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Ci sono salti destinati ad entrare nella leggenda, quale che sia la sorte di chi, per temerarietà o disperazione, li ha compiuti. Racconta, ad esempio, lo scrittore Bruce Chatwin di aver visto in Patagonia la tomba di un cavallo, di nome El-Malacara, dedicatagli dal suo padrone, John Evans.
Il 14 marzo 1883, tornando dalla Cordigliera, John Evans e tre compagni furono inseguiti e attaccati da un gruppo di indios. Vedendo i suoi amici cadere uno dopo l’altro sotto le lance degli attaccanti, John Evans spronò disperatamente il suo cavallo. Ed El-Malacara saltò un crepaccio largo quasi otto metri portando in salvo entrambi e guadagnandosi l’eterna riconoscenza del suo padrone.
Un tragico salto è legato anche alla vicenda che vede protagonista una madre coraggiosa vissuta nel Cinquecento, almeno secondo una leggenda (in realtà una novella scritta da Giacomo Giovanetti) del Lago d’Orta che trae spunto da una storia vera.
Nel 1529 il lago d’Orta fu invaso da una banda di mercenari guidati da un capitano napoletano di nome Cesare Maggio. Mentre tutti i paesi venivano saccheggiati, la popolazione con le poche cose preziose salvate trovava rifugio nell’inespugnabile castello che a quel tempo sorgeva sull’Isola di San Giulio. Gli uomini invece, si nascondevano nei boschi e sulle montagne, armati e pronti a scatenare il contrattacco non appena fosse stato dato il segnale, suonando la campana della Torre di Buccione.Ed è qui che entra in scena Maria Canavesa, rimasta vedova a seguito di un brutale saccheggio avvenuto l’anno precedente da parte di altri mercenari. Avendo perso tutto, tranne il figlio, Maria si offre come volontaria per suonare la campana.
Con un trucco, Maria riesce a distrarre i soldati e ad entrare nella torre. Qui suona la campana, chiamando a raccolta gli uomini in attesa. Che sciamano come api rabbiose dai loro rifugi e attaccano gli uomini del Maggio, sconfiggendoli e mettendoli in fuga.
Per Maria tuttavia l’epilogo è tragico, perché i soldati che presidiano la torre si accorgono dell’inganno e cominciano a salire le scale.
Questa è la parte più drammatica della storia. Vistasi senza scampo, temendo quello che quegli uomini avrebbero potuto fare a lei e al figlio, Maria decide di fare un ultimo drammatico salto, lanciandosi dalla torre col figlio tra le braccia.
C’è un’altra leggenda, a lieto fine stavolta, legata ad una famiglia con un bambino e ad un prodigioso salto. Questa volta si tratta niente meno che della Sacra Famiglia, che secondo la storia si trovò un giorno inseguita dagli ariani sulla piana di Cireggio, sopra Omegna.
Ad un certo punto, trovandosi i nemici alle spalle e un gran burrone davanti, Giuseppe prese in braccio Maria e il Bambino e con un gran salto superò la valle dello Strona, portando miracolosamente tutti e tre illesi dall’altra parte. Il salto fu così prodigioso che ancora oggi si conserverebbe un’impronta del piede del santo, impressa sulla roccia del Sasso Gambello. Un luogo caro, almeno ancora fino a pochi anni fa, alle famiglie che desideravano avere figli.
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