morti dopo Fake Plastic Trees”; “Bravi, sì, ma troppo freddi e cerebrali”; “Basta con i Radiohead. Sono morti dopo [inserire altra canzone a caso dei primi tre album]“.

Vi abbiamo già sentiti, superespertoni mai soddisfatti pronti a spaccare i coglioni a Bach perché “un paio di variazioni Goldberg in meno sarebbero state l’ideale”. Vi abbiamo già sentiti e sappiamo dove abitate e abbiamo dato a Gigi D’Alessio i vostri indirizzi.

Fatevene una ragione: nessuno come i Radiohead è stato – ed è – capace di riassumere con precisione geometrica le influenze più disparate – pop, rock, elettronica, drum’n’bass etc etc etc – e piegarle alle proprie necessità melodiche.

TKOL cristallizza tutte le diverse anime della band in otto canzoni che non saranno magari rivoluzionarie, ma segnano un culmine nella cura ossessiva di ogni minimo particolare, bersaglio cui si mirava da Kid A in poi.

E, diciamocela tutta, quanti altri al mondo pur avendo pronto un pezzo come questo (che farebbe squirtare i timpani di tutti i fottuti nostalgici di The Bends e Ok Computer), lo terrebbero solo per i cazzo di concerti?

“Ok, hai sprecato un sacco di parole, ma sai cosa? Resto convinto che anche questo disco sia il frutto dell’ennesima masturbazione di Thom Yorke”.

D’accordo, hai ragione, ma sai cosa? Riparliamone il giorno in cui il frutto delle tue masturbazioni sarà qualcosa di diverso da una poltiglia biancastra in cui annaspano spermatozoi con la stessa mobilità di una Nissan Qashqai sul GRA all’ora di punta.

Piccola curiosità: pare che, dopo aver ascoltato “Codex”, Chris Martin, preso da un’attacco di invidia, abbia riparato il suo Hammond B3 grazie al suo specialissimo glande prensile, componendo così il restante quinto di Mylo Xyloto.

“Papà, papà, mi dicono che sono presuntuoso e saccente. Perdonali perché non sanno quel che fanno” (Thom Yorke sul Golgota, 2001 – o 33 d. TY. secondo il suo calendario).

http://www.crocko.com/1915274151/Radiohead__The_King_of_Limbs_(2011)_[MP3]_SO_3433496.rar

7. Katyusha’s Dolls – Wondering healing 

In un panorama musicale ormai sempre più concentrato su se stesso, i KD riescono ad uscire da ogni schema e sfornare un album d’esordio veramente meritevole.

La band fiamminga, infatti, prende quanto di buono è stato fatto da Radiohead, RHCP, LMFAO e altri gruppi che trovate recensiti in questo articolo, lo remixa sapientemente e ne fa uscire un suono completamente nuovo e migliore.

Adorati da un pubblico di nicchia che rifiuta gli inviti a party dove si suona Rihanna, preferendo starsene a casa a leggere un buon libro, i KD sono perfetti anche come sottofondo scoperaccio, allorquando la vostra donna emetta, volutamente o meno, gemiti di cui volete godere appieno.

“Erano anni che non mi sentivo così bene” (Paul Webster) 

http://www.filesonic.com/file/1256329081/Katyushas_Dolls-Katyushas-Dolls-2011-FNT.rar

8. Zun Zun Egui – Katang (Bella Union)

World music esplosiva, con digressioni jazz, psic, funky, blues, insomma qualsiasi tipologia di caos strutturato in musica vi passi per la mente, qui la troverete.

Per chi gode nel dimenarsi a ritmo di musica senza doversi assoggettare alla fottutissima club culture, disgraziatamente ben rappresentata in questa classifica che porcodio è l’ultimo anno che la facciamo.

“Uooohhh! Uaaahhh! Yoo-hooo!” (Kushal Gaya)

http://www.mediafire.com/?az86mbkw9p1x864

9. P.J. Harvey: Let England Shake (Island)

Se avete amato “To bring you my love” potete provare ad ascoltare anche questo lavoro della cantante britannica. Un disco raffinato che la Harvey ruba al buon John Parish. Nel frattempo ascoltatevi tutti i lavori prodotti da John Parish, così, per farvi un’idea di chi sono i brani.

“Che giorno quello sul set di ‘Henry Lee’, quando Nick Cave mi fece un pompino” (P.J. Harvey)”

http://www.mediafire.com/?t6rdpgh18pgefme

10. Fucked Up – David comes to life (Matador)

Ci state ancora maledicendo perché lo scorso anno vi abbiamo convinto a comprare quella merda frocio-negroide di Archandroid? Riconciliatevi con il concept-album, e con la musica in generale, con queste diciotto tracce secche, spesso disturbanti, a volte orecchiabili, assolutamente mai banali. Esistono ancora le chitarre, perdio!

“Diocane, che faticata!” (Father Damian)

http://plixid.com/2011/05/18/fucked-up-david-comes-to-life-2011-mp3/


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :