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Salute: Cosa C’è Da Sapere Sull’Intolleranza al Lattosio

Creato il 04 settembre 2015 da Paolopol

Non tutti riusciamo a digerire il latte, ma alcuni di noi si credono intolleranti al lattosio senza esserlo. Un punto per capirci di più.

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La mozzarella sulla pizza. La panna sul caffè. Una bella tazza di latte caldo. Da un lato c’è chi queste cose le adora, le assapora con gusto e non riesce a farne a meno. Dall’altro, chi a ogni peccato di gola si ritrova piegato in due in balìa di improvvisi mal di pancia,gonfiori e, quando proprio va male, qualche tappa al bagno. Dall’altro ancora, chi pensa che da adulti il latte vada evitato, che sia adatto solo ai bambini, che quando siamo grandi consumarlo sia innaturale, che contenga sostanze capaci di scatenare il cancro e altre malattie gravi quasi fosse un veleno.

Una delle componenti più discusse di latte e derivati è sicuramente il lattosio, al quale un numero sempre crescente di persone si definisce intollerante. In Europa lo è davvero il 20-25% della popolazione, con punte tra il 50 e l’80% tra gli ispanici, gli indiani e gli africani, mentre lo è la quasi totalità della popolazione asiatica. Perché alcuni di noi sono intolleranti al lattosio e come mai queste differenze tra le popolazioni? E cosa significa davvero questa condizione? Ecco qualche informazione utile a capirne di più.

Cos’è (e dove si trova)

Il lattosio è lo zucchero del latte. Ne è ricco quello materno, ma ce lo ritroviamo nel bicchiere anche da grandi quando beviamo quello di mucca, di capra, di pecora e ne consumiamo i derivati. Soprattutto i latticini, la panna, il burro, il gelato e i formaggi freschi, mentre con la stagionatura il suo contenuto si perde. È inoltre presente come additivo in diversi insaccati (il prosciutto cotto, per esempio) e come eccipiente in molti farmaci.

Dal punto di vista chimico, è un disaccaride: è formato da una molecola di glucosio e una di galattosio legate insieme. Per digerirlo e sfruttarlo come fonte di energia il nostro organismo si serve di un enzima, la lattasi, che provvede a spezzare questo legame consentendo alle sue componenti di essere assorbite nel sangue come nutrienti.

Cosa significa essere intolleranti al lattosio
Essere intolleranti al lattosio è ben diverso dall’essere allergici al latte. Nel primo caso, vi è una difficoltà a digerire questo zucchero, nel secondo una predisposizione del sistema immunitario a reagire violentemente contro una o più proteine contenute nel latte: una reazione che può scatenare un grave shock anafilatticoanche con una piccolissima quantità di questo alimento.

La maggior parte degli intolleranti riesce invece ad assumere una certo quantitativo di lattosio, variabile da persona a persona, senza presentare neanche disturbi digestivi. Ma quando si manifestano sensazione di gonfiore e crampi addominali, gas intestinale, flatulenza e diarrea poco dopo aver bevuto latte o aver consumato prodotti contenenti lattosio, spesso è segno di un’intolleranza.

Il perché è nella scarsa o mancata produzione della lattasi da parte della mucosa del duodeno: in questo modo lo zucchero non può essere scisso, né di conseguenza assorbito, e passa non digerito fino al tratto terminale dell’intestino. Qui viene attaccato dalla flora batterica e si possono generare gas e fluidi che danno origine ai sintomi di cui sopra.

Il perché dell’intolleranza

Il lattosio svolge il suo compito principale nella prima infanzia, dove è necessario per lo sviluppo della funzionalità dell’intestino nel lattante. “Tutti i bambini, così come tutti i cuccioli dei mammiferi, producono la lattasi”, ci spiega Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca presso il Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione di Roma, ma dopo lo svezzamento, quando cambia l’alimentazione, per la maggior parte delle persone la produzione dell’enzima cala, e tra i cinque e i dieci anni cessa quasi del tutto”.

Da dove deriva quindi la capacità di utilizzare il lattosio da adulti, che riguarda più o meno il 35% della popolazione a livello globale?“È il frutto di una mutazione vantaggiosa che si è presentata nel corso dell’evoluzione umana, circa 7mila anni fa”, racconta Ghiselli: “L’essere umano, espandendosi dall’Africa agli altri continenti, si è dovuto adattare alle diverse condizioni ambientali. Andando verso Nord, il progresso evolutivo ha consentito a chi aveva la pelle più chiara la capacità di digerire il lattosio anche da adulto, in modo da approvvigionarsi di vitamina D e di calcio attraverso il latte fresco anche laddove la radiazione solare è meno intensa”.

Insomma, se fino a una quarantina d’anni fa si pensava che tutti gli adulti potessero produrre normalmente la lattasi e ci si riferiva al termine “deficienza della lattasi” per chi invece non era in grado, lo studio della genetica di popolazione ha dimostrato che invece è esattamente il contrario.

Come funziona la diagnosi

L’analisi dei sintomi, da sola, non basta per diagnosticare l’intolleranza al lattosio, poiché non si tratta di sintomi univoci, bensì potenzialmente di segnali riscontrabili anche in altri disturbi. La sindrome dell’intestino irritabile, la celiachia, o anche gli squilibri e le alterazioni della flora batterica. Oppure di problemi transitori, come una gastroenterite o anche solo lostress, che possono rendere instabile il nostro intestino, un organo molto suscettibile.

È possibile che il medico consigli piuttosto di sospendere l’assunzione di latte per un dato periodo di tempo, per vedere se i sintomi si placano, oppure che prescriva dei test specifici. Tra questi, il più diffuso è il breath test, o test del respiro, che misura il tasso di idrogeno nell’aria espirata dal paziente dopo il consumo di latte. Chi non digerisce il lattosio, tenderà a riportarne valori piuttosto alti, segno della conseguente fermentazione intestinale.

I valori di riferimento

Se è vero che ci sono persone intolleranti anche a dosi minime di lattosio, la stragrande maggioranza può comunque tollerarne un certo apporto e non deve per forza privarsi di latte e derivati. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare, dopo un’attenta analisi della letteratura scientifica a riguardo, ha osservato che questo apporto è di circa 12 grammi, che corrispondono più o meno a un bicchiere di latte, in un’unica assunzione.

Le conseguenze dell’intolleranza

Per chi è intollerante al lattosio e continua comunque ad assumere derivati del latte, le complicanze sono essenzialmente il dolore e il disagio dovuto ai sintomi, alle volte particolarmente spiacevoli, e il mancato assorbimento dei nutrienti ingeriti nel caso di manifestazioni diarroiche.

Tuttavia questa intolleranza (così come il credersi intollerante senza esserlo, e farsi condizionare nelle scelte alimentari) può incidere negativamente sulla salute nel momento in cui il mancato consumo di latte e derivati comporta carenze di vitamina D e di calcio, che invece sono nutrienti essenziali necessari per lo sviluppo e la salute delle nostre ossa. Un modo per evitarlo è di compensare con altri alimenti ricchi di calcio (come sgombro, sardine, spinaci), di vitamina D (come salmone e uova) o assumendo dei supplementi.

Esiste una cura?

Non esiste un trattamento per l’intolleranza al lattosio. Quello che si può fare è acquistare prodotti senza lattosio, o a ridotto contenuto di questo zucchero, così come utilizzare dei farmaci a base di lattasi che possono aiutare a digerirlo. “Sarebbe comunque meglio non smettere completamente di assumere latte e latticini, poiché possono stimolare la produzione di lattasi da parte dell’intestino: in un certo senso lo allenano”, commenta Ghiselli.

Una possibilità per alcune persone è di affidarsi ai prodotti probiotici, che contengono sia il lattosio che alcuni batteri lattici: in questo modo da un lato l’intestino viene stimolato a produrre la lattasi, dall’altro questi specifici batteri facilitano la digestione del lattosio.

Cosa dice la ricerca

Sono in corso ricerche di base ma anche diversi studi clinici per imparare a prevenire, a diagnosticare o a trattare in modo sicuro ed efficace l’intolleranza al lattosio. Studi che offrono anche l’opportunità di capire fino in fondo e intervenire sulla qualità di vita delle persone che la vivono sulla propria pelle. I principali (alcuni ancora in cerca di candidati) sono consultabili attraverso la sezione dedicata del portale clinialtrials.gov, cui fanno riferimento le sperimentazioni attive in tutto il Mondo.


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