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Sandro Pertini: distinguere l’intransigenza dal peso istituzionale.

Creato il 06 agosto 2013 da Ifioribludizazie

Sandro Pertini: distinguere l’intransigenza dal peso istituzionale.

L’inettitudine intellettuale e la vacuità del concetto etico nella politica attuale sono sempre più visibili e tangibili. Averne consapevolezza è già un grande traguardo perché essere cosciente del nostro “essere” che si dispiega nella storia offre l’opportunità di scardinare, mediante azioni quotidiane e mediante un’educazione riformulata sull’esempio, che lo status quo può essere soggetto al cambiamento. Tanti illustri politici, onorevoli “stricto sensu” ci sono stati nel passato, in un passato non molto distante dall’oggi. Si pensi al mandato presidenziale di Sandro Pertini, 1978-1982; si tratta di trenta anni fa. Sembra lontano e nonostante le crisi di quel periodo, le mobilitazioni, gli scontri, l’Italia, le istitutuzioni italiane ne sono uscite rafforzate. La situazione odierna invece ci pone di fronte a uno Stato che è perennemente sotto assedio perché probabilmente nessuno, neanche le opposizioni,  ha preservato le istituzioni da personaggi discutibili sotto il profilo etico e ciò che più risalta agli occhi è l’invasione avvenuta a tutti i livelli, nelle Regioni così come nei Comuni. In pratica una metaforica linea” maginot” che avrebbe dovuto preservare le istituzioni statuali, la suddivisione dei poteri e il principio dell’operato per il bene pubblico, si è erosa a partire dal 1992, in maniera silente e sibillina, poi a macchia d’olio e infine, nella maniera più indecorosa che attualmente si presenta con caratteri di arroganza, pubblicità e mancato rispetto delle norme imposte dall’ordinamento. Ripartire dai principi legalitari e dal “peso” delle istituzioni è il primo passo per poter riportare decoro e fiducia in un paese stretto nella morsa della partitocrazia, degli interessi individualistici, di scranni occupati da vuoto esistenziale, assenza nella proposta, rappresentanza fittizia del popolo, vacanza di cultura e senso pratico. L’Italia è oggi fondata sul decostruttivismo e nichilismo dei politici mentre i cittadini invocano un costruttivismo etico sociale; non si tratta di avallare ideologie di sorta, come neppure è funzionale agli interessi della nazione e degli italiani lasciarsi accattivare da  schematismi e programmi di partito che puntualmente verranno disattesi o lasciati in balìa di applicazioni da parte dei successori. L’Italia non ha bisogno di aprire nuovamente alle ideologie anche perché, vista la situazione economica e culturale, non potrebbe portare che a un arretramento maggiore di quel che è; bisognerebbe invece far sì che perlomeno si attuino le riforme più urgenti in tema di lavoro e legge elettorale. Una legge elettorale così concepita non offrirà mai l’opportunità di un ricambio generazionale. Le questioni che accadono giornalmente appaiono ai miei occhi soltanto degli eventi spesso “calcolati” magistrarlmente per lasciare il nostro paese in una condizione di stallo e inamovibilità. Ho riesumato la figura dell’ex Presidente della Repubblica Pertini perché i politici italiani non parlano mai del passato, di coloro che hanno lasciato un segno con il loro operato e forse è proprio il disinteresse per la storia del nostro paese a creare quel gap culturale che potrebbe rappresentare la spinta verso il mutamento. Riprendo due citazioni di Sandro Pertini, a dimostrazione che la schiena, in un paese democratico, può sempre essere raddrizzata, specie se ci si trova in posizioni di riguardo e di pienezza di un ruolo istituzionalmente costitutito. A dimostrazione del binomio possibile, ovvero essere membro di un’istituzione statuale e contemporaneamente non abbandonare l’indirizzo collettivo cui la propria opera si muove, cito due espressioni di Sandro Pertini, la prima rivolta ai lavoratori dell’italsider nel 1979 e l’altra in piena carica di Presidente della Camera: ” Se non vuoi mai smarrire la strada giusta resta sempre a fianco della classe lavoratrice nei giorni di sole e nei giorni di tempesta”. “Non mi meraviglia niente. So che il mio modo di fare può essere irritante. Per esempio, poco tempo fa mi sono rifiutato di firmare il decreto di aumento di indennità ai deputati. Ma come, dico io, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall’inflazione… voi date quest’esempio d’insensibilità? Io deploro l’iniziativa, ho detto. Ma ho subito aggiunto che, entro un’ora, potevano eleggere un altro presidente della Camera. Siete seicentoquaranta. Ne trovate subito seicentocinquanta che accettano di venire al mio posto. Ma io, con queste mani, non firmo.

 


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