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Saltimbanco: la Poesia del Volo

Creato il 07 giugno 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il giugno 7, 2012 | TEATRO | Autore: Alessandro Puglisi

Saltimbanco: la Poesia del VoloFinalmente è successo. Non stiamo parlando dell’evento apocalittico, tanto annunciato, per il 5 giugno 2012. Su quel fronte l’abbiamo scampata. Stiamo parlando, invece, della prima di Saltimbanco, lo spettacolo più longevo di Cirque du Soleil, compagnia canadese in origine, ma ormai una vera e propria “multinazionale” dell’arte circense. Una scanzonata, coloratissima e urlante compagine di personaggi invade il parterre, stringendo mani, scherzando col pubblico, sbeffeggiando simpaticamente gli spettatori. Inizia così, ex abrupto, Saltimbanco, diretto da Franco Dragone in questa data unica per il sud Italia. Un palco lungo 34 metri e largo 20, una griglia acrobati lunga 9 metri e sospesa a 14 metri di altezza dal palco. Sono numeri importanti, ma a poco servirebbero, se lo spettacolo non avesse un’anima, un motore interno, uno spirito di locomozione. E invece quest’opera ce l’ha, l’anima.

Saltimbanco: la Poesia del Volo

E lo dimostra senza soluzione di continuità, nel succedersi delle esibizioni, inframmezzate da intermezzi comici, e nei cambi di palco agevolmente “coperti” da brevi coreografie. E, soprattutto, nei numeri che hanno stupito e fatto sussultare il pubblico del PalaTupparello. Se si trattasse solo di esibizioni slegate l’una dall’altra, non staremmo parlando di nulla di diverso rispetto a molti circhi itineranti. In questo caso, invece, ogni numero è in relazione con gli altri e con una storia, narrata in forma “poetica”. Si badi bene, riprendiamo qui l’etimologia. Poesia come atto del fare, come creazione. Saltimbanco crea un mondo altro da noi ma vicinissimo, raggiungibile in un attimo con l’immaginazione. Personaggi come il clown Eddie e il Sognatore ci accompagnano alla scoperta di un universo continuamente in bilico, gioiosamente orgiastico e teneramente assorto. Immaginate tanti Pierrot Lunaire. Vestiteli in maniera sfavillante, con toni caldi e luminosi. Immaginateli librati nell’aria, o in volo al di sopra del pubblico. Questo è, ma non solo, Saltimbanco.

Saltimbanco: la Poesia del Volo

Azzardando una breve analisi, certamente non propria a chi ha le dita consunte per essersi troppo sperticato in lodi, magari senza aver tentato un minimo approfondimento critico: sembra che si possano individuare due elementi per ri-considerare l’opera: il volo e la caduta. Tre numeri su tutti esemplificano quanto detto: pali cinesi, bungee e trapezio. L’ascesa, rapidissima, fino al culmine, al punto più alto, dove l’artista è solo, e poi giù quasi ad abbracciare il palcoscenico; nelle panoramiche che le teste degli spettatori compiono per seguire le evoluzioni che si snocciolano davanti ai loro occhi, è racchiuso il senso più intimo di Saltimbanco. Storia, canto e musica (dal vivo), volteggi che concorrono ad una sorta di grande festa popolare laica, nella quale al posto del santo c’è semplicemente l’immaginazione coi suoi velocissimi voli. Il pubblico è coinvolto, e si vede, e del resto non potrebbe essere altrimenti. Con la poesia di Cirque du Soleil, anche il più imperturbabile si trova ad esultare, battere i piedi a tempo e attendere voracemente la prossima magia. E così, in chiusura, è come quando, da bambini, il giro sulla giostra finisce sempre troppo presto.

Saltimbanco: la Poesia del Volo



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