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Saint Amour - Recensione

Creato il 20 febbraio 2016 da Lightman

Gérard Depardieu e Benoit Benoît Poelvoorde in una 'scoppiata' commedia all'insegna dei vini e del buon umore. Un inno all'esuberanza e alla gioia di vivere che possono sopperire (all'occorrenza) alla mancanza di 'talenti'.

Saint Amour - Recensione

Jean ( Gerard Depardieu) e suo figlio Bruno ( Benoit Poelvoorde) sono da sempre nel mondo dell'allevamento. Ma mentre Jean si è sempre dedicato anima e corpo al suo bestiame e ora spera di vincere finalmente un premio a Parigi con il suo miglior toro da monta (Nabucosondoro), Bruno si sente in qualche modo oppresso da quel retaggio famigliare contadino e tra gli stand della fiera la sua unica volontà è quella di fare un tour virtuale dei vigneti, assaggiando vini su vini e accumulando sbronza su sbronza. La scomparsa della madre e i contrasti con il padre lo hanno infatti alienato da quel contesto familiare e spinto invece sempre più alla ricerca disperata di una donna (qualsiasi) da amare e nella consolazione del vino. Un mezzo (il vino, appunto) attraverso il quale suo padre cercherà di riallacciare e riconquistare il rapporto con il figlio. Assunto uno 'stravagante' ragazzo come autista (Mike), Jean condurrà Bruno attraverso un viaggio reale dei vigneti della regione. Un on the road padre-figlio (più autista 'scalcagnato') pensato per ritrovare la complicità persa nel tempo e godere della reciproca compagnia, insieme a qualche bel calice di vino. Tra una bottiglia di Saint Amour (vino pregiatissimo da cui prende il titolo l'opera) e una ben più scadente del supermercato, s'infilerà anche una lunga serie di avventure e per il terzetto al maschile il viaggio diventerà assai più 'colorito' del previsto.

I dieci step della sbronza

Saint Amour - Recensione

Gerard Depardieu e Benoit Poelvoorde sono senza dubbio un'accoppiata che fa scintille. L'indimenticato Cyrano De Bergerac e la celebre maschera della nuova commedia francese sono i due nomi che fanno da garanzia e da pilastri all'opera firmata a quattro mani da Benoit Delpine e Gustave de Kervern. Commedia folle in vero stile 'fuori di testa' Saint Amour punta infatti gran parte della sua verve migliore sul carisma e la comicità iconica dei due attori. La vecchia e la nuova generazione che s'incontrano sulla via della gag e degli imprevisti d'annata. Con una struttura che viaggia da qualche parte tra le riflessioni rocambolesche di Sideways e la catarsi famigliare ben più elaborata di Nebraska, Saint Amour gioca le sue carte migliori nel confronto-scontro tra questi due (anzi tre) personaggi maschili senza arte né parte, in apparenza detestabili eppure fondamentalmente attraenti. Il viaggio scombinato tra i vini, la ricerca confusa d'amore e amicizia, è infatti l'accento più alto (e stonato) dell'opera di Delpine e de Kervern ( Mammuth). Liberando la decadenza del mondo maschile dai propri limiti e dai propri schemi, l'opera dei due registi francesi mette in fila difetti e manchevolezze facendone quasi un talento, un dono speciale. Non belli, non particolarmente talentati né bravi con l'altro sesso (specie Bruno che sembra avere un vero e proprio blocco da rifiuto) Jean, Bruno e Mike sono tre disperati dall'animo goliardico e dall'ottimismo esasperato. Sono d'altro canto proprio questa esuberanza, alchimia, e (quasi ingiustificata) joie de vivre a trainare la parabola degli eccessi e dell'improbabile verso il suo sostanziale inno alla vita. A ogni tentativo sistematicamente mancato corrisponde infatti una ripartenza, secondo la semplice logica del tentare e ritentare fino a obiettivo raggiunto. Il messaggio positivo si cela ad ogni svolta e dentro a ogni bicchiere di vino ingollato, e se anche il ritmo sperimenta qualche calo (specie nella seconda parte), c'è sempre una chicca o un nuovo fallimento da cui trarre ispirazione. A testa sempre alta tra le 'bassezze della vita' e a districarsi tra i dieci step della sbronza. Dalla fase del rilassamento a quella della violenza e dell'amore la strada è infatti tutta in discesa.

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